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Negli ultimi mesi abbiamo sentito sempre più parlare delle ONG e del loro operato sicuramente importante. Anche noi proprio tre mesi fa vi abbiamo raccontato di quanto stesse accadendo presso i nostri porti e soprattutto della (op)posizione del Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni e della maggioranza al Parlamento.

Ricorderete sicuramente lo “scontro” con la Francia e la convocazione della Commissione Europea.

Cerchiamo di fare chiarezza tra i favorevoli e gli oppositori, rispetto all’operato delle ONG e soprattutto rispetto a quanto effettivamente sia di diritto e dovere di uno Stato.

Nascita ONG

Nate all’inizio degli anni Sessanta, le ONG si configurano come movimento associativo spontaneo che ha lo scopo di entrare in contatto diretto con i bisogni delle popolazioni del Sud del mondo. Queste non nascono per volere di uno Stato ma svolgono un ruolo molto importante per le società civili.

ONG è letteralmente l’acronimo di “Organizzazione Non Governativa”. Si tratta appunto di un’organizzazione senza fine di lucro e indipendente dagli Stati. Fonti private, per lo più donazioni, ma anche talvolta fonti pubbliche in forma di contratti o accordi di sovvenzione le sostengono economicamente. Dunque, le due caratteristiche necessarie affinché si possa definire tale entità ONG sono il carattere “privato” e “l’assenza di profitto”. Gli scopi di questo tipo di organizzazione sono di diverso tipo, principalmente affrontare problematiche trascurate dai governi come il miglioramento dell’ambiente, il rispetto e la tutela dei diritti umani e l’immigrazione incontrollata dai Paesi più poveri del mondo.

Il più grande processo

Tra le numerose ONG tutti conosciamo sicuramente “Save the Children”, le cui operazioni riguardano la riduzione della povertà, il contrasto alla mortalità infantile e la difesa dei bambini più poveri fra i poveri, come i migranti e i rifugiati; quelli più esclusi ed emarginati, come i disabili, le minoranze etniche e religiose; l’altra è invece quella di “Medici Senza Frontiere”, impegnata da un lato a salvare vite umane, dall’altro raccontare e denunciare i contesti in cui si muove.

A primo impatto, ci troviamo di fronte a organismi che si sostituiscono agli Stati nazionali. Ma in molti si domandano come le ONG svolgano effettivamente il loro operato.

Forse non tutti ricorderanno che proprio le due organizzazioni internazionali citate poco prima furono coinvolte in un’indagine insieme alla tedesca “Jugend Rettet”.

Processo Iuventa

La Procura di Trapani nel 2017 ha avviato un processo, dopo un’indagine lunga quattro anni che aveva prodotto ben 24 indagati fra persone fisiche e associazioni, centinaia di pagine di spunti di indagine e intercettazioni, alcune delle quali pubblicate sui giornali, e la sospensione delle attività proprio della ONG tedesca, la quale tra il 2016 e il 2017 soccorse circa 14mila persone nel Mediterraneo. 

Le tre organizzazioni sarebbero state, dunque, colpevoli di favoreggiamento dell’immigrazione illegale. Secondo la Procura, infatti, le ONG coinvolte si accordavano con i trafficanti di esseri umani in Libia e concordavano orario e luogo in cui farsi trovare per raccogliere i migranti che partivano dalle coste libiche a bordo delle proprie navi, sapendo che le persone in questione non avevano un regolare permesso per entrare in Italia.

Gli ufficiali di polizia giudiziaria avevano ritenuto le azioni delle ONG «mosse nelle loro condotte criminose da aspetti economici», e che il loro fine, oltre che soccorrere le persone in mare, era la «raccolta e conduzione in Italia di un numero sempre maggiore di migranti, per mantenere alta visibilità mediatica e avere più donazioni».

Il Procuratore Capo di Trapani Gabriele Paci, al “Guardian” aveva però affermato di non mettere in discussione il lavoro che queste organizzazioni fanno per salvare le persone, ma che in alcuni casi ci siano stati degli «accordi con i trafficanti, tali per cui le ONG sapevano quando e dove» e questo è certamente illegale.

Uno degli avvocanti della “Jugend Rettet”, Nicola Canestrini, ha respinto tutte le accuse e sottolineato anche che nelle carte processuali non fosse stato trovato «nessun contatto» fra l’equipaggio della “Iuventa” e «persone coinvolte nelle tratte degli esseri umani in Libia, nonostante siano stati analizzati a fondo computer e cellulari».

Ma che risvolti ha avuto questa indagine?

Sebbene si sia trattato del primissimo processo di questo tipo ad arrivare alla fase dell’udienza preliminare, anche questa però si è “conclusa” con un nulla di fatto. Pare, infatti, che proprio a novembre scorso si parlasse dell’ennesimo rinvio a giudizio a causa di questioni legate alla presenza di interpreti per gli indagati: il problema pare sia legato alle traduzioni, lunghe e tardive, delle testimonianze raccolte (rilasciate, prevalentemente, in lingue straniere). Certo è che un’inchiesta di tale portata abbia bisogno dei tempi necessari per essere portata avanti.


Ma in un momento così particolare forse un risvolto importante sarebbe certamente utile.

L’Italia e il suo decreto sulle ONG

A seguito degli eventi di cui vi abbiamo già parlato e dei relativi risvolti, il 28 dicembre scorso è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il nuovo decreto sulle ONG e le sue navi, in cui si leggono norme sempre più stringenti per i soccorsi in mare.

Il decreto introduce disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori e permette alle ONG di svolgere il proprio ruolo a patto che vengano rispettati alcuni requisiti.

Ma sono già sorte polemiche in quanto la nuova normativa sarebbe in contrasto con la Convenzione di Ginevra, quella di Amburgo, quella del Diritto del Mare, quella di Dublino e addirittura con l’art.10 della Costituzione.

Sicuramente la questione andrà avanti ancora per le lunghe fino a quando non ci saranno decisioni internazionali unanime da parte dei vari Stati. Nel caso del Mediterraneo, è ora che i membri dell’Unione Europea definiscano una volta per tutte a livello legislativo come risolvere un problema che troppo spesso l’Italia si trova ad affrontare in prima linea e da sola.

Carmela Fusco

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