Scripta volant, verba manent.
Nel corso della storia, da quando si hanno tracce dell’abilitazione alla scrittura da parte dell’umanità, sono nate tante leggende i cui capolavori sono tramandati da secoli a secoli.
Omero, Orazio, Dante, Blake. Talvolta sono gli autori ad assumere la fama di veri e propri geni, in altri casi, i personaggi da loro creati. Che si tratti di eroi, eroine o geni, il potere di un buon libro si distende nella capacità ipnotica totalizzante.
Ed è proprio questo il caso di Sherlock Holmes, il genio investigatore partorito dalla mente brillante di Arthur Conan Doyle.
Attore di 4 romanzi e di circa 56 racconti, con il trascorrere del tempo la sua è diventata una figura di spicco; animose e intraprendenti le avventure di Sherlock Holmes affiancato dalla sua spalla destra Watson, sono spopolate nel mondo delle letteratura sino ad conquistare anche la scena cinematografica,quella teatrale e non solo. Numerose sono le allusioni di diversi altri autori di successo a questo capolavoro ( Umberto Eco) ancor di più sono le rivisitazioni autorizzate.
I grandi successi esercitano un fascino tutt’altro che blando, capace di suscitare nei lettori la voglia di scardinare ogni lato psicologico del genio incriminato, tanto da volerne arricchire le sfaccettature psico-sociali stesse. È questo processo intrinseco che ha affascinato l’affermato scrittore scozzese Gareth Rubin. Egli ha annunciato la produzione di una nuova avventura ambientata nella Londra vittoriana, proprio sull’uscio sottostante il 221b di Baker Street.
L’immane carisma produttivo di Conan Doyle si è guadagnato due secoli un Guinness dei Primati dall’appellativo di personaggio più raffigurato della storia letteraria. E come negare l’influenza e l’immortalità di quel detective con pipa avvolto nel suo mantello a scacchi? Di certo è una leggenda la sua, capace di attraversare secoli senza mai perdere l’ardore del suo contenuto !
Cristina Mongelluzzi
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