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Il sogno lucido

“Sogno o son desto?” chi non ha mai sentito questa massima attribuita alle volte a Cartesio, altre a Shakespeare? Se ci si cimenta a  svolgere una piccola ricerca su Google uno dei primi risultati sarà la trasposizione televisiva di uno spettacolo di Massimo Ranieri  chiamato “Sogno e son desto”. Questa ultima citazione, che differisce dalla prima per la congiunzione, ci porta a porre una domanda: è possibile sognare ed essere svegli allo stesso tempo? All’incirca sì!

Non stiamo parlando del sognare ad occhi aperti esplicato nell’inglesismo “daydreaming”, ma di una pratica apparentemente recente o perlopiù lo è nel mondo occidentale, perché in verità è esercitata da oltre mille anni dalla scuola vajrayana del buddhismo tibetano: il sogno lucido. 

Per sogno lucido non ci si riferisce ad un sogno vivido che sembra reale, per quanto il termine “lucido” possa essere fuorviante, ma si parla di un’esperienza onirica in cui il sognatore non è puramente spettatore, ma “marinaio” consapevole, anzitutto di star sognando e poi di poter usare il timone a proprio piacimento. A primo impatto potrebbe apparire come una tecnica superflua, un fanatico capriccio, ma in verità apporta molteplici benefici. 

Partiamo dalla cognizione che ogni individuo passa almeno 30 anni della propria vita dormendo; può risultare del tempo sprecato o non completamente perché, checché se ne dica, ci dona riposo, ma se ti dicessi che potresti impiegare quel tempo per allenare la tua coscienza su vari aspetti, dall’intellettuale, all’emotivo, arrivando addirittura a quello fisico? 

Se ne sei ancora diffidente non preoccuparti: la scienza ha fatto lo stesso, tant’è che ha riconosciuto tale pratica solo poco più di quarant’anni fa. Il pioniere del sogno lucido è stato lo studioso e sognatore lucido LaBerge, il quale riuscì a far pubblicare i suoi studi e le sue scoperte su una rivista scientifica nel 1981, ma il primo a dimostrare scientificamente queste tecniche fu lo psicologo Keith Hearne. Hearne chiese ad un lucid dreamer di muovere lentamente i suoi occhi seguendo una linea orizzontale durante una sessione di sogni lucidi, mentre un macchinario registrava i movimenti oculari e un EGG (Elettroencefalogramma) rivelava l’attività del suo cervello. Fu scelto questo metodo perché gli occhi e il sistema respiratorio sono le uniche parti del corpo non paralizzate durante il sogno; il movimento specifico degli occhi serviva per distinguerlo da quello rapido e rotatorio tipico della fase REM (appunto Rapid eye movement, movimento oculare veloce). Così una mattina del 1975 lo psicologo riuscì ad ottenere la prova da mostrare ai suoi scettici colleghi. 

Charlie Morley afferma nel suo libro “Sogni di risveglio” che “come ogni altra forma di addestramento della mente, lo scopo è quello di essere più vigili e coscienti, di disattivare il pilota automatico (…) per diventare consapevoli della vita stessa. Sognare lucidamente significa vivere lucidamente.” In effetti anche nella vita “da svegli”, come risulta da uno studio dell’Università di Harvard, è stato constatato che per il 47% del tempo non siamo consapevoli e non prestiamo attenzione all’ambiente circostante. Con la tecnica del sogno lucido abituiamo la mente ad essere più presente e attenta del solito anche durante il giorno.

Chi ha la possibilità di riuscire in questa pratica? La risposta è semplice: chiunque! Esattamente! Con lo studio e l’esercitazione ognuno di noi ha la capacità di riuscirci e progredire. 

Il sogno lucido può essere usato per uscire da una dipendenza (come l’uso dell’ipnosi) perché si entra in un collegamento profondo col proprio inconscio; alcuni atleti lo hanno utilizzato per migliorare nel loro sport; possono essere superate le fobie, accrescere la creatività! Su questo punto è meglio imbattersi, sia perché le persone creative riescono di più nella pratica dei lucid dreams, ma anche perché è stato impiegato e lo è tutt’ora soprattutto da artisti di vario tipo. Scrittori, registi, musicisti, pittori; visualizzare e creare in un sogno lucido è estremamente semplice e stimolante perché non vi sono limitazioni. Se posso permettermi una licenza, secondo il mio modesto parere è plausibile che lo stesso Dante Alighieri abbia costruito la Divina Commedia come onironauta. 

Onironauta perché un sognatore lucido, come un astronauta, può viaggiare nell’universo e addirittura andare oltre lo stesso.

Esistono varie metodologie a disposizione per chi voglia cimentarsi e avere una connessione col proprio inconscio, però il primo passo è riuscire ad avere consapevolezza del sogno. Per avere successo si possono adoperare dei test di realtà: guardarsi più volte le mani per confermarne la nitidezza, leggere un testo scritto ed accertarsi che le parole non cambino, leggere l’ora su un orologio, cercare un segnale, un oggetto bizzarro, strano. Per allenarsi è importante ripetere queste azioni durante la giornata. Un buon espediente è domandarsi spesso se si è in un sogno nel periodo di veglia; ci aiuterà a riproporci la domanda quando saremo fra le braccia di Morfeo. Svegliarsi più volte, annotare i propri sogni per ricordarli e ancora tanti altri sono i metodi usufruibili.

Introducendo l’argomento è stato citato il buddhismo tibetano, precursore di questa metodologia di meditazione, nonostante lo yoga del sogno vada decisamente oltre la nozione del sogno lucido attribuita in occidente; è impiegato per integrare elementi dell’inconscio e tentare di raggiungere l’illuminazione.

Giungendo alla conclusione di questa infarinatura superficiale di un tema così intenso e ricco, sento il dovere di spiegare la mia intromissione tramite un’esperienza personale. 

Pochi anni fa assistendo a una conversazione sui sogni e sui sogni lucidi mi trovai in una posizione alquanto singolare: non avevo mai sentito parlare dell’argomento, ma mi sembrava un qualcosa che non avesse nulla di stravagante. Così, dopo alcune ricerche scoprii di essere una lucid dreamer. Vivevo con la convinzione che chiunque riuscisse a capire di essere in un sogno, saltare da un immaginario ad un altro, gestire le proprie azioni, svegliarsi e decidere di continuare lo scenario e quindi riaddormentarsi. Per addormentarmi inizio a costruire il sogno e lo continuo dopo essermi assopita, poi al mattino inizio a raccontare i minimi dettagli di 5 sogni differenti e di come li ho trasformati a mio piacimento. Per un periodo iniziai a ricercare se vi potesse essere una particolare patologia per chi sognasse troppo! Un ricordo riaffiora intorno agli 11 anni, quando decisi di pizzicarmi durante un sogno perché gli accadimenti mi sembravano impossibili; tutto ciò è frutto della frase quotidianamente usata per esprimere l’incredulità di un avvenimento. 

Dopo questa scoperta sono nati curiosità e fascino nei confronti di questa tecnica, che qui sto tentando di trasmettere a qualche possibile interessato.

Non resta che augurare degli ottimi (e consapevoli) sogni a tutti!

Anna Chiara Paolino

Illustrazione di Ilaria Longobardi (dallamiap.arte)

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