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Ma rispettano la Costituzione?


Dal 31 ottobre scorso in Italia è previsto uno specifico reato per “l’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”, l’articolo 434 bis del Codice penale. Una norma che in sostanza anche senza citarne il nome mira a punire l’organizzazione e la partecipazione ai “Rave Party”.

L’Istituto Treccani definisce il Rave Party come “Grande raduno di giovani, notturno, per lo più clandestino e di carattere trasgressivo, la cui ubicazione viene generalmente resa nota solo poche ore prima dell’inizio della festa, per evitare possibili interventi delle forze dell’ordine. Si svolge all’aperto o in locali adatti ad accogliere migliaia di persone, che ballano e ascoltano musica elettronica, house o techno ad altissimo volume, e che spesso fanno uso di sostanze stupefacenti.”

Decreto Anti Rave party: è polemica

Questa scelta ha destato molte polemiche trattandosi, non a caso, del primo provvedimento del Governo Meloni dopo i fatti di Modena del 31 ottobre scorso, dove migliaia di giovani proveniente da tutta Europa hanno partecipato ad un evento non autorizzato dalle autorità in un’area privata e abbandonata, con notevoli rischi per l’incolumità dei partecipanti. L’articolo 434 bis prevede la reclusione da tre a sei anni e la multa da euro 1.000 a euro 10.000; inoltre è “sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma nonché di quelle utilizzate nei medesimi casi per realizzare le finalità dell’occupazione”. Si parla in sintesi di carcere, di misure di prevenzioni personali previste dal codice Antimafia e di possibilità di acquisire di chat e intercettazioni dei presunti organizzatori (se disposto dal Gip).
 
Secondo molti giuristi, infatti, tale decreto risulterebbe molto “vago” e ciò consentirebbe di applicarlo anche a situazioni diverse dai rave party, come ad esempio raduni e manifestazioni. Questo perché il decreto parla di “raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. I tecnici del Viminale hanno sin da subito assicurato che l’applicazione di tale legge non avrebbe nulla a che vedere con raduni del genere, ma solo alla fattispecie del rave.

In particolare, il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha definito “offensivo attribuirci la volontà di intervenire in altri contesto, [….]. L’obiettivo di queste norme è allinearsi alla legislazione degli altri paesi europei.

Ma è davvero così?

Secondo comparazioni con gli altri Paesi europei, infatti, si vede come solo in Italia si rischierebbero ben sei anni per una festa. Infatti la situazione in Europa appare molto disparata, con una precisa regolamentazione per l’organizzazione di questo tipo di eventi:

In Francia è consentito per le forze di polizia l’uso della forza nel caso di raduni non autorizzati o vietati, gli organizzatori sono puniti con la reclusione fino a 6 mesi e 4500 euro di ammenda, i partecipanti penalmente perseguibili invece.

Mentre in Gran Bretagna le multe possono arrivare addirittura a 20000 sterline per l’organizzazione di queste feste illegali.

Per la Spagna, Olanda e Belgio sono previste sanzioni e interventi delle autorità nei casi in cui i partecipanti dei rave commettano reati inerenti salute pubblica, possesso e traffico di sostanze stupefacenti e la violazione della proprietà privata.

Invece in Germania la cultura dei rave party è molto radicata e per questo motivo vi è l’obiettivo delle autorità di renderli legali e favorendone l’organizzazione nel rispetto delle regole.

Si evince, dunque, che le dichiarazioni del Ministro non siano propriamente vere. Infatti, non si può in alcun modo assicurare che tale decreto non si possa applicare anche ad altri raduni. Si tratta di un decreto troppo vago e risulta comprensibile il timore delle persone…

Modifica prevista per il decreto anti Rave party

Proprio oggi un emendamento di maggioranza cambierà il decreto anti rave del governo. La pena, infatti, subirà un lieve ritocco per far sì che “esca” dal perimetro di applicazione di intercettazioni. Si abbasserebbe, dunque, a cinque anni ed è probabile anche che vi sia una modifica al numero dei partecipanti previsti per far scattare la pena. (Fonte: Il Messaggero)

Ma la domanda che sorge, dopo questa riflessione, rimane comunque: era davvero così necessaria?

E ancora, qual è l’efficacia di questa norma se piuttosto che regolamentare e rendere questi eventi sicuri, li si vietano direttamente?

Carmela Fusco

One response

  1. Primo provvedimento di questo governo, un timbro alla loro identità politica, un marchio alla soppressione della libertà.
    Non ho mai partecipato a questi eventi, non per la gente che vi partecipa, non perché solitamente circola droga, perché si ascolta musica che non è il mio genere. Nonostante tutto, concordo, questi eventi devono essere regolamentati, legalizzati, gestiti da organizzazioni riconosciute. Saranno così più sicuri, la droga circolerebbe comunque, almeno quelle leggere, come ai concerti. LEGALIZE

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