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Non di rado si ripete una frase amara che recita più o meno così: “Le leggi ci sono ma non vengono applicate“. A volte questa affermazione diventa una pratica “da pappagallo”, in altri casi rispecchia semplicemente la realtà, nuda e cruda. Nel caso specifico, quando si parla di razzismo tra il dire e il fare c’è di mezzo un mare immenso.

Razzismo in Italia

Concentriamoci in particolare sul tema razzismo in Italia (è sempre buona norma guardare prima al proprio orto). La nostra Costituzione, all’articolo 3 stabilisce che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali“.

Tradotto, sin dagli albori la nostra Repubblica condanna ogni forma di razzismo. Principio ulteriormente rafforzato e stabilito, badate bene al termine, per legge dalla Convenzione di New York nel 1966 (convertita dal Parlamento di Roma in “legge Reale“) e successivamente ribadito con altre modifiche dalla “legge Mancino” del 1993.

Con questi provvedimenti si è preso l’impegno di eliminare nel tempo ogni fenomeno discriminatorio attraverso una corretta e specifica educazione culturale cui affiancare pene da infliggere ai responsabili di azioni razziste.

Ebbene, è proprio questo secondo aspetto che ad oggi viene ancora ignorato. Periodicamente, nel vivere quotidiano si assiste ad episodi decisamente infelici, volti a porre differenze tra gli individui o addirittura ad ostentare il proprio credo intollerante.

Ne abbiamo esempi negativi nelle scuole, come negli stadi, in TV e in generale in tutti gli spazi di condivisione dove dovrebbe essere la pluralità di esperienze, la diversità, il punto di contatto. Invece, siamo alla costante ricerca di uno scontro con gli altri.

Dalle parole ai fatti

Se è vero che il cambiamento parte sempre dalla cultura, essa comprende anche la legge. Questa, scritta in maniera esemplare da illustri connazionali quando ancora le ferite della guerra erano visibilmente aperte, non può restare un cimelio da esibire ma va applicata nel concreto perché è solo in questo modo che si forniscono alla società esempi positivi.

C’è una frase pronunciata dal cardinale Richelieu in un contesto storico lontano cronologicamente ed ideologicamente dal mondo di oggi, ma che risulta perfettamente adattabile all’argomento della nostra trattazione. Egli così si pronunciava a proposito delle leggi: “Fare una legge e non farla rispettare equivale ad autorizzare la cosa che si vuol proibire“.

Su questo chi ha l’onere di emettere condanne dovrebbe riflettere a lungo e soprattutto in virtù ed in funzione di ciò agire. Lo si deve all’Italia, quella rimasta solo su carta dal dicembre 1947.

Felice Marcantonio

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