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Nei mesi scorsi vi abbiamo raccontato le varie produzioni e difficoltà che lo stabilimento di Portovesme ha dovuto affrontare nel corso degli anni. Dalle vicende di Eurallumina, a quelle di Sider Alloys, fino ad arrivare alla Glencore.

Oggi vi parliamo di un argomento solamente citato negli articoli precedenti: la questione ambientale e gli effetti sulla salute umana che questa industria ha portato nel territorio in cui si è insediata negli anni ’70.

Salute e ambiente

Quando si nomina la Sardegna si pensa subito al bel mare, al sole, una meta da vacanze ideale a solo un’ora di aereo da pressoché tutta la penisola italiana. Le cronache nazionali spesso non parlano dei problemi riguardanti questa regione e la mancanza di visibilità e risonanza porta a trascurare le difficoltà in cui versa, a meno che non si compiano azioni eclatanti.

Gli ultimi episodi citati dai principali media nazionali sono state le proteste che si sono svolte tra febbraio e marzo 2023: quattro operai si sono asserragliati sulla ciminiera più alta dello stabilimento, a cento metri d’altezza, per protestare contro la cassa integrazione e il licenziamento di alcuni operai. Questa industria infatti rappresenta la principale fonte di sostentamento economico per una delle regioni più povere d’Italia, come il Sulcis-Iglesiente.

Per anni la politica e la popolazione si è concentrata sul lavoro trascurando altri aspetti forse più importanti: salute e ambiente. Già nel 1993 il governo dichiarò Portoscuso “zona ad alto rischio di crisi ambientale” e nel 2001 Portovesme fu inserita dal Ministero dell’Ambiente nel “Sito di interesse nazionale” (Sin). Si tratta di zone individuate ai fini di bonifica in relazione alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell’impatto sull’ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico.

Indagini Arpas a Portovesme

Così sono iniziati i monitoraggi dell’Arpas (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Sardegna) su aria, acque, e suolo. Già nel 2008 i report riferiscono di concentrazioni di metalli pesanti inquinanti e dannosi per la salute dell’uomo, con indici che vanno ben oltre la soglia consentita per legge.

Nel 2012 l’Asl di Carbonia dopo aver acquisito i dati di una relazione dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero dell’Ambiente aveva decretato: “…si ritiene necessario informare la popolazione di Portoscuso di fare in modo di differenziare la provenienza dei prodotti ortofrutticoli da consumare per la fascia di età dei bambini da 0 a 3 anni. Occorre perciò fare in modo che in questa fascia di età non siano consumati esclusivamente prodotti ortofrutticoli provenienti dai terreni ubicati nel Comune di Portoscuso”. Dopo solo due anni la catena alimentare era irrimediabilmente compromessa e il sindaco di Portoscuso ha deciso di vietare la vendita di latte ovicaprino, vietare gli allevamenti, non si possono più raccogliere crostacei e mitili, è vietata la vendita di frutta, verdura e prodotti vinicoli. Chi consuma questi prodotti lo fa a proprio rischio e pericolo.

Un monitoraggio dell’Arpas del 2014 ha documentato che nel terreno al centro del Paese di Portoscuso la concentrazione di piombo risultava trecento volte superiore alla soglia standard fissata per legge. Risultava elevata anche la concentrazione di mercurio, cadmio e zinco. La situazione all’interno degli impianti industriali è tragica: l’Arpas ha rilevato, attraverso un pozzetto installato nella centrale termoelettrica Enel “Sulcis”, un milione e cento mila microgrammi di alluminio in un litro d’acqua, la soglia di legge è di duecento microgrammi. Si registra un aumento della mortalità per tumori al pancreas ed anche un aumento di patologie cardiorespiratorie e neurodegenerative, tuttavia manca un monitoraggio costante sulla popolazione.

Studi non sufficienti

Basta pensare che lo studio più recente risale al 2011 ad opera di “Sentieri” (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento). Questo studio ha confermato che già nel 1998 il livello di piombo nel sangue dei ragazzi di 12 e 13 anni di Portoscuso era superiore ai livelli in vigore negli Stati Uniti di 10 microgrammi per decilitro di sangue. Sono inoltre in aumento i bambini che soffrono di asma e si segnala un eccesso di mortalità per tumori della pleura. Gli alti tassi di metalli pesanti soprattutto nel sangue dei bambini porta a gravi conseguenze sui loro quozienti intellettivi.

Non ci si dovrebbe ritrovare a scegliere tra diritto alla salute e diritto al lavoro eppure questa è la situazione dei lavoratori di Portovesme. Non ci sono alternative occupazionali ormai, se non un’industria altamente inquinante che ha spazzato via anche l’opportunità di coltivare e allevare animali. Le bonifiche e l’ammodernamento delle industrie non potranno riportare la situazione al suo stato originario. Eppure si teme di più la perdita del posto di lavoro piuttosto che un tumore e si continua a finanziare un’industria in perdita. Portare i soldi a casa per mangiare è importante ma se non ci fosse più nessuno da sfamare?

Alessandra Cau

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