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Illustrazione di Ilaria Longobardi (dallamiap.arte)

While My Guitar Gently Weeps cantavano i Beatles e in particolare il chitarrista George Harrison nel cosiddetto White Album del 1968, che vede ospite tra gli altri, seppur non accreditato esplicitamente, Eric Clapton
Sono anni difficili per la band di Liverpool, sempre più colpita da varie tensioni interne e che accoglie la demo del brano in maniera tiepida.

Negli stessi anni il giovane chitarrista Ivan Graziani insieme a Velio Gualazzi (padre di Raphael) fonda gli Anonima Sound, la sua prima vera esperienza musicale con la quale riscuote un discreto successo. 
L’esordio da solista avviene prima con Desperation, album totalmente in lingua inglese e subito dopo con il primo disco in italiano La città che io vorrei, che getta da subito le basi dello stile che adotterà e che porterà i maggiori successi al cantautore abruzzese. 
La sua abilità di chitarrista e la sua voce inconfondibile (definita da egli stesso “quella di una ragazzina perversa”), unite ad una grande capacità autoriale, portano Ivan ad avvicinarsi alla casa discografica di Mogol, la “Numero Uno”, che gli permetterà di collaborare inizialmente come turnista con Lucio Battisti, Antonello Venditti, Bruno Lauzi, Francesco de Gregori e la Premiata Forneria Marconi. 
Parallelamente alla carriera musicale, Ivan Graziani porterà avanti tutta la vita la sua passione per il fumetto, ritenuta addirittura più importante rispetto a quella da cantante. 
Diplomato all’Accademia di Urbino in pittura, ottenne un lavoro redditizio come autore di fumetti pornografici per un giornale svedese, ma anche dopo l’esplosione musicale continuerà a raccogliere disegni raffiguranti personaggi di vita quotidiana apparentemente normali, ma corredati di dettagli inquietanti, probabilmente come rappresentazione dei lati più oscuri che ogni essere umano porta con sé. 
Graziani dimostra di essere la sintesi perfetta di tutte le correnti musicali anni ‘70 e ‘80 senza mai snaturarsi in favore delle mode. 
Alterna sapientemente la sua anima votata al rock a melodie soavi condotte dalla sua voce unica, dai testi più taglienti e talvolta ricchi di allusioni (famosa la sua passione per i seni femminili reiterata più volte), a parole d’amore e rime di rara eleganza. 
I personaggi delle sue storie provengono dalla provincia più autentica, in particolare quella della sua infanzia trascorsa in Abruzzo che omaggia esplicitamente nella canzone Gran Sasso.  
Inizia il periodo più florido della carriera di Graziani, che arriva al grande pubblico con canzoni come Ballata per quattro stagioni e successivamente con Lugano Addio, Monna Lisa, Pigro, Fuoco sulla collina, Dada, Angelina e Agnese. 
“Se la mia chitarra piange dolcemente” canterà Graziani nel capolavoro Agnese, 11 anni dopo l’uscita del White Album, omaggiando in una frase George Harrison, Eric Clapton e la passione per lo strumento che condivide con loro, la chitarra.
Seguiranno ulteriori successi tutti prodotti dalla Numero Uno, ma con il passare degli anni, nonostante il cambio di etichetta in favore della Carosello, Graziani paga la mancanza di serenità nella stesura delle canzoni spinto da obblighi provenienti dall’alto a cui probabilmente, considerato il carattere e il bisogno di lasciare libera la propria arte a tutti i costi, Ivan non vuole sottostare. 
Con la partecipazione al Festival di Sanremo del 1994 con Maledette Malelingue riacquista popolarità raccontando la storia d’amore criticata nel paese tra una ragazza e un uomo più grande di lei e mandando (mi piace pensare sia così) indirettamente attraverso il titolo un messaggio a tutti coloro che lo avevano ostacolato anni addietro. 

Ancora oggi nei salotti televisivi, negli omaggi ai grandi cantanti e cantautori del passato non figura mai abbastanza Ivan Graziani e se inizialmente la consideravo una grave mancanza, nel tempo ho capito che probabilmente anche lui avrebbe preferito così. 
Il figlio, Filippo Graziani, porta in giro per l’Italia le sue più belle canzoni conservando intatto lo stile degli arrangiamenti e offrendoci una voce per ovvie ragioni somigliante senza cadere nella trappola dell’imitazione, al contrario, dando nuova linfa alle melodie. 
Graziani rimane nel cuore di chi come me ancora oggi, a 25 anni dalla sua prematura scomparsa, ascolta con occhi sognanti la musica di un artista unico nel suo genere e ne apprezza la qualità e soprattutto la coerenza del suo lavoro, preferendolo al panorama musicale mainstream odierno ormai legato alla “confezione del prodotto” e sempre meno al prodotto in sé.

Antonio Montecalvo

“Agnese”: cover di Isabella Alfano

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