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Sono passati ben 77 anni da quel 25 aprile 1945, eppure ancora in molti (non solo bambini) si chiedono cosa si festeggia oggi. A questa domanda sapranno rispondere, non senza un velo di commozione, tanti nostri antenati che quel giorno poterono finalmente gioire dopo anni di guerra. Già, perché quel 25 aprile segnò la cacciata dei nazifascisti dal territorio italiano in seguito alla liberazione dell’ultima grande città italiana ancora alle prese con scampoli di frustrazione dittatoriali. Quella città era Milano, sede del comando partigiano; sì, proprio di quel movimento di Resistenza che ha permesso ai nostri nonni di poter costruire il futuro, ai nostri padri e alle nostre madri di darci la vita e a noi di essere qui oggi a dire ancora una volta GRAZIE, semplicemente questo.

Eppure, spesso ricordando il 25 aprile si fa confusione tra due termini apparentemente simili: liberazione e libertà. Come recita il calendario, oggi è il giorno della liberazione dell’Italia. Il che evidenzia una condizione di recuperata indipendenza rispetto ad un soggetto che ci opprimeva. Quel 25 aprile però non abbiamo automaticamente conquistato anche la libertà. Questa, se ci ragioniamo un attimo, è una sorta di causa ed effetto di uno Stato democratico. Tra i principi fondanti di quest’ultimo c’è proprio la facoltà di ogni individuo di essere libero. Una prerogativa che si estende chiaramente dall’individuo singolo alla collettività. Ma per far sì che la libertà si esprima alla massima potenza (e qui sta il punto di dissonanza rispetto al concetto di liberazione) non c’è bisogno di svincolarsi da qualcuno che ci opprime, che ci impedisce di essere liberi.

In poche parole, la liberazione è sempre di parte, la libertà invece è universale.

Quel 25 aprile noi italiani ci liberammo dal nostro oppressore nazi-fascista, ma non fummo per questo liberi. La nostra libertà, semmai, venne sancita definitivamente il 1° gennaio 1948, data in cui entrò in vigore la Costituzione repubblicana e, se vogliamo, ancora prima, il 2 giugno 1946 quando scegliemmo di non essere più sudditi (quindi in qualche maniera sempre oppressi) ma cittadini. Vero è che qualcuno potrebbe controbattere sostenendo che anche sotto una Repubblica in definitiva c’è stato e c’è ancora chi ci tiene sotto scacco non rendendoci realmente liberi. Riflessione più che giusta e che ci porta a questo punto in una sorta di dimensione pessimistica da far invidia persino a Leopardi!

In effetti, la libertà, quella vera, nessuno di noi l’ha mai raggiunta né, a ben vedere, potrà mai ottenerla. La storia del mondo gira sempre attorno all’eterna lotta tra “il pesce grande e il pesce piccolo” ed è implicito che il primo mangerà, o almeno cercherà sempre di farlo, il secondo.

Morale della favola: avremo sempre chi ci opprimerà? Sicuramente, qui in Italia (e diciamo pure fortunatamente), non nelle forme dei totalitarismi dei primi decenni del Novecento. Ma è altrettanto vero che una festa della libertà non potremo mai viverla, è contro natura.

In questo 25 aprile ciò che possiamo fare è ancora una volta ringraziare chi ci ha permesso di liberarci dalla tirannia e ci ha offerto una parvenza di libertà, una bella illusione che ci permette comunque di vivere nel senso più vicino possibile all’essenza del termine. Quest’anno, poi, come italiani c’è da festeggiare ancora di più, facendo ancora più rumore, sperando che l’eco arrivi ai confini d’Europa, dove qualcun altro sta combattendo sognando il proprio “25 aprile”.

Felice Marcantonio

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