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Lo spreco alimentare: definizione, cause e possibili soluzioni di uno dei grandi problemi del nostro tempo

Con l’espressione “spreco alimentare”(food waste in inglese) si fa riferimento a qualunque prodotto sano e commestibile che in ogni fase della catena alimentare, invece di essere destinato al consumo, viene scartato da parte di venditori e consumatori in modo consapevole. A differenza del food losses – quando lo spreco avviene durante le fasi di produzione e dipende da problemi infrastrutturali o di logistica – il food waste dipende essenzialmente dai nostri comportamenti e dalle nostre abitudini.

Il Waste Resources Action Program propone una definizione di food waste che distingue lo spreco di cibo in:

  • evitabile (cibo e bevande finiti in spazzatura ma ancora commestibili come pezzi di frutta, ortaggi, pane, carne, pesce ecc.)
  • possibilmente evitabile (cibo e bevande che alcune persone consumano e altre persone no; ma anche il cibo che può essere consumato se cucinato)
  • inevitabile (ossi di carne, bucce d’uovo, ecc.).

Avete mai pensato allo spreco di cibo come ulteriore fonte di inquinamento per il nostro pianeta?

Se ci pensate accuratamente, capirete che buttare via degli alimenti significa sprecare tutte le risorse coinvolte nella sua produzione come suolo, acqua, fertilizzanti, combustibili fossili e fonti energetiche di diverse tipologie.

Per giunta, una volta finiti in discarica, i rifiuti alimentari producono emissioni che contribuiscono all’effetto serra. Non a caso, il dimezzamento dello spreco alimentare è stato inserito tra gli obiettivi cardine dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile, sottoscritta dai paesi delle Nazioni Unite nel 2015.

In effetti, lo spreco di cibo ha un impatto enorme sull’inquinamento globale ed è responsabile, pensate, di circa 5 miliardi di tonnellate di gas serra emessi nell’atmosfera.

Quali sono i numeri dello spreco alimentare?

Circa un terzo di tutto il cibo prodotto nel mondo non finisce nei nostri piatti. Secondo la FAO ogni anno vengono sprecate 1,3 miliardi di tonnellate di cibo sulle 3,9 prodotte.

Situazione in Italia

Secondo la recente indagine Coldiretti, diffusa in occasione della Giornata internazionale della consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari, il 54% della popolazione italiana ha diminuito gli sprechi alimentari. L’Italia è in seconda posizione, dopo il Canada, per l’impegno nella lotta agli sprechi di cibo. Nel settembre del 2016, nel nostro Paese, è entrata in vigore la legge 166/2016, nota anche come legge Gadda. Si tratta di una normativa che ha l’obiettivo di ridurre gli sprechi, tra cui quello alimentare, attraverso il recupero di alimenti e la loro donazione a fini di solidarietà, oltre alla promozione per i ristoranti all’utilizzo della doggy bag, per far sì che i clienti possano portarsi a casa il cibo avanzato.

Tuttavia, lo spreco alimentare nelle case degli italiani ammonta comunque a circa 36 kg all’anno e cresce durante l’estate. Il problema resta rilevante e la strada da percorrere è ancora molto lunga.

Ma perché accade questo? Perchè non riusciamo a ottimizzare al meglio le nostre abitudini alimentari?

Analizziamo insieme le probabili cause.

Cause dello spreco alimentare

In generale, negli ultimi anni hanno contributo significativamente all’aumento degli sprechi alcuni cambiamenti globali, come l’urbanizzazione in aumento, che ha allontanato i consumatori dalle zone di produzione del cibo, la globalizzazione del commercio e della grande distribuzione.

Inoltre, lo spreco domestico cresce sempre più in seguito ad una scarsa pianificazione dei pasti e ad un conseguente acquisto eccessivo di alimenti.

Come ridurre gli sprechi alimentari?

Negli ultimi anni, le soluzioni per evitare inutili sprechi di cibo sono cresciute in modo consistente insieme all’aumento di sensibilità nei confronti del tema.

Oltre al recupero di alimenti e la loro donazione a fini di solidarietà o l’utilizzo della doggy bag nei ristoranti, altre possibili semplici soluzioni potrebbero essere: pianificare i pasti, fare acquisti più contenuti e frequenti in base alle necessità, controllare la data di scadenza degli alimenti o scegliere prodotti di stagione. E ancora, prediligere gli acquisti in filiere vicine, scegliendo prodotti più freschi e limitando così, oltre agli sprechi, anche le emissioni di CO2 legate al trasporto.

Inolte, possiamo decidere di acquistare frutta e verdura da piattaforme online anti-spreco, come Babaco Market, un servizio di delivery di frutta e verdura che fa arrivare a casa degli abbonati box con prodotti scartati per il loro aspetto.

Ma la soluzione va cercata comunque nella consapevolezza e nella promozione di nuove pratiche anti-spreco, nella speranza che queste possano spingere verso un cambiamento culturale radicale. Bisognerebbe attivare nuovi programmi di educazione alimentare nelle scuole, per far arrivare forte ai ragazzi e alle famiglie il messaggio “cibo=valore”.

E’ allora cruciale – dato l’aumento dei prezzi che ha colpito degli ultimi mesi i generi alimentari di prima necessità, come grano, farina, olio, e di conseguenza anche pane, pasta fino ai carburanti, con i prezzi di benzina e di gasolio mai così alti dal 2014 – che il nuovo Governo agisca tempestivamente contro lo spreco alimentare.

Come diceva Robert Walser :“Attraversare il mondo a piedi, passando ovunque si voglia, purché non vi si rechi danno”.

Dunque, bisogna ricordare che il mancato consumo di cibo ha importanti ripercussioni socio-economiche e ambientali. Per il presente e per il futuro, diamo valore alle nostre azioni e cambiamo le nostre abitudini, preserviamo l’ambiente.

Loredana Zampano

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