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Possibilità infinite, ma la musica non cambia

La serata cover è da sempre un appuntamento molto atteso all’interno della programmazione di ogni Festival di Sanremo. Gli artisti in gara propongono canzoni del panorama italiano e internazionale avvalendosi di ospiti d’eccezione e rinnovando talvolta brani della tradizione pop italiana.

Così come per le canzoni in gara, a nostro avviso, il livello della serata segue perfettamente la linea del minimo sforzo con il miglior risultato possibile associato al tanto acclamato “effetto nostalgia” che imperversa su questa edizione, toccando purtroppo anche qualche punto al di sotto della mediocrità.
È risaputo che molto spesso il tempo per preparare queste canzoni in mezzo alle interviste, le promozioni e lo show stesso è poco e il rischio di qualche errore di sincronia o qualche imprecisione tecnica è normale in uno spettacolo interamente live. Dunque la scelta della maggior parte degli artisti è ricaduta sull’invitare il cantante originale della canzone scelta, portare un prodotto pulito e, soprattutto, strizzare l’occhio alla sua fan base.

Ultimo invita Ramazzotti, Giorgia duetta con Elisa condividendo i due maggiori successi di entrambe, i Modà scelgono l’iconica “Vieni da me” con Le Vibrazioni, LdA riporta sulle scene Alex Britti, Leo Gassmann apre il medley di e con Edoardo Bennato scegliendo una quanto mai necessaria “A cosa serve la guerra”, Tananai parte con l’ironica canzone di Cristicchi e prepara l’uscita di Biagio Antonacci: in generale performances di ottima fattura che toccano la storia della musica pop degli ultimi 20 anni.

Anche Will e Gianmaria fanno parte di questo primo gruppo, rispettivamente con Michele Zarrillo e Manuel Agnelli, ma per il loro il discorso è ahimè diverso.
Gianmaria è coraggioso nel portare una canzone meno conosciuta al grande pubblico, ma riesce con la sua interpretazione piatta, la totale mancanza di tecnica e l’estensione di un antifurto a rovinare “Quello che non c’è” degli Afterhours, nonostante la prova ineccepibile di Manuel Agnelli;

Will (e non solo lui durante la serata) dimostra che si può cantare male anche con l’autotune, perché, rivolgendomi sia ai sostenitori che ai detrattori di questa tecnologia: oltre l’intonazione c’è molto altro e se non sai sfruttare intelligentemente l’innovazione (come ad esempio sa fare Madame, la quale inoltre ha buone capacità anche senza “aiutini”) ti si rivolta contro e ottieni l’effetto del ketchup sul pesce: essere fuori dal contesto.

L’altro gruppo è rappresentato da coloro che riescono a fare una scelta ancora più sicura: cantare una o più canzoni del proprio repertorio.
Tutto è concesso dal regolamento, indubbiamente è una scelta narcisistica che a mio parere non fa bene allo spettacolo, anche se d’altronde è il Festival della nostalgia e un bel medley degli Articolo31 e di Paola e Chiara (remixato in maniera eccelsa ad altri successi internazionali del periodo) fa bene ai nostalgici degli anni ’90 e, perché no, alla promozione dei tour post-Sanremo.
Nonostante ciò, qualcuno riesce ugualmente nell’antica pratica giapponese dell’harakiri, come Gianluca Grignani che trasforma il suo capolavoro Destinazione Paradiso nella colonna sonora del caos in teatro e che solo Arisa e l’ottima orchestra con gli arrangiamenti di Enrico Melozzi riescono miracolosamente a mitigare e portare al termine senza danni.

Tante le performances incolore come i Coma Cose, che purtroppo coprono con le loro voci non proprio aggraziate l’eleganza dei Baustelle, Colapesce-Dimartino che lasciano per una sera la classe a casa, Levante e purtroppo molti altri.

Capitolo a parte, ma necessario, per coloro che scelgono di toccare i maestri De André e Battiato.
Sia chiaro, è giusto e doveroso riproporre i successi di alcuni capostipiti della musica italiana e in generale avremmo preferito come sempre qualche omaggio in più a Battisti, Guccini, Tenco, Dalla, De Gregori, perché Sanremo non è davvero una gara, ma un mezzo di diffusione su qualunque livello e far avvicinare un ragazzo alla storia della musica tramite il proprio odierno beniamino è sempre una scelta coraggiosa.

Madame sceglie un arrangiamento di “Via del Campo” non eccessivamente audace e applica il suo stile vocale che omaggia con educazione il cantautore genovese. Inserisce una propria strofa senza cadere nella banalità e soprattutto con la scelta stessa, crea un interessante parallelismo tra la sua “Il bene nel male” e la canzone di Faber, entrambe incentrate su un amore impossibile tra una prostituta ed un suo cliente. Ci interroghiamo su chi sia Izi, presenza inutile e a tratti fastidiosa, salvo scoprire che ha milioni di visualizzazioni su Youtube, ma anche che si può comunque continuare a vivere senza ascoltarlo.

Purtroppo a qualcuno le cose vanno molto, molto peggio: la serata si apre con un nobile (nelle intenzioni) omaggio a Franco Battiato distrutto dalla superficialità e totale mancanza di requisiti vocali minimi di Ariete e soprattutto di Sangiovanni che dopo aver mostrato un assaggio di sé con Gianni Morandi la terza sera, trasforma “Centro di gravità permanente” in una serata karaoke in un bar della periferia vicentina.

La TOP FIVE

La top 5 (il resto della classifica per qualche ragione non viene mostrata) vede al primo posto Mengoni, autore dell’ennesima grande prestazione con “Let it be” dei Beatles arricchita dal Kingdom Choir.
Al secondo posto Ultimo, colui che tutti indicano come cantante dalla fan base più solida, alla quale si somma quella infinita di Eros Ramazzotti.
Terzo posto per Lazza che si dimostra l’artista più versatile: si muove con nonchalance tra il rap e il pop con caparbietà e qualità, forma una delle poche coppie “alla pari” di questa serata con Emma Marrone e si avvale del primo violino della Scala di Milano Laura Marzadori per arricchire un arrangiamento de “La Fine” di Nesli di pregevole fattura.
Quarto posto per Giorgia ed Elisa che conferma l’amore del pubblico per due incredibili voci femminili e per i loro successi, sottolineando forse la mancanza di un testo forte per la canzone gara.
Quinto posto per Mr.Rain, partito in sordina la prima serata con il voto della sala stampa, ma che recupera posizioni come Ultimo grazie al voto da casa, nonostante una “Qualcosa di grande” di Cremonini che parte benissimo, ma che viene immediatamente ridimensionata da un arrangiamento che si riavvicina all’originale e che di conseguenza esce fuori dalle corde di Fasma e dello stesso Mr.Rain.

Antonio Montecalvo

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