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LE VIOLENZE SESSUALI DURANTE LE GUERRE

La storia ci insegna, o perlomeno dovrebbe, che durante la permanenza dell’umanità su questo pianeta nulla sia più disumano della guerra e di ciò che essa lasci dietro il suo cammino. Molto ciechi e presi dalle nostre frivolezze quotidiane sembra che solo ora, che un conflitto armato sia presente e pulsante nel nostro continente, ci siamo resi conto dell’esistenza dello stesso, della possibilità che questo fenomeno possa essere attuale. Purtroppo, le guerre non si sono mai fermate e così tutte le atrocità che esse portano e spesso permangono anche dopo la fine di esse.

Nelle ultime settimane sono venute alla luce notizie di donne ucraine violentate dai soldati russi; alcune fonti sostengono che poi i corpi di queste sono stati fatti a pezzi per non lasciare tracce degli stupri subiti. Personalmente, queste testimonianze, oltre alla guerra in sé e agli attacchi ai civili, hanno ulteriormente destabilizzato la mia consapevolezza, o perlomeno credenza, dell’esistenza di un minimo di civiltà in quelli che dovrebbero essere dei Paesi sviluppati. Quella che percorreremo insieme è una breve analisi del fenomeno, del suo sviluppo storico, perché il legame fra la violenza sessuale e la guerra è antico quanto la stessa, e del riconoscimento giuridico.

Oltre alle schiavitù sessuali nei periodi di guerra delle quali se ne parlava già nei testi di Omero possiamo compiere un salto molto avanti col tempo e arrivare alle guerre medievali e di epoca moderna. Lo stupro veniva legittimato dai comandanti militari per far “divertire” i soldati e guadagnarsi la loro fedeltà oppure era frutto dell’indisciplina di questi ultimi. Ovviamente la parola in sé non esisteva minimamente e lo stesso veniva “denunciato” solo quando ad essere colpite erano le dame aristocratiche durante i moti contadini; anche in questo caso si trattava esclusivamente di un’offesa alla dignità della famiglia.

Solo a partire dalla fine del XIX secolo, tramite la Prima Convenzione di Ginevra e la Convenzione dell’Aja, si iniziò a cercare di amministrare e regolare giuridicamente la guerra per prevenire o quantomeno limitare i soprusi e gli orrori che essa portava. Anche qui lo stupro in sé non era esplicitamente configurato, ma venne messo in rilievo il principio del rispetto del “diritto delle genti”.

Ovviamente queste belle parole restarono sulla carta e nelle successive guerre, comprese le due Guerre Mondiali, la violenza sessuale venne utilizzata come arma, così come attuata poi nei decenni successivi fino ad oggi.

Risulta abbastanza naturale chiedersi come lo stupro possa fare parte delle tattiche militari e quali sono gli obiettivi che si intendono raggiungere con un gesto così orribile; la risposta, per quanto lugubre e vomitevole, è anche essa semplice, perlomeno se ci si impersona in menti malvagie e meschine. I fini possono essere molteplici ma i principali sono tre: la degradazione, il genocidio e la contaminazione del popolo. In tutti e tre la vittima non è una persona in sé, ma viene figurata come rappresentazione del nemico. La degradazione viene messa in atto non solo tramite la violenza, ma commettendo la stessa davanti ai familiari, ai figli o in pubblico. Nel caso del genocidio serve a spaventare il popolo e minacciarlo per evitare che torni nei luoghi oggetto di conquista. La contaminazione ha bisogno di poche spiegazioni, ma quest’ultima possibilità ha quanto meno fatto in modo che i casi di stupro da parte dei nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale fossero ridotti, per preservare la “purezza della razza”; ovviamente si sono macchiati di tante altre atrocità.

Arrivando a pochi decenni fa, sono molto note le violenze sessuali perpetuate negli anni ’90 durante la guerra in Bosnia-Erzegovina, chiamate dal Tribunale internazionale per la ex-Jugoslavia “stupri sistematici” e “schiavitù sessuali” e riconosciute come crimini contro l’umanità. Altri due precedenti processi sono fondamentali per il riconoscimento giuridico del fenomeno: il caso Washio Awochi e il caso Ntaganda, il quale (riguardante i bambini-soldato) ha riconosciuto come crimine di guerra non esclusivamente le violenze commesse contro membri di un altro gruppo armato, ma includendovi anche quelle attuate su membri appartenenti al medesimo gruppo.

I numeri degli stupri di guerra salgono a cifre non quantificabili nelle guerre civili africane.

Ovviamente questi non riguardano solo donne e bambini ma anche uomini, torturati e uccisi tramite pratiche di una crudeltà inqualificabile.

L’istituzione della Corte Penale Internazionale (1998) e il suo statuto hanno riconosciuto ben tre volte il reato di stupro. Dapprima nell’articolo 6 parlando del genocidio, quando questo sia in grado di attuare “un attentato grave all’integrità fisica o mentale di un gruppo”. Segue l’articolo 7 sempre del suddetto statuto, il quale lo ricomprende fra i crimini contro l’umanità. Per ultimo poi, l’art. 8 lo annovera, appunto, fra i crimini di guerra.

Ora il problema con l’attuale situazione Russia-Ucraina, dalla quale pervengono già svariate testimonianze a partire dall’inizio del conflitto nel 2014 (per le quali “atroci” è un aggettivo a dir poco leggero), si pone perché nessuna delle due parti riconosce l’organo sopra menzionato della Corte Penale Internazionale.

Un altro atteggiamento degradante compiuto nei confronti delle donne durante i conflitti armati è la tonsura: veniva applicato già nella Prima Guerra Mondiale poiché la rasatura dei capelli di una donna faceva venire meno uno dei simboli della sua sessualità. Adesso ricordiamo le soldatesse ucraine catturate e poi scambiate dai russi per altri prigionieri lo scorso 1° aprile.

Quanto è vero che durante la guerra, per quanto si possa cercare di prevenirla e quantomeno di limitarne i danni, non solo non vengono seguite le leggi e i trattati, ma viene meno un vero e proprio valore base: l’umanità.

Anna Chiara Paolino

Foto tratta dal film La Ciociara (1961) di Vittorio de Sica con protagonista Sophia Loren, la quale ricevette l’Oscar come migliore attrice per l’interpretazione.

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