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“Mamma, la maestra mi ha messo 5 ma meritavo di più”, “Papà, la professoressa è ingiusta con i voti perchè mette quelli più alti a quelli che non se lo meritano”. Ecco quello che succede in ogni famiglia italiana sette giorni su sette. Lamentarsi del fatto che i professori non siano capaci di giudicare, di assegnare un voto in base al merito di uno studente è un’arte praticata da molti. Ma cosa è il merito? Il termine deriva dal latino merere, ottenere quindi guadagnare un riconoscimento sulla base di un’oggettiva azione. L’oggettiva azione è, nelle mura della scuola, acquisire più nozioni di altri o apprendere al fine di creare delle competenze?
I dubbi ce li ha risolti il 13 ottobre la premier Giorgia Meloni nominando Valditara come nuovo Ministro dell’Istruzione e del Merito. Per Valditara la questione è chiara: è meritevole chi più sa.

La storia del nuovo Ministero


In realtà non è la prima volta che il dicastero destinato alla Pubblica Istruzione assume questa denominazione. Infatti risale ai primissimi anni del ‘900. Tuttavia, già negli anni ’20 Benito Mussolini aveva deciso di modificare perché lo considerava limitante rispetto al suo unico obiettivo: ottenere il consenso. Negli anni, poi, la denominazione più sfruttata è stata quella di Ministero della Pubblica Istruzione. Ad oggi, quindi, è stato compiuto un notevole passo indietro.

Una mossa anacronistica


Se all’inizio del ‘900 pensare che il merito coincidesse con l’acquisizione di nozioni era un pensiero più che giusto, oggi, invece, si tratta di una sterile idea stereotipata. L’idea contemporanea di merito, sebbene fatichi ad essere considerata, è molto diversa. Oggi si dovrebbe intendere per merito il raggiungimento di un riconoscimento in base alle competenze conquistate. A volte interrogarsi sul significato dei termini è necessario per capire l’evoluzione dei processi della società. Per competenze si intende apprendere delle nozioni che permettono di risolvere questioni, di qualsiasi tipo, nella vita quotidiana. Pare ovvio, quindi, che non debbano essere premiati coloro i quali sono i primi a memorizzare nozioni che poi vengono dimenticate ma devono essere riconosciuti tutti coloro che, nonostante le proprie difficoltà, riescono ad apprendere delle idee capaci di gestire il quotidiano. Ecco perchè la mossa del nuovo governo è da considerarsi anacronistica.

L’utopia della scuola inclusiva


Si dovrebbe compiere un passaggio fondamentale: dall’acquisizione nozionistica all’apprendimento di competenze. Questo passaggio permetterebbe a quegli studenti con diverse difficoltà (disabilità) di poter apprendere attraverso le proprie capacità senza sentirsi inferiori a qualcuno. In tal senso, un esempio virtuoso è il liceo Morgagni di Roma che ha deciso di aderire ad una sperimentazione atta a ridurre lo stress degli studenti favorendo un apprendimento attivo. Gli studenti del liceo romano sono sottoposti a periodiche verifiche a cui i professori rilasciano un commento su cosa possa essere ancora migliorato. L’obiettivo da raggiungere non è più il voto ma la consapevolezza di migliorare. Un solo caso virtuoso in tutta la nostra penisola, però, ci fa capire che la scuola italiana è solo utopisticamente inclusiva e con questa anacronistica denominazione Giorgia Meloni ha voluto ribadirlo.

Isabella Cassetti

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