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Quasi tre anni fa una malattia contagiosa e sconosciuta stravolgeva la vita prima dei cittadini asiatici, poi del resto del mondo. Ormai ci abbiamo fatto un po’ l’abitudine e abbiamo (a quanto pare) superato varie ondate che a più riprese hanno messo a dura prova le strutture ospedaliere e tutti noi.

Eppure dai dati e dalle notizie che ogni giorno troviamo su internet e sui giornali non sembra esserci una fine all’orizzonte. I dati registrati in Italia ad esempio negli ultimi giorni vedono una media di nuovi casi che oscilla tra i trentamila e i quarantamila, con i numeri dei decessi che si aggirano intorno ai cento. Siamo ovviamente ben lontani dai numeri spaventosi, sia in termini di contagi che di vittime, registrati nei mesi precedenti. Grazie alla campagna vaccinale si è indebolito di molto il virus portando anche ad una serie di graduali riconquiste verso la normalità, a cui sembra mancare veramente poco per tornare.

La mascherina, infatti, simbolo per eccellenza di questo particolarissimo momento storico, non è più obbligatoria in molti luoghi e si sta discutendo per eliminarla definitivamente nelle settimane prossime. Ma se il quadro dell’Italia risulta abbastanza positivo, dall’altra parte del mondo la situazione appare del tutt’opposta.

In Cina, dunque, c’è una controtendenza: ritornano i lockdown e aumentano di nuovo i contagi. E questa volta le misure prese per arginare e impedire la diffusione del virus sono ancora più forti, con isolamenti più mirati e più rigidi.

Ad una prima analisi i motivi di questo ritorno alla situazione di partenza parrebbero, secondo studi scientifici, legati al fatto che la Cina avrebbe usato dei vaccini (“di casa”) non tanto efficaci quanto quelli utilizzati in Europa e in America ed una scarsa adesione della popolazione alla “terza dose booster” diversamente dal resto del mondo.

Secondo Daniele Banfi, biologo e giornalista, redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi, «Coronavac di Sinovac Biotech, uno dei più utilizzati in Cina, appartiene alla categoria dei vaccini a virus inattivato. Si tratta dunque di un prodotto in cui è presente Sars-Cov-2 nella sua forma integrale – quella isolata in origine a fine 2019 – ma incapace di replicarsi e dare luogo a malattia. Secondo un recente studio realizzato ad Honk Kong, l’efficacia della vaccinazione con Coronavac in due dosi si attesta intorno al 60%. Lo stesso studio, confrontando i vaccini a mRNA, ha concluso che negli over-60 le probabilità di andare incontro allo sviluppo di malattia grave e morte è tre volte superiore con il vaccino di Sinovac rispetto a due dosi di Comirnaty di Pfizer-BioNTech. Ciò non significa che il vaccino “Made in China” non funzioni ma che è sicuramente meno efficace. In Cina, purtroppo, alla minor efficacia di base dei prodotti a virus inattivato si è sommata la scarsa adesione alla terza dose. La tempesta perfetta. Secondo gli ultimi dati aggiornati a metà aprile, in Cina il 43% degli over-60 non ha ricevuto la dose booster. Non solo, il 19% non si è mai vaccinato. A Shanghai, città con oltre 25 milioni di persone in lock-down da più di due settimane, la situazione è decisamente peggiore: il 62% degli over-60 non è coperto con terza dose (il 38% non ha mai visto una dose).»

La situazione in città come Pechino e Shangai ha visto nelle ultime settimane lockdown mirati in interi quartieri della città. Le misure prevedono la costruzione di barriere che cingono aree residenziali ed un isolamento immediato per i contagiati che coinvolgono addirittura interi condomini dove c’è anche solo la presenza di un infetto. Alcuni testimoni italiani in Cina per lavoro fanno sapere che se nel periodo di quarantena si scopre un nuovo cluster, l’isolamento ricomincia da capo, anche per chi non è colpito dal virus e non presenta sintomi. Questa nuova politica cinese “zero Covid” sta mettendo a dura prova nuovamente la popolazione e arrecando danni all’economia nazionale: si registra uno stop della produzione industriale, che segna una contrazione del 2,9% rispetto all’aprile 2021, e soprattutto il crollo dei consumi con le vendite al dettaglio che sono precipitate dell’11,1% ad aprile, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, e segnano per il secondo mese consecutivo una contrazione (a marzo avevano registrato un -3,5%).

Altro dato allarmante riguarda invece il tasso di disoccupazione nelle aree urbane che è salito al 6,1% il mese scorso, sfiorando il record assoluto di febbraio 2020, e in netto aumento rispetto al 5,8% di marzo. Particolarmente preoccupante il dato riguardante i giovani tra i 16 e i 24 anni, dove il tasso di disoccupazione raggiunge il 18,2%.

Proprio sulla base di ciò il direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, afferma che la politica zero covid sia insostenibile.

Lo scorso 19 maggio si è però visto un piccolo passo avanti a Shanghai, che prova ad allentare queste misure di lockdown anti-Covid grazie a segnali “incoraggianti” come l’assenza per il quarto giorno di fila di contagi fuori dalle aree cordonate e di quarantena. Il vice sindaco Zhang Wei nel briefing quotidiano, ha affermato che la città “inizierà a consentire a più aziende nelle aree classificate ‘zero-Covid’ di riprendere le operazioni dall’inizio di giugno”, un segnale sicuramente rassicurante per il superamento di questa ennesima ondata.

Insomma, le previsioni che vedevano il Covid finalmente sconfitto non sono state confermate. Dallo scoppio dell’emergenza pandemica abbiamo sempre visto alla Cina con particolare attenzione, infatti ciò che accadeva qualche settimana prima lì si sarebbe poi verificato anche da noi. Seguendo lo stesso ragionamento, dovremmo dunque prepararci ad una nuova ondata?

Speriamo di no.

Ci si augura indubbiamente che con sempre maggiore responsabilità e grazie anche alla nostra diversa politica vaccinale tale situazione si possa prevenire.

Carmela Fusco

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