Categories:

Jakub Jankto Coming Out. Foto di James Williamson

Il calcio potrebbe essere uno sport potente per promuovere la coesione sociale e trasmettere importanti valori, quali il fair play, il reciproco rispetto e la tolleranza, ma può ugualmente rappresentare un ambiente in cui si sviluppano forme di razzismo e discriminazione.

«Nel calcio, hai una piccola finestra per raggiungere la grandezza, e fare coming out pubblicamente potrebbe avere un impatto negativo sulla tua carriera. Come calciatore gay, so che ci sono altri calciatore che vivono nel silenzio. Voglio aiutare a cambiare questo, a mostrare che tutti sono i benvenuti nel mondo del calcio, e che c’è il diritti di essere autentici»

 Josh Cavallo, nel 2021

Dal colore della pelle all’orientamento sessuale, nessuno potrà mai dimenticare gli espliciti insulti razzisti scagliati ed esibiti contro Mario Balotelli, Kalidou Koulibaly, Victor Osimhen o le offese antizigane (“sei uno zingaro”) lanciate contro Edin Dzeko, Slatan Ibrahimovic, Dusan Vlahovic e Ivan Perisic.
Il sessismo, l’abilismo, la xenofobia, l’antiziganismo, l’antisemitismo, l’islamofobia e il razzismo nello sport sono, infatti, tutt’altro che fenomeni straordinari: coinvolgono trasversalmente lo sport professionistico, i campi, gli spalti, come gli spogliatoi, i giocatori e i tifosi, gli arbitri e i dirigenti sportivi.

Perché il coming out di Jakub Jankto è un grande atto di coraggio?

Quella fatta da Jakub Jankto, ex giocatore dell’Udinese e Sampdoria e ora allo Sparta Praga (in prestito dal Getafe), è quel passo che si cercava di raggiungere, al fine di scardinare un muro di omertà presente nel calcio. “Sono gay e non voglio più nascondermi”: lo fa attraverso i social. “Anche io voglio vivere la mia vita in libertà. Senza paure, pregiudizi e senza violenza. Ma con amore. Sono omosessuale e non voglio più nascondermi”. Non a caso, il video di Jankto è una sorta di urlo liberatorio. Dalle sue parole, emerge la volontà di un uomo che vuole essere semplicemente sé stesso.

Sarebbe sbagliato stilare una classifica dei coming out in base alla notorietà degli atleti, ma non v’è dubbio che il gesto di Jankto, per la rilevanza della carriera (e con ancora la prospettiva di molti anni ad alti livelli) abbia un effetto mediatico maggiore.

Dati e statistiche

Non è la prima volta che un calciatore dichiara la sua omosessualità, ma è la prima volta che avviene con un giocatore di tale livello in attività . Prima di lui, negli ultimi anni abbiamo assistito al coming out dell’australiano Josh Cavallo, poi a quello di Jake Daniels, che a 17 anni è stato accompagnato nel percorso dal suo club d’appartenenza, il Blackpool.

L’arretratezza culturale del mondo del calcio si nota bene nei contenuti dell’ultimo rapporto dell’AIC, dove non vengono nemmeno citati i casi di omofobia, che invece ci sono eccome: probabilmente perché oggi in Italia non si conoscono calciatori professionisti omosessuali, eppure i professionisti sono circa 7mila.

Questa volta anche fra i calciatori arrivano le prime parole e posizioni a riguardo. Neymar, importante giocatore del Brasile, dichiara: «I pregiudizi, che siano omofobia, razzismo o altre forme di discriminazione, devono sparire. Siamo liberi di fare ciò che vogliamo. Ogni essere umano deve essere libero di scegliere ciò che vuole». «Coraggioso», scrive Marchisio. L’Inter e la Juventus hanno commentato su Instagram con l’emoji di un cuore. La Fiorentina scrive: «Da sempre contro ogni discriminazione», il Milan dice di esserGLI accanto.

Anche l’ex fidanzata e madre di suo figlio, Marketa Ottomanska, ha commentato con orgoglio la decisione di Jankto: «È uno dei primi calciatori a farlo, solitamente trovano il coraggio a fine carriera. Noi ci siamo lasciati nel 2021 ma oggi sono davvero fiera di lui.»

Il coming out di Jankto e l’omosessualità nel calcio (che non dovrebbe più fare notizia)

Il commento scritto dall’AIC a conclusione del rapporto sugli abusi da parte del pubblico sembra seguire questa direzione, anche se non cita espressamente l’omosessualità (e nonostante i suoi ultimi due presidenti abbiano sempre usato toni molto cauti sul tema): «Molti calciatori professionisti, fatti oggetto degli episodi censiti, hanno scelto di reagire avvalendosi della loro presenza mediatica: un atteggiamento costruttivo, educativo, spesso raccolto dai colleghi, dai tifosi e dai media».

Il miglior auspicio possibile è che, nel giro di qualche anno, l’orientamento sessuale non faccia più notizia, soprattutto in un mondo apertamente maschile e maschilista come quello del calcio, in cui palesare il proprio orientamento sessuale continua a rappresentare un segnale di debolezza.

Elisabetta Costa

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *