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Vito Riviello (Potenza 1933 – Roma 2009) è considerato tra i più originali poeti italiani del Secondo Novecento. Artista fertilissimo e molto presente a festival e letture, pubblica numerosi libri di poesia con pluralità di intonazioni, da movenze riflessive, elegantemente neocrepuscolari, a sperimentazioni in odore di dadaismo, a manipolazioni linguistiche, ad accenti satirici e comici.

Avviato agli studi classici, prosegue da autodidatta e precocemente offre il suo contributo alla poesia e, sensibile alla “questione meridionale”, al risveglio del Mezzogiorno.

Inizia l’attività letteraria con la pubblicazione delle prime poesie, mai più ristampate ma recuperate nel volume postumo del 2019 Tutte le poesie, sul primo numero della rivista Lucania nell’ottobre del 1954, e poi, in pieno clima neorealistico, del libro Città fra paesi (edito da Schwarz nel ’55), una raccolta di versi tra stile liberty e crepuscolare. Il volumetto fu definito da Leonardo Sinisgalli: “Il primo ritratto letterario di Potenza”.

Nel frattempo inizia una vivace attività di promotore culturale fondata sul convincimento della necessaria integrazione tra cultura scientifica e umanistica e desideroso di abbandonare, nella sua scrittura, la realtà lucana guardata con occhi dolenti, quella più oleografica e di maniera, secondo la lezione di meridionalisti come Elio Vittorini, che pure si sforza di rinnovare, e di osservatori e giornalisti come Edgar Snow. Il marxismo è una componente di rilievo nella formazione di Riviello, sensibile anche al magistero poetico e politico di Rocco Scotellaro.

Nella seconda metà degli anni Cinquanta, il poeta ventiquattrenne apre una prima libreria a Potenza in via del Popolo. Pur iniziando a trascorrere lunghi soggiorni a Roma, nel 1961 trasferisce l’attività nella Nuova Libreria Riviello, in via Pretoria, che diviene luogo d’incontro tra artisti italiani e stranieri e centro di diffusione della cultura nella regione; lì hanno modo di sostare e dialogare scrittori e intellettuali tra i quali Giuseppe Ungaretti, Carlo Levi, Leonardo Sinisgalli, Alfonso Gatto, Mario Alicata, Michele Prisco, Eugenio Miccini, Achille Bonito Oliva, Domenico Rea, Henri Bosco. Nel giro di poco tempo la Nuova Libreria diventa anche casa editrice.

Nel decennio successivo collabora con importanti riviste letterarie (come Letteratura, Rendiconti, Nuovi Argomenti) e frequenta le avanguardie italiane, a cominciare dal Gruppo 63. Con alcuni dei protagonisti del gruppo, e con altri importanti autori dell’epoca, manterrà sempre un fortissimo legame, come testimoniano i carteggi custoditi presso l'”Archivio del ‘900-Università La Sapienza di Roma” e le rassegne di letture in Italia e all’estero.

Negli anni seguenti, per conto di case editrici e di gallerie d’arte, Riviello si dedica alla critica, inserendo nelle sue metodologie d’analisi il concetto di autonomia dell’ispirazione, e scrive introduzioni ai cataloghi di numerosi artisti italiani e stranieri.

Nel 1968 progetta e scrive un documentario realizzato con la regia di Mario Carbone, Intellettuali a Potenza, un’inchiesta sul ruolo dell’intellettuale nel Sud. Altri documentari cinematografici con testi originali riceveranno premi nelle rassegne internazionali “Festival dei popoli”, “Biennale di Venezia”, “Porretta Terme”, “Bergamo”.

Trasferitosi già da alcuni anni a Roma, nel 1972 conosce Daniela Rampa che diventa sua moglie nel febbraio del 1973, e con la quale ha la figlia Lidia. In questi anni la famiglia vive in vicolo del Governo Vecchio.

Anche a Roma, città che prende subito ad amare, Riviello si lega a poeti, intellettuali e artisti, e scrive testi introduttivi per cataloghi di mostre. Incontra e frequenta, in Italia e all’estero, Amelia Rosselli, Elio Pagliarani, Giovanni Russo, Libero De Libero, Carmelo Bene, Alberto Moravia, Paolo Volponi, Roberto Roversi, Piero Santi, Vanni e Alina Scheiwiller, Pier Paolo Pasolini, Federico Fellini, Maurice Henry, Pablo Neruda, Iosif Brodskij, Sergio Zavattini, Lidia Olivetti e Bruno Caruso, Marc Chagall, Vincenzo Mollica, Paolo Conte, Renzo Vespignani, Giuseppe Cesetti, Antonio Corpora, Mario Mafai. Segue la pop art italiana e il lavoro di Mario Schifano che pure appartiene alle sue frequentazioni intellettuali. Molte saranno le collaborazioni con artisti lungo tutto l’arco dell’attività di Riviello.

Torna alla poesia a partire dagli anni settanta, con raccolte come L’astuzia della realtà (Vallecchi, 1975), con la prefazione del suo amico Paolo Volponi, e Dagherrotipo (Scheiwiller, 1978).Vito Riviello si contrappone alla “monumentalità” della cultura ufficiale utilizzando tecniche letterarie come la comicità, l’ironia, i motti di spirito e le improvvisazioni sul tema.

Senza abbandonare la poesia, negli anni Ottanta intraprende anche la scrittura radiofonica collaborando, per la Rai, con Pinotto Fava, autore di Audiobox, rassegna di ricerca sonora per la quale firma testi e radiodrammi. L’esperienza radiofonica prosegue felicemente negli anni Novanta con Giuseppe Neri, direttore del programma culturale Lampi che trova in Riviello uno degli autori più assidui.

Nel 1989 pubblicherà una breve silloge, Apparizioni, che riflette sulla opposizione tra vivere ed apparire, con un grande protagonista, lo sparire. In Kukulatrìa, del 1991, è primo attore la battuta arguta ed illuminante. Fanno seguito, nel 1992, le poesie di Monumentànee, nel 1993 Il Passaggio della televisione e nel 1996 Fotofinish del Millennio, opere nelle quali il tono è spesso amaro, dolente, e dove è presente una riflessione critica dello stile di vita contemporaneo. Nel 2001 Plurime scissioni, nel 2003 Fumoir e nel 2006 Livelli di coincidenza, rivelano una poesia comica con funzione rivelatrice, aderente alla realtà, o scaramantica.

Illuminante una frase dello stesso Riviello: “Io sono nato in una civiltà, cosiddetta, epicedica, dove se ti giravi, a destra o a sinistra, piangevano tutti; purtroppo questa situazione corrispondeva ad un vittimismo reale ed oggettivo, alla fame, al fallimento storico, di una popolazione (quella lucana) che piangeva ma che possedeva anche l’altra faccia della medaglia: quella comica. In un mondo pieno di problemi è nato in me un riso, come una fonte che nasce in un deserto, un riso per dare sollievo. […] Un riso come difesa dalla seriosità, dal pianto, dal codice dogmatico, e quindi anche dalla morte”.

Mappa

Più a sud del sud c’è sud

sud e sud, tanto sud che

ancora a sud non c’è che sud

a perdita d’occhio sud

all’infinito sud,

solo alla fine dei sud,

si fa solo per dire,

c’è l’ultimo sud,

il sud più sud che mai

il sud-sud, il suddissimo,

poi c’è il Sud-Africa.

Alessandro Fusaro

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