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Stando alla definizione letterale, il termine “periferia” indica la zona marginale di un agglomerato urbano. Marginale, appunto. Aggettivo preso alla lettera soprattutto in passato.

Periferia ieri

Nell’immaginario collettivo, infatti, la periferia era una sorta di macchia da nascondere ma che puntualmente si ripresentava. Un qualcosa da rimuovere, possibilmente, perché di andarne fieri non era proprio il caso. Chi abitava in periferia veniva spesso etichettato come “sporco”, “ignorante”, “delinquente”. In pratica un parassita della società a cui veniva rimproverato persino di esserci.

Negli anni del boom economico l’Italia è stata parte integramente e partecipante di un processo volto a considerare degno di esistere tutto ciò che era vistoso e “pulito” agli occhi dell’osservatore. Il denaro ha mosso le fila della società prendendola per mano rapidamente e rendendola succube di esso. Non ce ne siamo nemmeno accorti!

In tutto questo processo definito “progresso”, i margini delle città non trovavano posto. Ergo, era facile per chi formava la propria persona in contesti dove lo Stato aveva scelto di non essere presente abbandonarsi a tentazioni malate. La periferia scelse dunque di cucirsi l’abito che la gente “per bene” voleva che indossasse, diventando così sinonimo di “degrado”.

…ed oggi

Poi, però, nel processo di crescita del mondo qualcosa è cambiato. In primis la periferia non è oggi solamente un luogo fisico, ma anche una condizione dell’essere umano. Anche chi vive in pieno centro città, insomma, può sentirsi periferico, basta avere dei sogni molto più grandi della realtà che ci circonda.

Il filo conduttore che muove la periferia “moderna” nel senso più completo del termine non è più la rassegnazione verso un futuro già scritto, ma la voglia di riscrivere la propria storia e quella dei propri simili.

Basti pensare a quanto si fa nei bassifondi meridionali, periferia d’Italia per eccellenza, pur di donare un domani che valga la pena vivere a figli, nipoti e, perché no, anche a genitori e nonni. Iniziative culturali la fanno da padrone non a caso. “La cultura rende liberi” non è una massima scritta e ripetuta per essere contemplata solamente, bensì viene sempre più attuata nel concreto e la sua verità oggi è comprovata. Il grigiore ha finalmente lasciato spazio ai colori.

Nel concreto “centro” e “periferia” sono decisamente più vicini, per quanto ancora molto ci sia da fare soprattutto in aree del mondo geograficamente lontane da noi. Restano, in ogni caso, le conquiste.

Se nel 2023 possiamo guardare alla periferia come un’occasione di crescita, come un vanto da esibire, è grazie a tutti coloro i quali hanno alzato la testa e gridato la propria esistenza sempre più forte, ma anche a quanti (uomini delle istituzioni o semplici cittadini) hanno ascoltato queste voci. Chi è nato ai bordi di periferia oggi è vivo, più che mai.

Felice Marcantonio

One response

  1. La periferia, la terra di tutti e di nessuno. Solitamente si abbina il concetto di degrado, incuria, decadenza. Speculazione edilizia che comporta alterazione dell’ambiente naturale, degrado architettonico ed urbanistico. Palazzi enormi costruiti con materiali di scarsa qualità senza nessun criterio artistico. Quartieri dormitori dove mancano centri di aggregazione, dove sono frequenti fenomeni di disagio e di marginalità . Famiglie a basso reddito, dispersione scolastica, micro e macro criminalità. Troppo spesso, il regno delle famiglie malavitose, dove il malaffare e lo spaccio sono il loro pane quotidiano. Dove la politica è presente solo durante le campagne elettorali, lasciando nel baratro soprattutto le generazioni future. Dove lo stato è presente attraverso le molteplici trasmissioni di bassa caratura morale, durante qualche evento tragico. Non possiamo più permetterlo, non possiamo più permetterci tali realtà. Costruiamo speranze, valori, cultura.
    Il grigiore ha finalmente lasciato spazio ai colori? Auguriamoci un mondo che riflette sotto la luce di un arcobaleno carico di amore.

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