Il mondo raccontato dagli occhi di un sognatore
È stato annunciato da pochi giorni il nuovo mini-tour di Lucio Corsi, previsto per maggio, attraverso il quale il giovane cantautore riproporrà dal vivo i brani del suo secondo album “Cosa faremo da grandi?”; e chissà che in questi giorni non venga addirittura annunciato un nuovo lavoro discografico.
Cogliamo l’occasione per approfondire la figura del cantautore toscano che in pochi anni è riuscito meritatamente a ritagliarsi con la sua originalità un posto tra gli astri nascenti del panorama musicale italiano.
Chi è Lucio Corsi
Gennaio 2017, alla radio impazza Rockabye dei Clean Bandit e Shape of you di Ed Sheeran, ma nello stesso periodo, un giovane cantautore toscano di nome Lucio Corsi pubblica il suo primo album intitolato “Bestiario musicale”. Si tratta di una raccolta di canzoni dallo stile fiabesco ispirate agli animali che abitano le campagne maremmane.
Un formazione acustica che riesce comunque a colorare bene questi brevi racconti costruiti a metà tra le normali abitudini di animali come la civetta, l’upupa o l’istrice e la loro visione agli occhi di Corsi, alternativa all’immaginario comune e in generale libera di portare queste semplici azioni o modi di essere a livelli surreali. Tutto senza la necessità di nascondere davvero una morale o un’allegoria, ma semplicemente accompagnandoci all’interno del suo modo eccentrico e colorato, lasciandoci liberi di interpretare queste “visioni”.
“… una luna a due facce, perché la terra ne ha una e a lei ne servono di più,
perché è sia uomo che donna, perché è città e campagna”
Passano tre anni durante i quali Lucio Corsi arriva anche ad aprire concerti importanti come quelli di Brunori Sas, dei Baustelle o de Le Luci della Centrale Elettrica (oggi Vasco Brondi).
Nel Gennaio 2020 esce “Cosa faremo da grandi?”, prodotto da Francesco Bianconi dei Baustelle, nel quale confluiscono tutte le influenze presenti nella musica del cantautore toscano: Ivan Graziani su tutti, ma anche Paolo Conte e Lucio Dalla per quanto riguarda i grandi della musica italiana del passato, ma, non solo per l’abbigliamento, anche David Bowie, Lou Reed e in generale il glam rock degli anni ‘70.
Tuttavia queste citazioni non rendono giustizia alla creatività di Lucio Corsi. Ritengo sia ugualmente difficile descrivere minuziosamente la sua inventiva e raffinatezza, che in questo secondo disco continua a prendere ispirazione dalla sua terra, la Maremma, presente in Freccia Bianca, una traccia dominata dalle chitarre elettriche, nella quale il treno da Grosseto a Milano viene associato allo spirito di un nativo americano che attraversa le montagne e le città.
“Sta risalendo la penisola il vecchio spirito di un pellerossa
Dividendo in due le città che incontra”
Un piccolo richiamo a Castiglione della Pescaia anche in Onde, ispirata in parte alla storia di Ambrogio Fogar, uno dei primi avventurieri a fare il giro del mondo in solitaria negli anni ‘70 partendo proprio dal suddetto borgo marinaro.
Non mancano gli straordinari voli pindarici a cui ci aveva abituato già in passato, come Bigbuca, la storia di un bambino che cerca di scavare una buca per arrivare in Cina sfidando la gravità per scoprire se una volta uscito avrà le gambe all’aria.
“Voglio vedere se quando sarò di là
Avrò imbrogliato tutto anche la gravità
E come avessi fatto un salto
Inizierò a cadere con le gambe in alto”
Anche Trieste e la sua famosa bora che soffia ininterrotta viene rivalutata, semplicemente cambiando direzione e sfruttando il vento come una spinta, accettare un “problema” e sfruttarlo facendolo diventare un vantaggio.
Trova spazio anche l’amore, ma per una ragazza trasparente, che probabilmente non esiste e proprio per questo viene modellata dalla sua fantasia attraverso le forme della natura.
“… dato che è trasparente io la ritrovo nella musica
O nella forma di una nuvola“
Il manifesto programmatico di Lucio Corsi è contenuto senza dubbio in Cosa faremo da grandi?, singolo che dà il titolo al disco, coadiuvato (così come Trieste e Freccia Bianca) da un vero e proprio cortometraggio molto singolare a opera del regista e amico Tommaso Ottomano, il quale ha addirittura registrato le chitarre del disco.
Corsi si interroga inizialmente sull’origine delle conchiglie, probabilmente create da un artigiano che ad un certo punto decide di sbarazzarsene, ma con serenità nonostante la dura fatica.
Un inno alla capacità di praticare un’attività, ma essere anche pronti a rinunciare a tutto con tranquillità e ripartire da capo, senza voler avere necessariamente successo, ma semplicemente essere felici del proprio lavoro e avere anche il coraggio di cambiare prospettive.
Proprio lo stesso Corsi ci ha abituato a cambiare pelle pur rimanendo fedele al suo gusto all’interno del panorama musicale. Ma anche a mettersi in gioco in una veste diversa come quella di band per la trasmissione televisiva “L’Assedio” di Daria Bignardi, oppure fare da modello per una campagna di moda di Gucci.
Indubbiamente la pandemia nel 2020 ha in parte bloccato la programmazione del tour e la promozione del disco, soprattutto nel caso di un giovane emergente, ma con questo nuovo tour e un probabile tour estivo sarà possibile scoprire qualcosa in più di questo artista molto interessante. Sperando continui a regalarci perle come questo album.
Antonio Montecalvo
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