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Sognare è gratis ed il Governo Meloni questo lo sa bene. Tra scommesse e promesse, in Italia il Ponte sullo Stretto è diventata la sfida politica per antonomasia. Tuttavia, come disse il Monaco alla Badessa sine pecunia ne cantantur missae, ovvero: “senza soldi non si canta messa”.

Il Ponte sullo Stretto di Messina, una delle misure più difese e sostenute dall’esecutivo, e in particolare dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, il 14 Aprile ha subito una battuta d’arresto: “ad oggi non esistono coperture finanziarie disponibili a legislazione vigente; pertanto, queste dovranno essere individuate in sede di definizione del disegno di legge di bilancio”. Così, fonti Mit, spiegano che il costo dell’opera oggetto di concessione dagli aggiornamenti svolti risulta di 13,5 miliardi. Nel Def, inoltre, emerge che le opere complementari e di ottimizzazione alle connessioni ferroviarie, lato Sicilia e lato Calabria, oggetto del contratto di programma con Rfi, si stima avranno un costo di 1,1 miliardi”. Un costo complessivo, quindi, che è lievitato rispetto alle iniziali previsioni. Quasi un terzo in più dei 10 miliardi dell’ultimo conteggio. Soldi che l’Italia non ha.

Ma riavvolgiamo il nastro e torniamo indietro.

Una storia che si ripete

Ogni epoca, generando polemiche, cambi di opinione e i famigerati studi di fattibilità, ci riprova sempre: è un tormentone talmente antico da lasciare le prime tracce nel 251 A.C. 

L’idea tornò d’attualità negli anni della rombante rivoluzione industriale. Mentre la Francia iniziava a pensare al futuro Tunnel della Manica che l’avrebbe collegata alla Gran Bretagna, in Italia ci furono due proposte (nel 1870 e nel 1883) per un primo progetto di ponte sospeso. Nessuna delle due venne approfondita, anche perché pochi anni dopo (nel 1908) un terremoto di magnitudo di 7,1 distrusse quasi interamente la città di Messina, portando la politica a riconsiderare i piani del Ponte vista la sismicità della zona. Ma da allora, il Ponte sullo Stretto è diventato l’opera più costosa mai irrealizzata.

Nella prima metà del 900, è Mussolini a citare il Ponte sullo stretto ma la prima data da cerchiare per il rilancio del ponte è il 1969. Nel 1981, la DC di Arnaldo Forlani crea la Stretto di Messina Spa, società partecipata dai più grandi gruppi pubblici dell’epoca (Iri, Ferrovie dello Stato, Regione Sicilia, Regione Calabria) concessionaria per la progettazione e realizzazione del Ponte. Dopo vari studi di fattibilità, si approva la soluzione del ponte sospeso a unica campata e Claudio Signorile, Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, nel 1984, dichiara: “Il Ponte si farà entro il 1994”.

Nel 1982 addirittura uscirà  “Zio Paperone e il Ponte di Messina”, fumetto in cui il miliardario di Paperopoli si cimenta nella sfida di collegare Sicilia e Calabria in soli sei mesi: dieci anni dopo, di “poli” nel 1992,  però, vedremo solo Tangentopoli , a causa della quale la politica si ritroverà a gestire una crisi finanziaria e di fiducia. Il “ponte sospeso più lungo del mondo”  cadrà nel dimenticatoio per un decennio.

Dal nuovo Millennio ai Giorni Nostri

Il ponte di Messina questa volta si farà, lo garantiamo. Porremo la prima pietra nel 2004, e lo concluderemo entro il 2020”

Silvio Berlusconi, 2002.

Nel maggio 2006, dopo le elezioni vinte, il governo di centrosinistra blocca il Ponte sullo Stretto. Inizia il dibattito tra favorevoli e contrari. Il governo fa approvare una legge con cui stabilisce che il Ponte non è una priorità dell’esecutivo italiano, e rimanda ogni decisione definitiva sulla sua realizzazione.

Nel 2013, la Stretto di Messina Spa, la società creata nel 1981, viene messa in liquidazione e il progetto decade. Un’inchiesta del L’Espresso, però, scoprirà come ancora nel 2021 la società continuava a costare soldi ai contribuenti italiani, poiché seppur senza dipendenti o attività, non poteva essere completamente liquidata per il contenzioso ancora in corso con l’ex gruppo Impregilo.

Matteo Renzi, nel 2016 ci riprova: rimandato al post-pandemia e al piano di rilancio delle infrastrutture in Italia, il sogno del Ponte riprenderà quota nell’estate 2020. Nel 2021, dopo la caduta del governo Conte, il dossier del progetto viene raccolto dal Governo di Mario Draghi, che stanzia altri € 50 milioni per uno studio di fattibilità tecnico – economica dell’opera, ed eccoci arrivati ad oggi. Dopo fiumi (o mare?) di parole e soldi spesi, il leader della Lega lo fa suo cavallo (politico) di battaglia.

Quando tra il dire e il Fare c’è di mezzo…Lo Stretto!

Si fa presto a dire Ponte. Il progetto infrastrutturale da 3,3 km, con un impalcato di 3,6 km e con un traffico stimato in 6mila veicoli all’ora e 200 treni al giorno, è più facile a dirsi che a farsi. E del resto , anni di stop and go stanno lì a testimoniare molte cose. L’impatto ambientale, la biodiversità di flora e fauna che caratterizza la riserva naturale orientata Laguna di Capo Peloro (area protetta situata a Torre Faro, premiata da National Geographic nel 2022, al primo posto in Italia come “la migliore spiaggia per i panorami”), la navigazione.

Sebbene venga rappresentata come un’ottima soluzione per assicurare una rapida comunicazione tra le due sponde “un’opera infrastrutturale strategica, immediatamente cantierabile” è evidente, anche al più sprovveduto (che non abbia altri interessi da coprire) che da una valutazione definitiva dei costi, questi, appaiono nettamente superiori ai benefici.

Elisabetta Costa

One response

  1. Storia molto dettagliata di questo ponte che, ancora una volta, rimane solo nell’immaginario geografico delle nostre menti. Brava!! Continuiamo a crederci, a non perdere la speranza, lo dobbiamo per le generazioni future.

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