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Ritengo abbastanza macabro attendere gli anniversari di nascita o morte di un compositore per omaggiarne la vita e le opere, ma nonostante tutto queste ricorrenze aiutano ad avvicinare i non addetti ai lavori a compositori che difficilmente verrebbero nominati al di fuori dell’ambiente classico.

In particolare quest’anno, nel centenario della morte del pianista, organista e compositore francese Camille Saint-Saëns, l’operazione di riscoperta delle composizioni di quest’ultimo ha interessato come non sempre accade anche il mondo della musica classica, da sempre divisa sulla figura del compositore francese tardo-romantico.

Camille Saint-Saëns nasce a Parigi nel 1835 e se all’età di 5 anni compone i primi brani (alcuni di questi conservati nella Biblioteca Nazionale di Francia), a 7 conosce bene il latino, a 10 è già un concertista di chiaro talento.
Famoso l’episodio, arrivato persino su un giornale di Boston, in cui al termine di uno strepitoso concerto il giovane Camille chiese al suo pubblico di scegliere quale delle 32 sonate di Beethoven (rigorosamente a memoria) volesse ascoltare come bis.
Studia presso il Conservatorio di Parigi sotto la guida di C. Stamaty e J.F.F Halévy diventando a 25 anni quello che oggi definiremmo una star di fama internazionale.
Persino Claude Debussy, famoso per la severità nei giudizi, nonostante qualche dissapore dirà qualche anno più tardi di lui: ”E’ l’uomo che conosce la musica più di chiunque altro al mondo”.

Fu autore di teatro e di musica sinfonica, ma indubbiamente il suo apporto fu determinante nell’ambito della musica da camera, genere ai tempi sottovalutato rispetto al melodramma, ma che grazie a Camille Saint-Saëns e al movimento artistico creato dalla “Sociètè National de Musique” da lui fondata assunse i tratti che nel ‘900 sarebbero diventati caratteristici della musica francese.
Nonostante ciò alcuni critici nel corso degli anni definirono i suoi lavori troppo accademici e legati al passato, rappresentando anche la sua figura come quella di un uomo accademico e riluttante al progresso.
Un’austerità in parte vera, ma frutto del suo rispetto e della profonda conoscenza dell’estetica barocca, classica e romantica presente praticamente in ogni suo lavoro e che si scontrò inevitabilmente con le novità artistiche che ebbero successo nel corso della sua lunga vita.

Lo stile di Saint-Saëns si mostra elegante in ogni rappresentazione, basato su idee semplici elaborate in maniera esemplare dal punto di vista formale e con una particolare attenzione al timbro, spesso contrapposte ad una grande dose di ironia presente inoltre nello spirito del compositore stesso, il quale si racconta, durante una visita in Russia, inscenò un balletto sul palco dell’auditorium (vuoto) del Conservatorio di Mosca imitando le ballerine con gli amici Tchaikovsky e Rubinstein.
La stessa ironia che probabilmente mostrerebbe oggi nel sapere che “Il Carnevale degli Animali”, un lavoro di cui quasi provava vergogna e che venne pubblicato dopo la sua morte, ricco di citazioni parodistiche di Offenbach, Berlioz e addirittura di sé stesso e dei suoi detrattori, è probabilmente la sua opera più conosciuta ed eseguita.

Fu un uomo eclettico e cosmopolita, studioso della filosofia e dell’astronomia grazie alle quali ottenne la stima e l’attenzione di personalità come Gustave Le Bon e Camille Flammarion, fu poeta e addirittura uno dei primi attivisti per i diritti degli animali.
Nella sua corrispondenza con il collega Massenet parlò in maniera pionieristica dell’America come di un “Nuovo Mondo che ci aspetta”.
Nel 1908 con il film muto “L’assasinat du duc de Guise” fu anche il primo compositore della storia a cui venne commissionata una colonna sonora.
Ebbe la fortuna di registrare la propria musica attraverso il grammofono, mostrandoci tra l’altro una qualità esecutiva impeccabile nonostante l’età avanzata.
Dal 1888 la sua vita fu caratterizzata da lunghi viaggi in varie zone del mondo, dal Sud-Est asiatico fino al Sud America, per poi a trasferirsi stabilmente ad Algeri dove morì il 16 Dicembre 1921.
Congedo migliore non ci può essere se non con una frase del maestro:
“L’arte ha il diritto di insinuarsi nelle pieghe segrete delle anime tenebrose o desolate. Questo diritto non è un dovere.”


Antonio Montecalvo

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