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Storia dei tanti migranti invisibili di Lampedusa

Una volta sognai
di essere una tartaruga gigante
con scheletro d’avorio
che trascinava bimbi e piccini e alghe
e rifiuti e fiori
e tutti si aggrappavano a me,
sulla mia scorza dura.
Ero una tartaruga che barcollava
sotto il peso dell’amore
molto lenta a capire
e svelta a benedire.
Così, figli miei,
una volta vi hanno buttato nell’acqua
e voi vi siete aggrappati al mio guscio
e io vi ho portati in salvo
perché questa testuggine marina
è la terra
che vi salva
dalla morte dell’acqua.

Cosi recita la poesia che la grande Alda Merini ( declamata per la prima volta nel 2008, proprio all’inaugurazione della Porta a cui è dedicata ) scrisse alla vigilia dell’inaugurazione della Porta d’Europa, monumento che vuole commemorare non solo tutti quei migranti che giungono sull’isola dopo interminabili ore di viaggio in mezzi di fortuna con il cuore colmo di speranza per il futuro, ma in special modo tutti quelli che non arrivano, inghiottiti dalle azzurre acque del Mediterraneo ( tra le più famose tragedie ahimè ricordiamo quella del 3 ottobre 2013, dove 368 anime persero la vita proprio in quelle acque ).

E con quali parole si potrebbe descrivere meglio il paradosso che è l’isola di Lampedusa?

Isola fatta di contraddizioni, il cui nome evoca sia immagini di sbarchi e di tragedie in mare, sia anche di turisti e di acque cristalline.

Isola che rischia essa stessa di sprofondare ( come se fosse pur ella una creatura umana dotata di sentimenti ), schiacciata suo malgrado della pressione a cui è quotidianamente sottoposta.

I dati del Ministero dell’Interno del 2011 ( l’anno del boom degli sbarchi ) infatti parlano chiaro: solo in quell’anno è stato registrato l’arrivo di 51.753 persone ( l’equivalente in abitanti di una città grande come Messina ).

Un continuo e incessante via vai di uomini, donne e bambini ( volti invisibili provati dalla paura e dagli stenti! ) che sperano di trovare sulle nostre coste una vita migliore, da ormai più di trent’anni!

Correva l’anno 1992 infatti, quando il primo gommone giunse sull’isola, cogliendo tutti ( autorità politiche comprese, che nel corso degli anni a venire hanno cercato di contenere l’impatto del fenomeno proclamando leggi speciali e servendosi dell’intervento delle forze armate ) impreparati.

E da quel giorno di ottobre il fenomeno non ha fatto che aumentare incessantemente, diventando uno degli argomenti più dibattuti degli ultimi anni che, per chi si trova al di fuori di questa realtà, provoca spesso sentimenti distorti di non accettazione e rifiuto.

Un sentimento non condiviso però da tutti quegli isolani che come me, fanno tesoro di quei racconti degli abitanti più anziani, che tra un insegnamento e l’altro narrano anche di come fino a cinquant’anni fa eravamo proprio noi a partire per cercare lavoro in Africa!

Un ciclo storico che ripetendosi ci ha aiutato a vivere questa situazione con più umanità e comprensione.

Federica Leonardi

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