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Negli ultimi anni si è sviluppata la tendenza a dare un’unica giustificazione di fronte agli
innumerevoli casi di malattia che vengono diagnosticati, attribuendone la causa al fattore casuale e\o temporale, sminuendo la questione con un «È capitato», davvero riduttivo.
In realtà vi sono tantissimi fattori biologici, chimici e fisici che incidono sullo stato di salute delle persone che spesso non vengono presi in considerazione; questi rappresentano una determinata condizione che risulta essere statisticamente associata ad una malattia, sia contribuendo nella sua patogenesi sia accelerandone il decorso. Alcuni dei fattori sottovalutati nel quadro generale di una diagnosi sono il livello di istruzione, la mancanza di lavoro, il tipo di abitazione e la classe sociale. Di alcuni di essi non si conosce la capacità di incidenza nella nostra vita.
Un esempio è quello dell’alimentazione: se non adeguatamente curata, costituisce il 30% di rischio di sviluppare il cancro, tanto quanto il tabagismo, fattore ormai noto.  
Ancora una volta, l’uomo è artefice della propria condizione senza esserne sufficientemente consapevole.

Già Ippocrate nel 400 a. C aveva affermato: «Chi non si occuperà della propria salute, dovrà prima o poi occuparsi della malattia», un suggerimento di non poco conto.  La prevenzione, nel senso stretto dell’etimologia, indica un momento antecedente alla malattia; definizione apparentemente banale, ma riflettendoci, si riferisce ad un periodo così lungo che risulta difficoltoso seguirne le
norme consigliate; inoltre, influisce anche il problema della disinformazione. In passato, anche in ambito scientifico si ricadeva nello stesso errore: attribuire ad una malattia una causa specifica, come accadde per i postulati di Kock. Oggi quei principi non sono più accettabili, neppure per alcune malattie infettive che, in genere, sono distinte proprio per essere provocate da una causa
univoca, come nel caso dello specifico virus.
Giunti al riconoscimento di un’eziologia multipla, è inevitabile la difficoltà nell’individuare la diagnosi: in effetti risultava molto più semplice associare una malattia ad una causa specifica.
Anche le malattie trasmesse geneticamente risultano essere provocate da un’interazione tra fattore ambientate e gene stesso, «Non di rado, comuni patologie che hanno esordio nell’età adulta derivano da una complessa interazione tra geni ed ambiente» (Feinberg, 2006).

In più, occorre sottolineare che dal XVIII secolo al XXI secolo vi è stata una transizione
epidemiologica verso le malattie cronico-degenerative (Alzheimer, tumori, malattie cardiovascolari, dismetaboliche, mentali) rispetto a quelle infettive.
Ciò accentua ancor di più quanto sia importante la presa di coscienza di fronte ai vari fattori di rischio.

Cos’è, quindi, la prevenzione?
Essa non è altro che “l’insieme di atti finalizzati ad eradicare o ad eliminare le malattie e la disabilità o a minimizzare il loro impatto.” È articolata in tre livelli:

Prevenzione primaria: è l’allontanamento dei fattori di rischio e quindi consiste nella possibilità di evitare l’inizio di una malattia. Rappresenta la promozione e il mantenimento della salute attraverso
interventi individuali effettuati sulla popolazione sana. In questo caso si fa riferimento, ad esempio, all’educazione sanitaria o alle vaccinazioni. Essa permette una riduzione dell’incidenza, ovvero
l’insorgenza di nuovi casi. Purtroppo la popolazione tende a non seguire costantemente determinate norme di tipo ambientale e comportamentale (dal lavaggio delle mani, al limitare il consumo di
alcol e droghe, dalle disinfestazioni alle profilassi).  Questo tipo di prevenzione è impattante soprattutto per prevenire determinate malattie come nel caso del tumore ai polmoni che rappresenta
la neoplasia con maggior tasso di incidenza nel mondo. Con il 90% di fattori di rischio, l’unica forma di prevenzione è la primaria e consiste essenzialmente nell’evitare il fumo di sigaretta, anche passivo. Un altro supporto importante è dato dalla vaccinazione che ricopre un ruolo essenziale,
spesso non compreso. Vaccini realizzati contro specifici virus risultano importantissimi poiché moltissimi di questi possono contribuire alla patogenesi di alcuni tumori umani. Un esempio può essere rappresentato dal virus dell’epatite B, il quale, andando a parassitare l’epatica (cellula del fegato), ne va a modificare la funzioni fisiologiche fino a indurre una trasformazione neoplastica (portando cirrosi e poi epatocarcinoma). Per l’epatite B c’è infatti l’obbligo vaccinale.

Prevenzione secondaria è l’identificazione della malattia nel momento in cui è ancora asintomatica.
Rappresenta l’attuazione di misure per l’identificazione precoce delle malattie o della condizione di rischio con l’immediato intervento terapeutico per interromperne o rallentare il decorso. Essa permette una riduzione della prevalenza di una malattia (somma di vecchi e nuovi casi).
Lo Screening è il procedimento che consente di identificare soggetti sani o che non sanno di essere malati o soggetti ad alta probabilità di essere malati o portatori.  È rappresentato da una organizzazione centrale che chiama la popolazione sana o asintomatica ad un controllo specifico ed ha come scopo la riduzione della mortalità, la guarigione e il miglioramento della qualità della vita.
L’adesione è volontaria. È di notevole importanza poiché permette l’anticipazione diagnostica (lead time) di molte malattie. Inoltre, individuando una determinata malattia nei primi stadi è possibile aumentare la percentuale di guarigione. Questa immagine ne rappresenta il significato.

Il tempo di latenza rappresenta la prima fase di una malattia, quando non vi è ancora la
manifestazione dei sintomi ed è in questo momento che la prevenzione secondaria (screening) gioca il suo ruolo.
Il primo screening (in fig.) è detto apparente poiché inevitabilmente deve considerare anche i casi più avanzati (quelle persone che saranno già nella fase terminale della malattia) e non solo quelli precoci, mentre il secondo screening, non contando i casi avanzati, considera solo i precoci.
In questo caso, il tempo di latenza (asintomaticità) sarà breve e precoce, con un guadagno del tempo di sopravvivenza che porterà ad un aumento della speranza di vita.
I test più comuni di screening risultano i seguenti e attribuiti alle più frequenti forme di tumori:

La mammografia, la quale risulta essere biennale per le donne dai 50 ai 69 anni di età (tranne per alcune regioni in cui viene effettuata prima, ragione legata fattori ambientali e statistici).  Viene effettuata per prevenire il cancro alla mammella, il quale è causa di morte del 14% delle donne,
rappresentando il 25% dei casi di cancro femminile.  Le statistiche ci indicano che il 100% delle donne che risiedono al Nord effettua lo screening, al sud è evidente una percentuale del 77%. Tale dislivello è dovuto alla minore informazione (pari solo al 33%). 


Il pap test è invece triennale per le donne dai 25 ai 64 anni, essendo un tumore più frequente in età giovanile.  Lo si effettua per la prevenzione del cancro alla cervice uterina, la parte esterna dell’utero. Le statistiche ci indicano i controlli rivolti a questo tumore, riescono a raggiungere risultati notevoli. Nel momento dell’invasione da HPV, compaiono le prime anomalie cellulari e nel caso dello screening sono evidenti le lesioni squamose sin dal basso grado; di conseguenza si può
prevenire prima della comparsa del carcinoma. 


L’HPV test, simile al pap test, è una modalità di screening recente ed innovativa, che risulta avere una periodicità più lunga rispetto al pap test.  Nel sud Italia, circa il 31% delle donne ha effettuato il
pap test all’interno dei programmi di screening.
Riguardo il colon retto, è possibile effettuare la ricerca del sangue occulto nelle feci. È un test biennale e rivolto agli individui sopra i 50 anni di età; la frequenza è del 14% per gli uomini e del 12% per le donne. Anche in questo caso, la prevenzione secondaria avrà ottimi risultati, dovuti al fatto che questo tumore è caratterizzato da crescita lenta.

E per le malattie come l’HIV c’è prevenzione?
L’infezione da HIV a trasmissione parentale (mediante sangue, liquido seminale, vaginale)
distrugge progressivamente alcuni tipi di globuli bianchi del sangue (linfociti CD4+- helper). Questi sono importanti per la nostra risposta immunitaria, aiutando a difendere il nostro organismo da cellule estranee e patogeni.  Essendo un virus molto variabile, non è possibile realizzare un vaccino.
L’infezione, al contrario di quanto si pensi, non provoca necessariamente AIDS che ne rappresenta l’ultimo stadio, con lo sviluppo di infezioni opportunistiche e tumori. Prima di arrivare a questo punto, è possibile controllare l’HIV con una terapia chiamata antiretrovirale. Anche se di solito può
arrestare la progressione del virus, il trattamento è più efficace se iniziato il prima possibile. Di conseguenza, la diagnosi ed il trattamento precoce ne impediscono la trasmissione ad altre persone.

L’OSSERVATORIO NAZIONALE SCREENING

L’Osservatorio nazionale screening (Ons) è nato da gruppi di operatori dei programmi di screening: Gisma (Gruppo italiano screening mammografico), Gisci (Gruppo italiano screening del cervico carcinoma), Giscor (Gruppo italiano screening tumori colorettali). Dal 2004 è diventato l’organo
tecnico per il monitoraggio e la promozione dei programmi di screening oncologico di riferimento delle Regioni e del ministero della Salute – Dipartimento della Prevenzione.  Su “salute.gov” sono indicate esattamente le percentuali riferite alle persone che, relativamente alle fasce di età indicate
per i rispettivi test, abbiano eseguito un esame a scopo preventivo per la diagnosi dei tumori. Ne affiora che il Sud Italia rappresenta una minoranza rispetto al Centro e al Nord. Lo stesso è sottolineato dalle testate de La repubblica e il Corriere della sera, in particolare riguardo il cancro
alla mammella si legge: «Ma è ancora evidente il divario tra i risultati del Nord e Centro Italia e quelli delle zone meridionali e insulari, dove i valori non riescono mai a raggiungere la soglia di accettabilità: solo il 41% delle donne risponde effettivamente all’invito ricevuto, rispetto al 63%
delle adesioni registrate al Nord. Nel Sud, quindi, non solo il numero degli inviti risulta inferiore, ma anche lì dove i programmi sono attivi le donne non li sfruttano, sebbene ci sia un aumento del tasso di adesione rispetto al biennio 2015-2016».

Prevenzione terziaria: rappresenta il momento in cui iniziano i sintomi ed è la prevenzione delle complicanze. Costituisce il momento della riabilitazione e della prevenzione delle complicanze di una malattia in atto e irreversibile. Si attuano tutte le misure mediche, sociali e psicologiche per ridurne danni e invalidità. 
Concludendo, questo excursus arriva ad essere una lotta contro il tempo di cui noi stessi risultiamo esserne i condottieri. L’atteggiamento individuale dovrebbe e deve essere attivo, e non passivo, nei confronti della propria salute, evitando di attribuire le cause del proprio malessere al caso.

Uno stile di vita equilibrato è la chiave del proprio benessere come affermato dal medico
Bernardino Ramazzini «niente di troppo» poiché «prevenire è di gran lunga meglio che curare».

Claudia Coccia

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