Con l’inizio del conflitto ucraino e successivamente nella Striscia di Gaza, i media spalancano definitivamente le porte ad un nuovo argomento: la guerra.

Prima di questi due avvenimenti, i conflitti sembravano non interessarci perché in qualche modo non entravano nella trama delle nostre vite.

Sono decine e decine le guerre che ad oggi non hanno ancora una voce, che entrano nelle nostre vite e ci escono con superficiale facilità.

Il nostro giornale ha un obiettivo che è esplicito dal solo nome, per cui oggi, nel nostro piccolo, vogliamo dare voce a quei conflitti che non ne hanno abbastanza.

Myanmar

Partiamo con uno dei conflitti più longevi, sorto alla fine della Seconda Guerra Mondiale. La Birmania cerca fin da subito di ottenere l’Indipendenza dal Regno Unito con numerose proteste.

Il 1962 è segnato da un importante colpo di Stato che estromise il governo parlamentare, rimpiazzato dalla giunta militare. L’obiettivo di questo gesto fu quello di voler adottare una struttura statale federale, voluta dalle forze armate denominate Tatmadaw.

I conflitti etnici non cessarono negli anni ’80, cosa che avvenne per le motivazioni politiche degli scorsi decenni. La rivolta 8888 (del 08/08/1988) venne avviata da studenti appartenenti a minoranze etniche contro i militari: furono più di 3.000 le vittime civili.

Quarant’anni dopo, nel 2006 le forze armate birmane condussero una forte offensiva contro l’Unione Nazionale Karen dello Stato Kayin – minoranza etnica – con l’invio di mezzo milione di soldati incaricati di allontanare migliaia di abitanti dai loro villaggi.

Nel 2021 l’esercito attaccò il governo causando la morte di 50.000 persone  – 8.000 civili – e sfollandone 2 milioni.

Si è calcolato che circa il 40% del territorio è controllato dalle forze militari mentre il centro politico è sotto lo stretto controllo della giunta.

Siria

Il conflitto siriano è da definire formalmente terminato ma in realtà non è mai stato raggiunto un accordo che ne definisca la pace conclusiva.

Tutto ebbe inizio con le Primavere Arabe, proteste pacifiche avviate contro la repressione di Assad. La risposta fu un attacco sulla folla che portò allo schieramento di tre divisioni armate: dai fondamentalisti islamici (jihadisti da una parte e dall’altra conservatori islamici), dai soldati dell’Esercito Siriano Libero e dagli stessi membri ex pacifici delle primavere arabe. Il conflitto che inizialmente fu composto da più fazioni continuerà a scindersi con l’ascesa dell’ISIS, frammentandosi in decine di piccoli gruppi armati.

Con l’attacco dell’ISIS su Baghdad, gli Stati Uniti entrarono a far parte di questo disastro. Nel momento in cui Assad sembra cedere interviene l’Iran e poi la Russia.

Nonostante questo momento di apparente debolezza, Assad riesce ad ottenere anche Aleppo, la seconda città siriana, ottenendo la vittoria del conflitto siriano.

Il punto focale, non ancora definito, rimane lo stabilire l’accordo di pace per placare un futuro ingresso militare dell’ISIS.

Sudan

Il conflitto nacque nella capitale, Khartoum, e si propagò a macchia d’olio nel resto del Paese. Il conflitto era nell’aria da tempo a causa di tensioni di carattere economico ed etnico.

La capitale è infatti abitata da cittadini musulmani mentre il resto della nazione è di prevalenza cristiana e animista.

L’ex presidente del sudan Omar Al-Bashir, fruttò questa concentrazione per fondare un governo con forte componente islamica, avviando successivamente una campagna di uccisioni di massa, stupri e saccheggi contro i civili nel Darfur.

Il numero delle persone uccise ammonta a 400.000 e quelle sfollate superano i 3 milioni.

Le Forze di Supporto Rapido, paramilitari, in conflitto con l’esercito ufficiale, lievitarono di giorno in giorno grazie ai finanziamenti ricevuti dagli Emirati Arabi (interessati alla questione in quanto importatori di Oro dal Sudan).

L’Arabia Saudita invece tentò di giocare nel ruolo di mediatore di un equilibrio tra le due forze armate che precedentemente avevano combattuto per finalizzare il colpo di Stato contro l’ex presidente.

Ad oggi si contano 9 milioni totali di sfollati, quasi 7 milioni interni e 18 milioni di persone sono ridotte alla fame.

Sono centinaia le guerre di cui potremmo continuare a parlare, ma non ci sposteremo mai dalla disumanità che l’uomo continua ignobilmente a dimostrare.

Elena Zullo

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