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Vi abbiamo già parlato della grande realtà industriale presente a Portovesme in Sardegna. Nell’articolo precedente, https://www.lavocedelsud.org/polo-industriale-di-portovesme-eurallumina-sopravvivra/ , abbiamo preso in esame il caso Eurallumina che si occupa della produzione di allumina da bauxite. In questo articolo analizzeremo un altro tipo di produzione presente nel polo: quella di alluminio primario controllata oggi dall’azienda Sider Alloys.  

COME SI PRODUCE L’ALLUMINIO PRIMARIO?

È importante capire come viene prodotto questo materiale. L’alluminio primario si estrae dalla bauxite. La sua produzione ha bisogno di due fasi principali: la prima è chimica e consiste nella frantumazione della bauxite che viene fatta reagire per eliminare gli ossidi indesiderati e ottenere una polvere bianca chiamata allumina. La seconda fase è invece elettrolitica: grazie all’energia elettrica l’allumina viene ridotta a metallo fuso e colato in lingotti o solidificato.

L’alluminio primario si differenzia dal secondario perché quest’ultimo viene prodotto dal riciclaggio di rottami di alluminio. È giusto fare una considerazione che incide in maniera non trascurabile nell’economia dell’azienda: la seconda fase elettrolitica, in cui si utilizza l’energia elettrica, influisce per il 35-40 % sul costo del prodotto finito.

LE CAUSE DELLA CHIUSURA

La storia di Portovesme è attraversata da chiusure e continui cambi di gestione delle produzioni. L’ultima gestione della produzione di alluminio primario era affidata alla Alcoa (Aluminum Company of America), azienda statunitense terza nel mondo per la produzione di alluminio. Questo stabilimento prima della chiusura impiegava 800 persone.

Alcoa nel gennaio del 2012 ha annunciato la chiusura dell’impianto a causa degli alti costi di produzione e delle ingenti perdite registrate dal 2009. I costi di produzione sono legati al prezzo dell’energia, delle materie prime e l’obsolescenza degli impianti che causano inefficienze operative. C’è da considerare anche la drammatica flessione che il mercato dell’alluminio ha subito nel 2011.

TENTATIVI VANI

Nonostante questi problemi Alcoa ha provato a salvare le produzioni investendo in un impianto in perdita. Il governo ha tentato di aiutare attraverso “la legge per la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori”. Anche i lavoratori hanno fatto la loro parte, adottando iniziative in grado di migliorare l’efficienza delle attività produttive.

Questi sforzi non sono bastati ed Alcoa ha valutato comunque dei costi insostenibili nel lungo periodo. L’ultima speranza poteva essere rappresentata da un acquirente che comprasse la gestione, ma nessuno ha avanzato proposte.

Tuttavia, sia il governo che Alcoa si sono impegnati affinché lo stabilimento fosse riapribile nel caso in cui ci fosse stata un’azienda interessata a rilevare la produzione. La chiusura di uno stabilimento del genere comporta un’ingente perdita di posti di lavoro, per questo motivo il 10 settembre 2012 i lavoratori di Alcoa hanno manifestato a Roma sotto il Ministero dello Sviluppo economico contestando lo scarso impegno del governo nel trovare un’alternativa alla chiusura.

UNA NUOVA RINASCITA CON SIDER ALLOYS

Dopo quasi dieci anni di silenzio nel 2020 è arrivato un nuovo acquirente interessato allo stabilimento: si tratta di Sider Alloys, società svizzera operativa nel settore della siderurgia e della lavorazione di leghe. L’investimento per far ripartire lo stabilimento è stato di 150 milioni, risorse che provengono da finanziamenti pubblici e privati.

Questi investimenti serviranno per ammodernare gli impianti e permettere la ripartenza della produzione, nel 2020 si stimava potesse ripartire nel 2022. Anche il problema più grande dello stabilimento, cioè la fornitura d’energia, è stato superato: l’azienda ha siglato un contratto di cinque anni più cinque con l’Enel per la fornitura a 49,24 euro a megawattora, cifra che dovrebbe calare, grazie ad una serie di abbattimenti legati alla procedura dell’interrompibilità, che permette di modulare la richiesta di energia elettrica, e agli oneri indiretti per l’abbattimento della CO2. Il direttore generale Eros Brega, stimava che tra diretti, indiretti e indotto la produzione a pieno regime avrebbe superato le 700 unità lavorative.

LA SITUAZIONE ATTUALE

Oggi, nel 2023, la produzione di alluminio primario è effettivamente ripartita anche se le fasi di ammodernamento di alcune zone dell’impianto non sono state completate. Attualmente all’interno degli impianti sono impiegati 150 lavoratori diretti e 300 nell’indotto, un piccolo passo verso l’ambizioso obiettivo finale di Sider Alloys.

Tutti questi passi avanti non tengono conto di problematiche legate ad ambiente e salute, l’unico obiettivo, seppur fondamentale nella società in cui viviamo, sembra uno: il lavoro.

Approfondiremo la questione nelle prossime settimane.

Alessandra Cau

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