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La forza del gruppo secondo Mihajlovic, Nicola e Mourinho

L’ennesima dimostrazione che non sono solo 11 uomini che corrono dietro a un pallone.

Stagione sportiva terminata, tempo di bilanci ed analisi per addetti del settore e appassionati della domenica. Quest’anno il campionato italiano ha saputo regalare tante emozioni, con una lotta per la vittoria finale decisa all’ultima giornata come non accadeva da anni. Ma oggi non siamo qui per parlare di dati oggettivi, di trofei e punti conquistati, ma di tutt’altro. Parliamo di uomini di sport che hanno saputo emozionare tutti noi amanti del calcio attraverso la passione, l’impegno e il cuore messo non solo durante i 90 minuti di gioco.

Storie come queste fanno bene allo sport in generale, sono in netto contrasto con le scene di violenza che troppo spesso si vedono negli stadi, con le polemiche e le discussioni troppo accese di chi davanti alle telecamere dovrebbe dare il buon esempio. Oggi parliamo di uomini, prima che sportivi. Parliamo di Sinisa Mihaljovic, Davide Nicola e Josè Mourinho, allenatori rispettivamente di Bologna, Salernitana e Roma. Tre “comandanti” di uomini che grazie alla loro dedizione e lavoro giornaliero hanno ottenuto risultati eccezionali dentro e fuori dal campo.

Sinisa Mihajlovic, dopo aver combattuto contro la leucemia nel 2019, ha visto un ritorno della malattia che l’ha costretto a ricoverarsi presso l’ospedale Sant’Orsola di Bologna. Questo però non ha portato il tecnico ad abbandonare la squadra, anzi, ha rinsaldato il rapporto con i propri giocatori, i quali dopo un’importante vittoria ottenuta senza di lui in panchina a spronarli, sono andati sotto la camera di Sinisa a festeggiare insieme a lui, a far sentire come il gruppo fosse unito e legato al suo allenatore, facendogli capire che non fosse solo in questa battaglia: lui, d’altro canto, non ha mai abbandonato la squadra seguendola dalla camera d’ospedale e i giocatori l’hanno portato con loro in campo in ogni partita.

Davide Nicola invece ha compiuto un altro miracolo della sua carriera dopo la salvezza ottenuta con il Crotone nel 2017. Una storia molto particolare con una dedica al figlio Alessandro, scomparso tragicamente nel 2014, a cui aveva fatto un voto: quello di andare in bici da Crotone a Torino (promessa mantenuta). Anche questa volta ha ereditato un gruppo di calciatori probabilmente non adeguati alla categoria e non coeso, ma è riuscito lo stesso ad ottenere la permanenza in Serie A della sua squadra recuperando punti e facendo vedere un bel gioco. La sua è una vittoria di testa, di sacrificio e di passione, valori che ha trasmesso ai suoi uomini trasformandoli rispetto a qualche partita prima del suo arrivo. Un intervento il suo non tanto nella tecnica, ma nella morale, nella convinzione e nella fiducia che ha saputo infondere anche nelle varie conferenze stampa davanti ai giornalisti, rinnovando ogni volta la fiducia nei suoi giocatori e chiamando a raccolta i tifosi. E stavolta altra promessa: “Se la Salernitana si salva, vado a piedi dal Papa“, disse il giorno della presentazione ai media, lo scorso 15 febbraio, quando la squadra era a -12 dal primo posto utile per disputare anche nel 2022-2023 la serie A, ovvero il quart’ultimo posto. Obiettivo raggiunto anche stavolta. Adesso tocca al mister che sicuramente terrà fede alla promessa fatta.

Ultimo, ma non per importanza, è Josè Mourinho, il tecnico più famoso e blasonato tra i tre. Ritornato in Serie A dopo l’esperienza trionfale con l’Inter nel 2009/2010, l’allenatore portoghese ha ottenuto con la Roma una storica vittoria in Conference League, nuova competizione europea, emozionando tutti gli sportivi dopo la vittoria in semifinale con il Leicester. Si vede Josè in lacrime abbandonare il campo al fischio finale, emozionato per quell’impresa che con i suoi ragazzi giorno dopo giorno stava compiendo. La cosa che colpisce è che il mister portoghese ha ottenuto risultati molto più prestigiosi in carriera, ma questo per lui ha avuto un sapore particolare: è riuscito a creare un gruppo forte, con un’identità, con ogni giocatore pronto a lottare per il proprio compagno di squadra. Tanto sacrificio, tanta voglia di rivalsa e il tanto affetto della piazza di Roma hanno portato Josè ad essere talmente coinvolto e ad emozionarsi così tanto da portare a questa bellissima immagine di sport, quella che regala emozioni e gioie. Per la cronaca poi, la Roma questa competizione l’ha vinta e il mister a fine gara tra i festeggiamenti e i ringraziamenti non ha potuto evitare di emozionarsi nuovamente, facendoci capire che non è solo un lavoro ben pagato, ma tutt’altro.

Tre storie di tre uomini, di tre leader, di esempi positivi. Tre storie che ci fanno riflettere che in fondo il calcio non è solo un gioco, ma molto di più.

Mario Di Donato

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