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Qualche giorno fa, scorrendo le varie storie social ha catturato la mia attenzione un commento amaro di un amico carabiniere riguardo al silenzio pressoché totale dell’opinione pubblica in riferimento all’ennesimo episodio ascrivibile ai casi delle morti in divisa.

Nello specifico, lo spunto veniva offerto dall’uccisione del Brigadiere Capo dell’Arma Carlo Legrottaglie, freddato durante un conflitto a fuoco nei pressi di Francavilla Fontana, nel brindisino. Il rappresentante delle forze dell’ordine perdeva così la vita, a 59 anni, durante uno degli ultimi giorni in servizio. Ad inizio luglio, infatti, Legrottaglie sarebbe andato in pensione dopo una carriera, anzi una vita (come sottolineeranno parenti, amici e colleghi) dedicata al prossimo.

Le parole rimarcanti il colpevole silenzio della massa mi hanno fatto riflettere (non senza un velo di autocritica) sulla diffusa indifferenza che il cittadino “medio” manifesta ogni qual volta un tutore dell’ordine perde la vita nell’esercizio del proprio dovere.

Eppure stiamo parlando di uomini e donne che attraverso il proprio sacrificio salvaguardano la nostra sicurezza, il bene dello Stato. Come può quindi non toccarci la morte di un carabiniere che lascia una moglie e due figlie pur di assicurare alla giustizia due criminali? Come si può rimanere senza parole, leggere in fretta e furia la notizia se la stessa dovrebbe lasciarci attoniti e, in larga misura, commossi?

Scegliendo dunque la strada della parola, lasciandomi guidare dall’etica personale e dal dovere morale che ognuno di noi, in teoria, è chiamato a rispolverare in simili occasioni, voglio parlare tra queste righe proprio di ciò che sembra interessare a pochi: le morti in divisa.

Partiamo da una premessa; non esiste un archivio pubblico aggiornato che indichi il numero esatto di membri delle forze dell’ordine scomparsi o feriti in maniera permanente.

Il ministero dell’Interno rende però consultabile un elenco approssimativo circa il numero di “vittime del dovere“. L’ultimo aggiornamento risale a ben cinque anni fa e prende in considerazione il periodo 1961 – 2020. I dati parziali ci dicono che i deceduti sono stati 1437 e 2600 figurano come invalidi permanenti. Tradotto, ogni anno i morti sono 25 e i feriti gravi 43.

Perché i dati sono così parziali? In gran parte dipende dal numero di famiglie che richiede un indennizzo. Se ciò non avviene o se la richiesta si perde nell’oscuro mondo della burocrazia il defunto / ferito non figura nell’elenco e passa direttamente nel dimenticatoio. Il sindacato di polizia Coisp ha denunciato diverse anomalie in merito, ma con scarsi risultati effettivi.

Lo Stato, però, riserva benefici economici e non solo a chi può dirsi quantomeno “fortunato” nell’essere stato riconosciuto vedovo/a di un servitore della patria. Il risarcimento economico spettante ai familiari delle vittime in divisa ammonta a 200mila euro una tantum (da suddividere tra gli eredi) accompagnate da due annualità della pensione che avrebbe dovuto percepire il defunto. Al coniuge viene inoltre riconosciuto un assegno da 1033 euro al mese, mentre 258 euro è la somma corrispondente al vitalizio per ogni familiare a carico. Altre agevolazioni riguardano, ad esempio, l’esenzione dal pagamento del ticket sanitario, l’emissione di borse di studio riservate agli orfani, la precedenza nelle assunzioni pubbliche per coniugi e figli delle vittime. Insomma, per una volta oseremo dire che lo Stato esiste e si manifesta!

Resta, poi, la piaga dei suicidi. In media, dal 2014 al 2024 ogni otto giorni un membro delle forze dell’ordine si è tolto la vita. Anche in questo caso si parla di rilevamenti parziali e, molto probabilmente, quasi nessuno tra noi gente comune è a conoscenza di un fenomeno che esprime tutte le difficoltà del mestiere in questione, o meglio della vocazione.

Perché questo articolo, quindi? Per accendere un faro nella coscienza di chiunque avrà voglia di leggere attentamente. Per una volta, però, il destinatario principale di queste parole è proprio il sottoscritto, il quale chiede in primis scusa per essere stato parte della massa di indifferenti e grazie a Damiano, amico carabiniere che mi ha ricordato, più o meno direttamente, il dovere di non girarsi mai dall’altra parte.

Felice Marcantonio

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