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Dall’inizio del XXI secolo nel discorso pubblico si sono affacciate due espressioni, land e water grabbing, relative al controllo o ai conflitti per terra ed acqua. Del land grabbing, letteralmente “furto o accaparramento della terra”, fenomeno sicuramente più conosciuto, l’Enciclopedia Treccani fornisce una minuziosa spiegazione. Sviluppatosi soprattutto all’inizio del nostro secolo, esso viola i diritti umani con «l’assenza di consenso preventivo, libero e consapevole da parte delle persone espropriate della terra, in particolare dei popoli indigeni; l’assenza di studi adeguati sull’impatto ambientale, sociale ed economico dell’investimento; la mancata stipulazione di accordi scritti» e «l’assenza di partecipazione democratica nella negoziazione […] da parte delle comunità interessate». Queste attività hanno spinto molti stati che dipendono dall’importazione alimentare ad acquisire e controllare i terreni agricoli di altri paesi, esternalizzando la produzione di derrate alimentari. Meno conosciuto e dibattuto ma strettamente legato a questo è invece il water grabbing, in quanto appropriarsi della terra è anche appropriarsi dell’acqua immagazzinata in ciò che quella terra riesce a produrre – e non solo.

Il water grabbing: una definizione

Da Emanuele Bompan, giornalista e geografo e Marirosa Iannelli, ricercatrice, esperta in cooperazione internazionale e water management, nel libro Water grabbing. Le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo,il fenomeno viene ben inquadrato. Anche se «si trova poco nelle pagine dei giornali, e i libri in biblioteca scarseggiano» per i due autori quella dell’acqua è una ormai una crisi sistemica che sta portando tutti alla corsa all’accaparramento. Il water grabbing si configura quindi come un insieme di situazioni «in cui attori potenti sono in grado di prendere il controllo o deviare a proprio vantaggio risorse idriche preziose, sottraendole a comunità locali o intere nazioni, la cui sussistenza si basa proprio su quelle stesse risorse e quegli stessi ecosistemi che sono depredati». Se in alcuni casi le lotte per l’acqua vengono rese note, come le privazioni messe in atto durante alcune guerre (si pensi all’accesso all’acqua nella striscia di Gaza), in molti altri casi varie matrici più nascoste – sociali, economiche, geografiche e politiche – si intrecciano nello spingere gruppi e governi di varia entità e grandezza ad appropriarsi di un bene sempre più scarseggiante, trattandolo spesso come merce a prezzo variabile sul mercato, invece che pensare a strategie di utilizzo condivise.

Impronta idrica e acqua virtuale

Da un lato vanno considerati l’incremento demografico, la distribuzione ineguale di acqua e il fatto che sia sempre più scarseggiante, dall’altro anche l’incremento di CO2 e il conseguente cambiamento climatico, con le variazioni nel ciclo dell’acqua e nell’acidificazione dei suoli, che giocano e giocheranno un ruolo fondamentale. Non solo; bisogna includere anche l’impronta idrica, «l’impatto idrico degli abitanti del pianeta, la quantità di acqua dolce utilizzata nella produzione di alimenti e beni consumati e quella usata per uso igienico e personale». Se nel mondo occidentale il consumo idrico pro capite degli abitanti è aumentato, nei paesi meno sviluppati è crollato. In questo impatto ovviamente pesano le modalità di consumo individuale e le scelte personali di alimentazione, sport, tempo libero, acquisti (si pensi che circa il 70% dell’acqua impiegata a livello mondiale è destinata alla nutrizione, il 22% alla produzione di oggetti e materia e l’8% per l’uso domestico). C’è poi il concetto di acqua virtuale, la quantità totale di acqua impiegata per produrre qualcosa, come una mela (circa 70 litri secondo il Water Footprint Network), mezzo chilo di pasta o una bistecca di manzo fondamentale in questo discorso – ovviamente queste quantità sono soggette a variazione in base a diversi fattori.

Dall’energia ai diritti delle donne: i lati meno indagati del water grabbing

Considerate queste e varie altre componenti che i due esperti hanno analizzato, come il fattore energetico o il legame dei conflitti per l’acqua con i diritti delle donne spesso violati, soprattutto nei paesi in cui sono loro ad affrontare lunghi viaggi per riportare l’acqua nei villaggi, Bompan e Iannelli hanno poi fornito alcuni esempi di genti e popolazioni cui l’accesso all’acqua è stato impedito causando molti disagi, soprattutto di tipo igienico e sanitario. Di questi ed altri casi emblematici per comprendere la situazione e riflettere sulla nostra condizione privilegiata parleremo presto in un altro articolo, dedicando loro particolare approfondimento.

Sabia Braccia

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