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ASSESTAMENTI DEL LINGUAGGIO IN TEMPI DI COVID

Si sa che le parole, per quanto possano essere il metodo di comunicazione più influente, non siano l’unico, forse neanche il più immediato e molto probabilmente lontane dall’essere il più veritiero. Le specie viventi che non utilizzano la parola riescono a comunicare fra loro e noi stessi umani tramite il linguaggio (appunto) non verbale veicoliamo messaggi l’uno con l’altro. 

La scienza la quale studia questo peculiare linguaggio ha il nome di sistema cinesico ed è stata ideata da un antropologo americano di nome Ray Birdwhistell.

LA REGOLA DELLE TRE “C”

La nostra postura, la posizione in cui si trovano i nostri piedi o il modo in cui li muoviamo mentre siamo fermi, così come le braccia, le quali se sono conserte dimostrano chiusura, disinteresse verso chi ci è di fronte, sono delle espressioni suggestive. Mordersi il labbro, spostare continuamente i capelli, toccarli, arricciarli sul dito e altri mille movimenti che il nostro corpo compie possono essere un messaggio per chi ci sta intorno, alle volte anche involontario o semplicemente una manifestazione del nostro stato interiore in un determinato momento. 

Per la decodificazione dei significati ci si affida alla regola delle tre “C”: complesso, coerenza e contesto. “Complesso” perché sarebbe sbagliato percepire il messaggio di un solo e unico movimento, ma ci si deve basare sull’insieme. La “coerenza” è riferita alla probabile discordanza fra ciò che viene detto e quello che invece comunica il nostro corpo; in casi come il precedente è meglio affidarsi alla manifestazione di quest’ultimo. L’ultima “C” rispecchia la parola “contesto”, anche questo una fonte primaria per carpire al meglio quello che viene detto e non.

COMUNICARE IN TEMPI DI PANDEMIA

Sono quasi due anni che abbiamo dovuto cambiare le nostre abitudini per “convivere” con il Coronavirus e fra queste vi è stata l’introduzione delle mascherine. Ormai le troviamo di tutte i colori, le abbiniamo all’outfit del giorno, ne conosciamo i vari tipi, i gradi di protezione, quando cambiarla, lavarla, sterilizzarla e via dicendo. Ma ci ricordiamo che all’inizio, le prime volte in cui abbiamo iniziato ad indossarla, forse anche per i primi mesi, avevamo qualche difficoltà a capirci l’un l’altro? Non solo il disturbo nel suono, ma trovavamo difficoltoso percepire anche il tono dell’altro, per non parlare dell’accezione ironica; segno di quanto sia principale la cornice del viso ai suoni che emettiamo. 

Riflettendo, in questo momento, dopo quasi due anni, abbiamo superato gran parte di queste barriere; riusciamo a farci capire, scherzare, senza dover star lì più e più volte a ripetere. Abbiamo quasi immobilizzato la parte sottostante alla stessa mascherina; appena la indossiamo storciamo meno il naso ed evitiamo le smorfie con la bocca (a meno che non le usiamo per sbeffeggiare segretamente qualcun altro). 

L’IMPORTANZA DEGLI OCCHI

Di risposta abbiamo implementato l’uso della mimica superiore del viso dove grandi protagonisti sono gli occhi e sono migliorate le nostre capacità nella decifrazione degli stessi. Questi ultimi più di ogni altra parte del corpo sono al centro di numerose opere d’arte, in qualsiasi accezione della stessa; possiamo ricordare l’espressività dello sguardo di Lucifero in “The Fallen Angel” di Alexandre Cabanel. Emblematico è anche il lavoro di Steve McCurry con i suoi scatti in Afghanistan. Il verde intenso e brillante che ancor più risalta l’espressione di stupore di un’occhiata giovane, ma al tempo stesso consumata da guerra e povertà, la quale ha fatto il giro del globo su migliaia di copertine di National Geographic; quanto può essere eloquente uno sguardo!

Altra caratteristica degli occhi, oltre alla bellezza e alla espressività, è anche la loro unicità: possono essere usati come canale identificativo, perché, proprio come le impronte digitali, sono singolari al mondo. Il successo cinematografico “I Origins” di Mike Cahill con Michael Pitt si basa proprio su questo aspetto, ennesima testimonianza della quantità e varietà di informazioni che vengono veicolate dagli occhi. 

Parlando in termini informatici potremmo affermare che essi siano portatori di input e di output tramite diverse modalità. 

Con molta probabilità non ci siamo neanche accorti di quanto possa essere elastico il nostro sistema comunicativo.

Tornando al focus sul discorso pandemico vi è un appello da richiamare a favore di chi non può che sentire solo con gli occhi. L’utilizzo dei dispositivi di protezione ha aumentato la discriminazione nei confronti delle persone sorde e ce lo spiega quotidianamente l’attivista Chiara Bucello sul suo profilo Instagram. Se incontriamo una persona sorda non serve a nulla ripetere urlando, che equivarrebbe ad applicare la stessa tecnica usata per chi non parla l’italiano (e anche in questo caso la metodologia non è delle migliori); ci si deve abbassare leggermente la mascherina e poi ripetere ciò che si stava dicendo. Spesso viene utilizzato un adesivo raffigurante un orecchio e una barra applicato sulla mascherina stessa per poter identificare con chi si debba comunicare tramite questa modalità.

Un noto consiglio consiste in “prima di parlare pensaci due volte”, ma tu adesso presterai più attenzione anche ai comportamenti di chi hai di fronte e, prima ancora, ai tuoi?

Anna Chiara Paolino

illustrazione di Ilaria Longobardi (@dallamiap.arte) tratta da una foto di Steve McCurry

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