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The Whale con Brendan Fraser segna il ritorno dietro la macchina da presa di Darren Aronofsky e stupisce il mondo intero

Un film che ha stupito, un film che ha emozionato, un film che ha scosso il mondo intero fin dalla premiere avvenuta durante lo scorso Festival di Venezia.

Stiamo parlando di The Whale – tratto dal dramma teatrale di Samuel D. Hunter – che segna il ritorno dietro la macchina da presa di uno dei registi più visionari degli ultimi anni Darren Aronofsky e la rentrée sul grande schermo dell’attore americano Brendan Fraser. L’artista dopo un periodo non proprio roseo di vita e carriera ritorna mostrandoci tutto il suo talento e tutto il suo carisma, che salta fuori già dal radicale cambiamento a cui l’attore si è dovuto sottoporre ( una dieta specifica, ore ore di sedute trucco… ) per entrare nei panni del protagonista.

Una sfida che lui stesso ha ammesso, non esser stata facile.

Già dal titolo The Whale ( letteralmente la balena ) il regista vuole lanciarci un chiaro messaggio alludendo al romanzo Moby Dick di Herman Melville più e più volte citato in diversi modi e momenti nel film.

La trama

Charlie ( Fraser ) è un obeso professore d’inglese di 270 kg che vive recluso in casa con la sola compagnia dell’amica Liz che sei prende cura. Svolge le sue lezioni via Zoom sempre e soltanto a telecamera spenta.

Ma la sua solitaria e autodistruttiva routine viene stravolta quando la problematica figlia Ellie (Sandie Sink ) che lui abbandona a otto anni va a fargli visita, facendo nascere nell’uomo una sana voglia di provare a fare qualcosa di buono nella sua quasi “patetica” esistenza.

Fusione sceneggiatore/protagonista

Samuel D. Hunter, l’autore dell’opera teatrale e sceneggiatore della pellicola, ha ammesso che dietro Charlie c’è molto di lui, riferendosi non solo al disturbo alimentare che perseguita il nostro protagonista, ma anche a molti episodi della sua stessa vita.

Ed è forse proprio questa fusione sceneggiatore/protagonista la chiave vincente del film. Quella chiave che gli regala sincera umanità, quella lacerante disperazione che non solo sembra bucare letteralmente lo schermo, ma che raggiunge letteralmente (ed oserei dire quasi fisicamente) lo spettatore stesso, toccandolo in alcune delle più intime zone della sua stessa anima.

Fraser e l’Oscar della rinascita

Grazie a questa interpretazione lo scorso 13 marzo, Fraser si è aggiudicato l’Oscar come migliore attore protagonista. A 54 anni l’attore si porta sulle spalle l’ascesa negli anni ’90 a Hollywood e la caduta. Con l’Oscar festeggia il suo grande ritorno sul grande schermo dopo anni difficili. Brendan Fraser , commosso ha ricordato il difficile percorso iniziato trenta anni fa e sul palco, stringendo forte la statuetta, ha aperto il suo cuore: “Ho iniziato questo lavoro 30 anni fa, le cose non erano semplici, ma c’era una facilità che non apprezzai al tempo, finché non finì”.

Insicurezze e riscatti

Ammettiamolo tutti noi siamo un po’ Charlie nel nostro intimo, vittime contro voglia delle nostre stesse insicurezze, troppo codardi certe volte per cercare di cambiare.

Insicurezze che saltano fuori anche grazie all’indiscussa e superba interpretazione di Fraser.

Ed è proprio questo che The Whale è in realtà: un film di riscatto, non solo di un uomo, ma di una stessa società troppo legata ancora ad antichi preconcetti ed obsoleti modi di essere.

Federica Leonardi

One response

  1. Il film l’ho visto il 26 febbraio, pochi giorni dopo la sua uscita, una domenica sera fredda e piovosa, in un cinema di paese, non la classica multisala. Tutto questo ha creato un’atmosfera più intima, quella che meglio si addice ad un film, dove le emozioni toccavano con mano l’apice del suo processo multi componenziale. Una serie di tematiche: isolamento, solitudine, compulsività, omosessualità, amore, discriminazioni, obesità, relazioni difficili, depressione, crisi esistenziali, disperazione. Ho dimenticato sicuramente qualcosa, ma non ho dimenticato il viaggio nel profondo della mia anima. Trasposizioni veloci di scene della mai vita, della sofferenza e del dolore che ho trasformato in linfa vitale, nel rispetto della mia vita, di coloro che mi hanno voluto bene, e che ancora bramano vedermi vivo.
    Io l’ho definito un ” filmone “,

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