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Lo sapevi che a Napoli esiste una ruota degli esposti?


La Real Casa Santa dell’Annunziata di Napoli, in via dell’Annunziata 34, fu fondata nel 1343 grazie all’aiuto di Sancia di Majorca, seconda moglie del Re Roberto D’Angiò per iniziativa di due fratelli nobili napoletani, Nicolò e Jacopo Scondito; nel 1433 per volontà della Regina Giovanna II, la struttura fu ampliata grazie a delle cospicue donazioni dai nobili del regno.

Quest’istituzione fu finalizzata all’accoglienza e all’assistenza di tutti i neonati abbandonati o rifiutati dalle proprie madri, ma anche a figli illegittimi indesiderati. Fu attiva solo fino al 1875, anche se per diversi anni i piccoli continuavano ad essere lasciati lì sui gradini della struttura.

La Real Casa Santa dell’Annunziata ha svolto il suo lavoro per circa seicento anni, diventando una delle istituzioni più conosciute e apprezzate in tutto il mondo, svolgendo il suo lavoro sia in funzione di orfanotrofio sia in funzione ospedaliera per i bambini stessi.
La Casa Santa accoglieva tutti gli orfani che venivano lasciati quasi sempre di notte dalle proprie madri, in maniera anonima, nella ruota degli esposti; i bambini venivano disposti all’interno di quest’ultima posta in corrispondenza di una buca di legno girevole e cilindrica suddivisa in due parti, chiuse con uno sportello. Posta in un luogo posteriore e poco illuminato lungo le mura della Casa Santa, aveva una parte rivolta verso l’esterno e un’altra verso l’interno e ruotava lungo un’apertura presente sul muro; questo sistema, che permetteva alle persone di non essere viste in viso, così da rispettarne l’anonimato, faceva in modo che il neonato venisse messo in questa bussola e dopo aver girato la ruota, si trovasse subito tra le mura della Casa Santa.

Mentre la ruota girava all’interno dell’edificio, suonava una campanella che notificava alle balie di andare ad accogliere il neonato, il quale veniva prontamente lavato in una vasca situata vicino la ruota, che fungeva da lavatoio battesimale. Prima di essere affidato alle nutrici, veniva legato al collo un laccetto con una medaglietta in piombo sulla quale da un lato veniva scritto il numero di matricola e dall’altro c’era disegnato il volto della Madonna.
Da quel momento tutti i bambini diventavano “e’figl’ ramaronn” (i figli della Madonna) perché venivano protetti da lei e assistiti in quella casa fino alla maggiore età. A tutti veniva data una minima istruzione che serviva ad apprendere un lavoro e alla bimbe anche una piccola dote.
A partire dalla fine del 1500 decisero di utilizzare dei registri nei quali annotare il giorno, l’ora d’ingresso, l’età, i lineamenti del piccolo ed eventuali segni di riconoscimento, come abiti, biglietti e piccole doti. Spesso veniva trovato, in una fessura vicino la ruota, anche un pezzo di carta con il quale chi lasciava l’infante pensava di poterlo riconoscere e riprendere successivamente; la maggior parte delle volte, però, i piccoli erano abbandonati solo con quei pochi stracci che li coprivano.
Al di sopra della ruota vi è un puttino di marmo con la scritta: ” O padre e madre che qui ne gettate / Alle vostre limosine siamo raccomandati”

Ancora oggi è possibile vedere la ruota e ammirare e visitare gli ambienti interni della struttura che vanta origini trecentesche anche se, a causa di un incendio nel settecento, il complesso fu ristrutturato e ampliato ad opera di Luigi Vanvitelli, che decise di aggiungere un succorpo per la celebrazione della messa.
Napoli è molto legata a questo luogo proprio perché dalla ruota degli Esposti nasce il cognome più noto al popolo napoletano: “Esposito”; grazie ad alcuni registri, infatti, si sa che il primo bambino a portare questo cognome fu censito nel 1 gennaio 1623 ed il suo nome era Fabrizio Esposito.

Martina Bennato

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