La gravidanza, per una donna, rappresenta il periodo più intenso che ella possa trascorrere. Basti pensare che durante il secondo trimestre si instaura un vero e proprio rapporto di simbiosi con il bambino. Infatti la madre, che fino ad allora lo osservava dall’ecografia, inizierà a sentirlo muoversi, sviluppando maggiore consapevolezza.

Nel mentre, però, succedono tanti altri episodi, spesso poco considerati, alla luce di un avvenimento importante come la nascita di un bambino. La maternità è un’esperienza e come tale comporta vari aspetti. Lo stile di vita di una donna cambia drasticamente, aumenta il senso di responsabilità verso sé stessa e verso il bambino, avvengono cambiamenti a livello fisico e fisiologico. Un periodo come questo, di conseguenza, non potrebbe non avere dei riversamenti a livello psicologico, o meglio, non solo quelli che di norma sono messi in risalto. L’amore verso il proprio figlio è indiscutibile, ma vi sono tante altre sfaccettature. E’ questo il motivo per cui il concetto di depressione post- partum, ad esempio, è poco diffuso, come se fosse un atteggiamento incoerente rispetto all’aspettata gioia di diventare madre. 

Non è così. 

In verità, già dai tempi di Ippocrate era stata notata che la comparsa di disturbi dell’umore nella neomamma era correlato al periodo di tempo successivo al parto. Nei tempi antichi era denominata “psicosi puerperale” insorgenza di questo grave disturbo mentale. Con il tempo il significato si è allargato, comprendendo anche forme meno gravi e più lievi (disturbi di ansia, comportamento alimentare, sofferenza emotiva). Dopo il parto, molte madri non si sentono felici e serene. Affermano di sentirsi impreparate.

E’ possibile e umano.

Si parla di baby blues (coinvolge l’85% delle donne), solitamente dal terzo all’ottavo giorno dopo il parto, in corrispondenza al fisiologico calo ormonale. E’ manifestato con ansia, umore altalenante, facilità di pianto. E’ un fenomeno transitorio, distinto dalla depressione post-partum (colpisce una donna su cinque), che si manifesta con forte tristezza, sintomi psicosomatici, debolezza, difficoltà nel contatto fisico con il neonato o ostilità verso lo stesso. (completamente assente del baby blues). 

Cos’è la violenza ostetrica

Violenza ostetrica, definita come reato dalla legge introdotta in Venezuela nel 2007, è un fenomeno molto diffuso e grave che può avere un impatto negativo sulla salute fisica e mentale delle donne. Essa si manifesta attraverso comportamenti e atteggiamenti che violano la libertà di scelta delle donne riguardo alla loro salute riproduttiva e sessuale, può includere l’eccesso di interventi medici, la prestazione di cure e farmaci senza il loro consenso. Nel 1985, L’OMS ha emesso una serie di raccomandazioni sulla gestione del travaglio, del parto e del post, aggiornate nel 2018, per definire le pratiche appropriate ed efficaci, e quelle sconsigliate o addirittura dannose. Tuttavia, ancora oggi alcune strutture sanitarie, sia in Italia che nel resto del mondo, non rispettano le queste raccomandazioni, ma seguono protocolli obsoleti, fornendo assistenza meccanica e invasiva.

L’influenza del fattore psicologico materno nel bambino

Alla luce di ciò, è dimostrato che se durante la gravidanza la madre risulta essere stressata, ansiosa, depressa, con maggiori probabilità di avere conseguenze sia sulla condizione psicologica materna che sullo sviluppo emotivo, cognitivo e relazionale del bambino (Kingston e Mughal, 2018). Vi è quindi una correlazione tra condizione psicologica della madre e sviluppo del nascituro.

Inoltre, la figura del padre è stata completamente rivalutata come parte integrante della fase di cura e di accudimento. Ha compiti complementari e sinergici e di protezione. Inoltre potrebbe essere un fattore di rischio qualora non ne riconoscesse la fragilità e difficoltà.

Prevenzione

Ad oggi si parla di Importanti e attente rilevazioni del rischio, attraverso screening multidimensionali nel periodo perinatale, per permettere di attivare interventi preventivi tempestivi, progetti e strategie di riduzione della sofferenza e dello stress, focalizzandosi sui fattori di rischio modificabili e accompagnando i nuclei familiari durante la gravidanza e nel dopo parto. In Italia, però, le procedure di screening standardizzate offerte dai servizi pubblici sono ancora una realtà sporadica e più che altro legate alla lungimiranza di singole realtà sanitarie locali.

L’attualità ci suggerisce, ad oggi, di non sottovalutare e soprattutto normalizzare una condizione davvero critica che le donne stesse tendono ad omettere, sentendosi giudicate o ancor peggio, sbagliate, messe in discussione. In verità, è vero che l’amore per il proprio figlio è senza misura, quasi irrazionale. Erich Fromm lo descrive in un capitolo de “L’arte di amare”, egli afferma: “(…) dopo essere nato il bambino sente solo lo stimolo positivo della fame e del calore, e non scinde neppure calore e fame dalla sorgente: la madre. La madre è calore, è cibo, è lo stato euforico della soddisfazione e sicurezza. (…) L’amore materno è incondizionato. E’ beatitudine, è pace, non ha bisogno di essere conquistato o meritato. Quale amore, se non questo?

Claudia Coccia

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