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Avete mai sentito parlare di burnout? Si tratta di una sindrome legata allo stress cronico e persistente associato al contesto lavorativo.

Pensiamo allora alla vicenda che tutti oramai conosciamo, ovvero della bidella pendolare che vive le sue giornate a bordo di un Frecciarossa.

Ci sorgono a questo punto, automaticamente, delle riflessioni: quanto è giustificata la follia di attraversare l’intera penisola per lavorare? E’ frutto di un’immaginazione troppo fiorente pensare di poter lavorare nel luogo in cui si vive?

Vivere su un treno, a conti fatti, significa non sperperare più di metà stipendio nell’affitto di una stanza. Milano, insieme ad altre città del nord Italia, rappresenta il paradigma del “sogno italiano”: scappare dal sud per poter lavorare, per poter trovare ciò che il mare e il sole meridionale non riescono a fare perché martellati dall’ideologia capitalista.

La Terra Promessa

La vicenda della bidella napoletana costretta a viaggiare e a vivere sui binari per tutto l’anno scolastico, sebbene possa essere una storia inventata ad hoc (molti sono gli interrogativi: come è possibile viaggiare dormendo solo 3 ore a notte? siamo sicuri che un abbonamento di questo tipo con Trenitalia costi meno di una stanza nel centro di Milano?), rappresenta lo stato d’animo di molti giovani italiana.

Il Nord non è più la Terra Promessa di questo nuovo millennio, non è più la Germania dei nostri nonni o l’America dei primi decenni del secolo scorso. L’ Italia, ancora una volta, risulta divisa in due parti che, fra di loro, non dialogano. Decidere, magari dolorosamente, di lasciare la propria casa per avere un’opportunità lavorativa che poi si dimostra un fallimento provoca un sentimento di smarrimento. Questa sensazione è alimentata dalla mancanza di autonomia economica dei giovani d’oggi che, pur lavorando diverse ore al giorno, sono sottopagati rispetto alle loro competenze, alla loro forza lavoro e devono chiedere aiuto ai loro genitori.

I giovani sono descritti come quelli che non vogliono lavorare, come quelli che sperano nel reddito di cittadinanza, come quelli che non sanno il valore dei sacrifici. I giovani d’oggi, invece, sono coloro che decidono di non cedere alle dittature “o questo o non lavori”, perché sperano di poter porre fine a questo sopruso. L’unico modo per far valere i proprio diritti è mettere in risalto la propria dignità di studente, di persona competente e di persona in quanto tale.

La mancata tutela da parte dello Stato italiano

Negli ultimi giorni il Ministro del merito e dell’istruzione ha proposto una differenziazione di stipendi fra Nord e Sud. Quindi, personale ATA e personale docente di tutte le scuole del settentrione dovrebbero essere retribuiti di più perché “la vita è più costosa”, i professori e i segretari del sud vedrebbero addirittura ridursi lo stipendio per il motivo opposto. In questo caso, l’opposizione è intervenuta così come i vari sindacalisti. Parlare della pubblica amministrazione significa sfondare una porta aperta, diversamente per il privato.

In Italia mancano leggi che tutelano i diritti e la dignità dei giovani lavoratori: è impensabile che in uno dei paesi più sviluppati dell’Occidente un giovane lavoratore sia assunto come stagista pur svolgendo le mansioni di una qualsiasi posizione junior, sforando anche il monte ore lavorativo.

Il burnout come diagnosi

Questa situazione di smarrimento e di mancata tutela dei diritti e della dignità del neo lavoratore porta i giovani a cadere nel burnout prima di poter firmare un contratto degno di essere chiamato tale. Tra follia e immaginazione, la realtà è ben più dura… non ci resta che combattere.

Isabella Cassetti

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