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Il mese ci eravamo lasciati con l’impegno di approfondire la tematica del water grabbing fornendo qualche esempio concreto per riflettere sulle disuguaglianze e sulle discriminazioni che il controllo dell’acqua possono causare, aiutandoci con le analisi di Emanuele Bompan e Marirosa Iannelli e non solo. Fra le storie che i due hanno registrato nel loro testo Water grabbing. Le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo, un lungo reportage che connette le lotte per l’acqua a varie tematiche ecologiche, sociali, economiche e politiche riportiamo qui il caso delle dighe sul fiume Mekong, un caso di privazioni a più livelli che aveva preoccupato i due autori ancor prima della sua completa realizzazione.

Non solo acqua: l’influenza sul pescato e sulle abitazioni nel Mekong

2016. In un mese di viaggio in Cambogia, lungo il corso del Mekong Bompan e Iannelli incontrano Je Srey Neang, un’abitante del villaggio di Kbla Romes situato lungo il Sesan, un affluente del Mekong, e centinaia di altre persone che esprimono preoccupate lo stesso problema. Un accordo tra il governo cinese e quello cambogiano aveva previsto la costruzione di una diga, la Lower Sesan II, da parte dei cinesi con l’obiettivo di fornire alla capitale Phnom Pehn elettricità, «con 5.000 persone forzate ad andarsene e 40.000 che seguiranno, quando il pesce inizierà a scarseggiare a causa dello sbarramento del corso fluviale». Le dighe progettate senza troppa attenzione sugli impatti locali hanno subito allarmato ricercatori ed esperti per la loro capacità di influenzare negativamente la migrazione naturale e lo spostamento dei pesci lungo il corso dei fiumi. Nel solo Mekong poi, come riportano Bompan e Iannelli, «oltre 80 milioni di persone si affidano alla pesca come una delle principali fonti di proteine (superiore al 40%)». Se le preoccupazioni maggiori riguardavano la popolazione costretta a spostarsi in Cambogia e la carenza del pescato destinato a scarseggiare sempre più, ad essere minacciato per Ho Uy Liem, vicepresidente della Vietnam Union of Science and Technology Association, era anche il Delta del Mekong, in Vietnam, perché come aveva spiegato a Bompan e Iannelli è lì che vengono prodotti oltre il 70% del pesce e la quasi totalità della frutta del paese oltre che la metà del riso, considerando inoltre che le esportazioni dal Vietnam sono fondamentali per le Filippine e l’Indonesia. Un report pubblicato nel 2015 della Mekong River Commission (organo di studio sostenuto da tutti gli stati rivieraschi) e consultato dai due autori, stabiliva infatti che «la realizzazione di tutte e dodici le dighe previste nel tratto del Mekong a sud della Cina potrebbe spazzare via metà dei pesci presenti nel fiume, in particolare quelli di grandi dimensioni, che potrebbero estinguersi». Centinaia di migliaia di abitanti avrebbero secondo il report potuto perdere contemporaneamente una fonte di sostentamento e di occupazione: la pesca.

Qualche anno dopo: un aggiornamento sul Mekong

2021. Un report realizzato da Human Rights Watch intitolato Underwater. Human Rights Impacts of a China Belt and Road Project in Cambodia ha mostrato che le preoccupazioni di Bompan e Iannelli, unite a quelle della popolazione locale che avevano incontrato e intervistato erano fondate in quanto a danni alle abitazioni, allo spostamento di 5.000 persone e anche alla diminuzione e alla disponibilità del pescato. L’intero report di ben 137 pagine registra anche l’insoddisfazione della popolazione locale che spesso è stata spostata in luoghi privi di acqua pulita o disponibile per l’agricoltura (com’era invece nelle zone sottratte per costruire la diga). A questo documento sulla diga Lower Sesan II, completata nel 2018 – a soli due anni dal viaggio dei due autori – hanno risposto, come riporta «Global Voices», vari emissari del governo cambogiano affermando che la diga non solo fornisce reddito alla cittadinanza ma anche che dopo «essersi spostati, [gli abitanti] hanno ottenuto abitazioni e terreni migliori di quelli che avevano in precedenza», che la diga sostiene «l’economia della provincia di Srung Treng e l’economia del Paese fornendo elettricità per l’industria, le aziende e le fabbriche come fonte di impiego per la gente della provincia e come stimolo per l’economia nazionale» e che la maggior parte degli abitanti è stata adeguatamente risarcita.

Video originale sul report prodotto da Human Rights Watch

Il caso del Mekong insieme a quello di “guerra per l’acqua” che analizzeremo nel prossimo articolo non fanno che mostrare quante connessioni impreviste possano nascondersi al water grabbing, alla corsa all’accaparramento del cosiddetto oro blu, il nostro bene più prezioso, l’acqua.

Sabia Braccia

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