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La musica come incontro di culture

E’ il 1948, sono passati pochi mesi dalla ripartizione dei territori della Palestina ordinata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Migliaia di Palestinesi fuggono da Giaffa, città appartenente al distretto di Tel Aviv, famosa per essere uno dei porti più antichi del mondo, ma che in quegli anni diventa uno dei simboli della divisione tra la cultura ebraica e musulmana.
La famiglia Salameh discende dalla famosa tribù Quraysh, la stessa a cui apparteneva Maometto in persona, ma la guerra colpisce tutti, indistintamente. Così i protagonisti di questo racconto si vedono privati della loro terra dalle milizie israeliane, fuggono in Libano e costruiscono una nuova vita nel quartiere cristiano di Tripoli.

Nabil Salameh studia in un collegio greco-ortodosso, si trasferisce dapprima a Bucarest e successivamente a Bari, dove studia ingegneria elettronica, intraprendendo parallelamente alla carriera musicale, quella di giornalista inviato per Al Jazeera.

È destino che una figura così interculturale come Nabil si ritrovi nella città del celebre San Nicola, famoso per essere un’icona molto diffusa nel mondo occidentale e orientale, città che qualche anno dopo divenne simbolo di accoglienza in seguito allo sbarco di circa ventimila albanesi in fuga da condizioni di vita disumane.

Negli anni dell’Università conosce Michele Lobaccaro e insieme a lui un collettivo di ragazzi accomunati da una forte identità musicale e soprattutto dalla curiosità nei confronti di qualunque influenza e sperimentazione, in particolare quelle provenienti dalle popolazioni del mediterraneo, oltre che dalla musica folkloristica del Sud Italia.

Al Darawish, “Gente semplice” è il nome utilizzato da questi giovani musicisti, i quali ottengono il loro primo concerto alla festa dell’Unità del 1988 a Bari.
Il repertorio è inizialmente composto di dieci cover, ma gli addetti ai lavori capiscono subito che gli Al Darawish scriveranno una pagina importante, probabilmente la prima, nel panorama della World Music in Italia partecipando a vari festival e incidendo due dischi composti da canzoni prevalentemente in arabo, tra cui spicca la struggente Rosa di Turi, tratta dalle lettere di Antonio Gramsci scritte durante il suo periodo di prigionia proprio nella suddetta cittadina.

In una recente intervista Nabil e Michele ricordano l’apporto fondamentale del percussionista del gruppo e amico Rocco Draicchio, proveniente dal Gargano e fondatore di uno dei festival di musica popolare più famosi del Sud Italia.
In seguito allo scioglimento del gruppo, Salameh e Lobaccaro continuano la loro carriera musicale sotto il nome di Radiodervish, proseguendo l’operazione di ricerca e contaminazione tra le culture musicali mediterranee.
Lo fanno attraverso l’uso di testi scritti in diverse lingue come l’italiano, l’inglese, il francese e l’arabo, mutando continuamente negli anni l’organico strumentale e muovendosi in atmosfere occidentali e mediorientali, dal pop al folk, fino addirittura ad abbracciare la tradizione bandistica pugliese e la musica sinfonica.
Lingua contro lingua, album d’esordio sotto il nome Radiodervish risale al 1998 e viene prodotto da due autorità come Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni.

Tanti i brani di spicco che è necessario nominare, da Centro del Mundo a L’Esigenza, toccando la letteratura italiana con Tancredi e Clorinda, quella persiana rappresentata da Farīd al-Dīn ʿAṭṭār con il concept album In search of Simurgh, omaggiando autori come Domenico Modugno con Amara Terra Mia e cantautori meno blasonati come Matteo Salvatore con la cover de Il Lamento dei Mendicanti.
Commovente il singolo contenuto in Human, Velo Di Sposa, ispirato dall’attivista Pippa Bacca, scomparsa tragicamente durante un simbolico viaggio in autostop, vestita da sposa, attraverso undici paesi colpiti dalla fame e dalla guerra.

Nel 2019, con la partecipazione alle chitarre di Massimo Zamboni, viene pubblicata Giorni Senza Memoria, un invito a mantenere viva la memoria collettiva di tutte le stragi compiute nel corso della storia nei confronti delle minoranze, dai massacri per la conquista del Nuovo Mondo passando per lo sterminio degli armeni e il genocidio degli ebrei nei campi di concentramento nazisti, per uscire fuori da una visione spesso troppo distaccata dagli orrori che affliggono ancora il nostro tempo.


Antonio Montecalvo

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