GIRLS JUST WANNA HAVE FUN…DAMENTAL HUMAN RIGHTS!
In un mondo giusto, ma al momento utopico, potremmo affermare di essere tutti uguali e che nessuno, se non noi stessi, possa essere in grado di determinare la nostra persona. Purtroppo, però nel momento stesso in cui vediamo la luce per la prima volta ci viene cucita addosso un’etichetta, simile a quella che spiega la composizione, il lavaggio e la provenienza dei capi d’abbigliamento.
Uno di questi parametri è la distinzione in base al sesso, facilmente declinabile in “discriminazione”.
Oggi, 8 marzo, è prevista la giornata internazionale della donna, tipicamente appellata come “festa della donna”: ma abbiamo veramente tanto da festeggiare? Certamente uno degli scopi è compiacersi per i progressi fatti, ma l’istituzione della giornata ha il fine anche di portare alla riflessione su quanta strada ancora vi sia da percorrere per arrivare ad una vera e propria parità di genere. Spoiler: è molto lunga e nefasta, decisamente più selvaggia e piena di insidie del tragitto che percorreva il principe Filippo nel classico Disney “La bella addormentata nel bosco”.
Non è una visione pessimistica, ma propriamente realistica. Nascere e crescere ragazza significa dover dimostrare sempre il doppio per arrivare ad avere la metà, ma dovremmo accontentarci perché prima (ma accade ancora al giorno d’oggi in alcuni paesi del mondo) le donne non avevano neanche il diritto di sedersi su un banco di scuola. Ma proprio per questo noi non dobbiamo sentirci appagate, per le donne che non hanno avuto e non hanno le nostre fortune, per coloro che hanno lottato, per chi è stata bruciata al rogo, lo spirito di tutte deve risiedere, rimbombare e divampare in noi. Pretendiamo sempre di più, non perché ce lo meritiamo, ma perché ci è dovuto, non è un organo riproduttivo a definirci o a darci l’onere di aspettare e fermarci a qualche gradino più in basso.
Essere donna significa essere alla mercé del mondo: viviamo costantemente come installazioni artistiche all’interno di una mostra. Chiunque passi si sente in diritto di guardarci, giudicarci, spesso pensando che siamo addirittura sorde, così stupide da non poter neanche sentire e capire. A prescindere da quella che sia la nostra professione, riceviamo critiche per argomentazioni che non vi hanno nulla a che fare. Vuoi entrare in politica? “Ma hai visto come si era vestita al comizio?” “Ma 20 anni fa aveva fatto un servizio fotografico in costume da bagno, come possiamo fidarci di una così”. Non interesseranno le nostre esperienze, stage, master e le lingue che parliamo, il nostro fisico, il nostro gusto nella moda, il colore dei nostri capelli, le relazioni sentimentali che abbiamo avuto saranno sempre più importanti e idonee a qualificarci. Ma perché accade ciò? Perché informazioni totalmente personali e affatto congrue a delineare un profilo professionale inficiano le nostre carriere? Perché, nel 2022, queste notizie fanno ancora scalpore, permettono di vendere i giornali e di ricevere tanti click sul link di un articolo. Un uomo che ha avuto tante donne è l’idolo di una popolazione, una donna che ha avuto tanti uomini è una t***a che perde la propria dignità.
Fin quando una donna non sarà libera di avere quanti partner abbia voglia di avere, se uno, nessuno o centomila, non ci sarà eguaglianza.
Questa famosa dignità è molto simile ad un altro concetto astratto legato alla figura femminile: la verginità. L’idea della donna pura e immacolata è uno degli esempi più eloquenti e antichi delle divergenze fra i due sessi.
Siamo opinabili in tutto e per tutto; la donna che non lavora vuole fare la mantenuta e si comporta da parassita, quella che lavora è egoista e non pensa al suo uomo e alla sua famiglia; ti vesti alla moda, te la credi; non ti interessa ciò che indossi, sei trasandata.
In questi giorni si trovano affissi lungo le strade d’Italia dei cartelli del movimento pro-life, i quali riportano “potere alle donne? Facciamole nascere”. Rappresenta perfettamente il sunto di un movimento contro le stesse.
La questione figli è un altro punto ardente del pensiero comune rispetto alla figura femminile. Un uomo che sceglie di non averne per vivere la sua carriera a pieno trova accettazione e rispetto nella società. Una donna senza figli è inutile e la sua vita non ha senso, non raggiungerà mai il completamento; come se il nostro unico scopo su questo pianeta fosse quello di prestarci come incubatrici. Poi però la donna che sceglie di avere figli non viene assunta e se viene assunta il suo capo è un eroe. Morale della storia: come facciamo sbagliamo e se otteniamo qualcosa non è merito nostro, ma di qualche anima generosa che fa della carità.
Ai precedenti punti, discussi svariate volte, vorrei aggiungerne uno che riguarda esclusivamente noi stesse: l’invidia fra donne.
Ebbene sì, possiamo essere degli spietati nemici le une con le altre, criticarci e metterci al patibolo senza pensarci due volte, ma questo deriva sempre dalla posizione che la società ci ha regalato. Metterci le une contro le altre, compararci fra noi, oggettivizzarci, ci conduce a non usare due armi che potrebbero riscrivere il nostro ruolo nella storia: l’unione e il supporto reciproco. Cerchiamo di sostenerci, di provare ammirazione per chi ha fatto qualcosa in più di noi, di trarre ispirazione. Prendiamo il caso di Chiara Ferragni: una donna giovane che è riuscita a creare un impero, a monetizzare una sua passione, eppure è sempre e costantemente assalita da commenti negativi e colmi di cattiveria, per la maggior parte provenienti da donne. Ultimo è stato il caso in cui lei era volata a New York per la Fashion Week ed è stata criticata perché aveva lasciato i figli a casa con loro padre. Cerchiamo di comprendere che lei stesse lavorando ed è stata appellata “catwoman” per quello che aveva indossato, mentre il marito, Fedez, faceva il “mammo”. Se la situazione fosse stata inversa, cosa avrebbero detto i giornali? Nulla, perché avrebbe rispecchiato congruamente i canoni: un uomo d’affari che viaggia dall’altra parte del globo per lavoro e la moglie che giustamente resta a casa a prendersi cura dei propri figli.
Capiamo quanto ancora sia ingiusto e arretrato il mondo in cui viviamo?
Perché prima di dare il via a fiumi di invidia non proviamo a pensare che su questo pianeta una ragazza ha già tanti ostacoli sul proprio cammino e magari il fatto che lei sia riuscita a raggiungere un traguardo non abbia tolto niente a noi, anzi, può dare speranza e fiducia ad altre dopo di lei.
Amiamoci, sosteniamoci e supportiamoci sempre, facciamo nostro un vero e proprio spirito di unione, di sorellanza.
Anna Chiara Paolino
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