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Dove eravamo rimasti? Prendo umilmente in prestito una frase del maestro Enzo Tortora perché, in effetti, è passato un po’ di tempo dall’ultimo incontro che ha offerto (almeno questo è l’auspicio) spunti di riflessione. Non è facile trovare storie che possano essere in qualche modo “terapeutiche”. Nei giorni scorsi, però, il sottoscritto ha avuto il piacere di intervistare una giovane cantautrice, la quale ha scelto di condividere con noi la propria esperienza. Lei si chiama Serena Ionta, meglio nota come Serepocaiontas, e rappresenta un evidente esempio di come, perseverando, si possa effettivamente riuscire a far coincidere una passione con il proprio lavoro.

Personalmente tenevo in maniera particolare a questo incontro. La voce leggiadra di Serena e le melodie “serene” che caratterizzano la sua musica, infatti, regalano sani momenti di “evasione” da un mondo che si è abituato, purtroppo, ad urlare. Condivido tra le righe che seguono la chiacchierata in questione e mi auguro che tante “voci” possano trovare tra queste parole quelle giuste per coltivare i propri sogni.

Serena, la tua passione è naturalmente la musica. Ci racconti come è nata in te (se la custodisci in realtà da sempre) e come l’hai coltivata negli anni?

Vi confesso che il mio percorso non è stato lineare. A 7 anni ho iniziato ad approcciarmi alla chitarra classica, ma tutt’ora non mi ritengo di certo una virtuosa. Successivamente mi sono concentrata sulla mia voce, dapprima seguendo lezioni di canto pop per poi scoprire il mondo del jazz, di cui mi sono innamorata. Premetto comunque che fino a pochi anni fa non mi aspettavo di fare della musica il mio lavoro. Basti pensare che i miei studi riguardano tutt’altro e la mia prima occupazione è stata nel settore del digital marketing. Nel frattempo, però, non ho mai messo totalmente da parte il mio sogno nel cassetto, anzi. Ho scoperto un strumento che ha da subito rapito la mia attenzione: l’ukulele. Essendo non così complicato da suonare ho iniziato a farci pratica, se non altro per evadere dalla solita routine. Poi, nel periodo del covid, ho esplorato il mondo dei social creando dei brevi tutorial di ukulele, nonché diverse cover. La gente era effettivamente colpita dai miei video musicali ed è proprio così che sono riuscita a crearmi la mia “base” di pubblico. Riflettendo posso dire che in fondo avevo tutto dentro di me e che tutto è arrivato in maniera inaspettata, proprio come un dono.

Constatando il forte “sodalizio” tra te e l’ukulele e venendo a conoscenza del fatto che ne possiedi diversi, possiamo definirti una “collezionista di professione”/ “accumulatrice seriale”?

No, in realtà non mi definirei in questi termini. La maggior parte degli ukulele che possiedo mi sono stati regalati. In particolare ce n’è uno che custodisco gelosamente; me l’ha donato il mio produttore ed è stato realizzato a mano da un maestro liutaio.

Ponendo l’accento proprio sul lockdown, in molti in quel brutto periodo hanno trovato la spinta per risollevarsi, per rinnovarsi e per emergere. Per te, difatti, quando si sono “riaperte le porte” è iniziata la vera carriera musicale. Hai pubblicato i tuoi primi singoli, sei stata protagonista di importanti collaborazioni con autentici “colossi” quali Leonardo Pieraccioni, Walter Veltroni, Gabriele Muccino. Poi è arrivata la chiamata di Fiorello per il suo show “VivaRai2”. Per te è stata questa la vera svolta?

Sì, assolutamente. L’esperienza televisiva mi ha dato e mi da’ tanto. Non ho esitato un attimo a prendere questo treno. A tal proposito vi racconto l’incredulità del momento in cui Fiorello in persona mi mandò un messaggio su Instagram per chiedermi di entrare nel cast del suo nuovo programma. Metabolizzato il tutto sono andata in ufficio dal mio capo e gli ho comunicato la volontà di cambiare, difatti, vita. In effetti è stato un vero shock, sia in senso positivo che negativo. Un occhio esterno è infatti portato ad analizzare solo gli aspetti più belli che una grande esperienza come questa porta inevitabilmente con sé. Ma c’è anche tanto altro; io mi sono praticamente trovata a dover cambiare molto nella quotidianità (il trasferimento in un’altra città, l’allontanamento dagli affetti più cari, la solitudine). Ho iniziato anche ad andare in analisi per curare il mio benessere mentale (mi ha aiutato molto e lo consiglio a tutti). Questi “sacrifici” però fanno parte del gioco. Posso dire che ne è valsa la pena perché mi sono da subito sentita parte di qualcosa di grande e di un mondo che mi rispecchia maggiormente. “VivaRai2” è stato insomma lo scossone di cui avevo bisogno.

Facendo quindi un salto nella tua carriera discografica, è da poco uscito il tuo nuovo singolo dal titolo “Liquirizia e nostalgia”. Ci racconti la genesi di questo brano e di cosa parla?

Faccio una premessa; sono consapevole del fatto che questa sia una canzone molto personale e che forse rimarrà solo per me stessa, ma d’altro canto avevo bisogno di pubblicarla. L’ho scritta di getto in un singolo pomeriggio e non l’ho più cambiata. Sostanzialmente il brano affronta la fine di una convivenza, di una storia d’amore che mi faceva sentire non a casa mia ma di qualcun altro (“mi sento a casa tua”, per l’appunto). Non intendo però rinnegare ciò che è stato, anzi. Semplicemente rifletto su quanto è successo in senso autocritico.

Ascoltando la canzone si percepisce un senso di straniamento, lo stesso che si presenta in altri tuoi brani (come nel primo singolo “Limonata”). Immagino sia una scelta voluta…

Assolutamente sì. Mi affido spesso all’ironia e al sarcasmo per attenuare l'”amaro” dei contenuti. “Liquirizia e nostalgia” è un brano contorto, leggero all’ascolto ma che difatti attraverso frizzanti sonorità recuperate dalla musica francese anni ’60 cerca di smorzare la serietà della vicenda narrata. La frase che chiude il ritornello, “che bella notizia vado via”, credo sia l’esempio lampante del mio intento.

Tornando al punto di partenza della nostra chiacchierata, la passione per la musica è stata così forte da spingerti a far sentire chiaramente la tua “voce”. Cosa senti di poter consigliare ai tanti che ad oggi, per i più disparati motivi, non riescono ad esprimersi come vorrebbero?

A queste “voci” inespresse dico: “Trovate il coraggio di iniziare!”. Spesso non lo facciamo perché ci sentiamo giudicati dai troppi “leoni da tastiera”, ma bisogna imparare a fregarsene! Tutti abbiamo il diritto di inseguire i nostri sogni e di provare a realizzarli. Trovata la giusta “chiave” poi si va avanti facilmente. L’importante è essere sempre sé stessi perché quando qualcosa non è spontaneo la gente lo percepisce e, allo stesso modo, si nota sempre quando ciò che si fa viene dal cuore.

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