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Adottare è una scelta non solo di testa, ma anche di cuore. Sono tanti gli elementi che portano una coppia ad intraprendere un percorso di questo tipo: l’impossibilità di generare figli naturalmente, il desiderio di espandere la famiglia o, semplicemente, donare ad un bambino la prospettiva di una vita migliore.

È l’incontro non con un bambino qualsiasi, ma con un essere umano che ha già subito l’ingiustizia dell’abbandono e aspetta una mamma e un papà che lo restituisca al mondo. È il voler riparare le sue ferite, pensare prima a lui che a sé stessi, farlo diventare finalmente figlio attraverso un abbraccio senza condizioni.

È un fenomeno che esprime la volontà di sperimentarsi in un ruolo, quello di genitore, che non può essere messo in discussione e che definisce un legame assoluto. Molto spesso, però, più che trattarsi della messa in atto di un progetto di vita comune, ci si trova davanti a due adulti che alle esigenze di crescita e di sviluppo del minore antepongono un bisogno narcisistico di reiventarsi e trovare nuovi obiettivi. Per questo motivo, è una scelta che deve essere presa in grande consapevolezza, a seguito di una lunga maturazione e crescita emozionale affinché non si riveli il mero tentativo di colmare una mancanza.

Nel 2001, in conformità alle linee guida della Convenzione dell’Aja, in Italia viene emanata la legge n. 149 che evidenzia, finalmente, il protagonista del procedimento adottivo, focalizzando l’attenzione sul diritto del minore a crescere nella propria famiglia.

REQUISITI NECESSARI

Le caratteristiche richieste per adozioni nazionali e internazionali sono le stesse, contenute nella l. 184/83.

L’adozione è permessa ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni (o che raggiungano tale periodo sommando il periodo di convivenza prematrimoniale).

È previsto un limite d’età. La differenza minima tra l’adottante e l’adottato è di 18 anni, mentre la differenza massima tra adottanti e adottato è di 45 anni per uno dei coniugi e di 55 per l’altro. La motivazione risiede nella garanzia che i genitori siano in grado di provvedere alle esigenze del minore fino all’età adulta.

ITER BUROCRATICO

È necessario che la coppia, preliminarmente, faccia riferimento al Servizio Adozioni del territorio di residenza: qui viene fornita l’opportunità di seguire corsi di formazione, allo scopo di riflettere sulle motivazioni che hanno condotto alla scelta.

Bisogna, poi, presentare domanda presso il Tribunale per i Minori.

Inizia così una vera e propria inchiesta psico-sociale che prevede tutta una serie di indagini. Ad esempio, viene effettuata una visita domiciliare, passaggio essenziale che consente agli operatori di osservare lo stile di vita degli adottanti nonché lo spazio destinato al futuro bambino. Vi sono dei colloqui conoscitivi individuali e di coppia, il cui scopo è quello di sondare le motivazioni, le difficoltà e le risorse economiche. Infine, vi è l’elaborazione di un questionario con cui gli aspiranti genitori sono chiamati a confrontarsi in maniera profonda e trasparente, riflettendo sulle loro reali capacità di accoglienza e accudimento.

Si procede, così, alla stesura della relazione da inviare al Tribunale per i Minori, da cui attendere un responso.

Nel caso di adozione nazionale, la coppia, se riconosciuta idonea, entra in una lista d’attesa per l’abbinamento. Tale idoneità ha una validità di tre anni.

Nel caso di adozione internazionale, il decreto di idoneità va consegnato entro un anno ad uno degli enti riconosciuti all’estero, permettendo ai futuri genitori di scegliere il paese di provenienza e, dunque, di cominciare a familiarizzare con la cultura d’origine dell’adottato. Ciò implica, ad abbinamento avvenuto, un soggiorno nel paese d’origine del bambino, dove tutti e tre avranno modo di sperimentare una prima conoscenza. Il minore farà il suo ingresso in Italia solo ad adozione avvenuta, in qualità di figlio ufficiale.

CALO DRASTICO DELLE ADOZIONI INTERNAZIONALI

Con gli anni, i dati rivelano come le coppie disponibili ad accogliere siano sempre meno.

Questo dovuto, innanzitutto, all’iter lungo e tortuoso e agli innumerevoli requisiti richiesti. Una pratica che mette a dura prova, dove ogni famiglia viene penetrata nel profondo per comprendere se sia in grado o meno di crescere. La pressione, infatti, è alta. Le coppie, spesso, vivono il lavoro degli operatori come eccessivamente intrusivo e giudicante. È bene però specificare come psicologi e assistenti sociali abbiano come unico fine quello di tutelare il minore e preservarlo dalla possibile reiterazione di esperienze abbandoniche o traumatiche.

Anche i costi e i tempi d’attesa giocano un ruolo fondamentale. Sarebbe necessario l’inserimento di norme più agevoli e sostegni economici adeguati, come avviene già in altri Paesi.

Con l’abbandono dell’adozione internazionale, il rischio è che questo sguardo di accoglienza totale si disperda, azzerando una delle esperienze più nobili e dense di umanità che esista.

GUERRA IN UCRAINA: COME AIUTARE I BAMBINI IN FUGA

Ad oggi, i bambini in fuga dalla guerra in Ucraina sono migliaia. Molti non accompagnati e orfani: si può ben capire che necessitano di assistenza.

Il Viminale, recentemente, ha stilato un piano nazionale di accoglienza per i minori non accompagnati e impone a “chiunque sia a conoscenza dell’ingresso o della presenza di un minore non accompagnato di segnalare la presenza alla questura che informerà la Procura dei minori, il Tribunale dei minori, i Comuni e i Servizi sociali”. Un cittadino italiano non può ospitare un bimbo arrivato da solo nell’immediatezza e senza passare per tutto l’iter Questura-Tribunale per i Minorenni.

Gli affidamenti diretti (ben diversi dalle adozioni internazionali di cui sopra l’iter) da parte dei servizi sociali non sono ammessi, visto il rischio tratta o di abusi. Ci si può offrire, però, come tutore volontario iscrivendosi all’apposito Albo. A tutti i profughi minori ucraini senza un genitore, il Tribunale dei Minori nomina un tutore legale. Se gli adulti di riferimento non sono ritenuti affidabili, verrà scelto negli elenchi dei tutori volontari.

Moltissime sono le associazioni certificate che forniscono informazioni e le raccolte di donazioni in atto: come Unicef e Save The Children. Si può consultare la piattaforma “#Offroaiuto” attiva sul sito del dipartimento della Protezione civile su cui vengono coordinate le offerte e le richieste di aiuto a seconda che provengano da privati, aziende o enti del terzo settore.

Chiara Vitone

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