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Tra stupore e meraviglia il teatro greco di Siracusa, come da rito sin dal lontano 1914, darà vita a due immortali tragedie greche. Quest’anno, le opere selezionate sono l’ “Aiace” di Sofocle e “Fedra (Ippolito portatore di corona)” di Euripide. La prima frutto della regia di Luca Micheletti, la seconda di Paul Curran. 

Da decenni ormai, in questo saggio luogo presiedono le più celebri tragedie appartenenti ad un universo i cui valori riecheggiano ancora in chi, mosso da una passione inesplicabile, ne studia le dinamiche. Dal 10 maggio al 29 avrà inizio la stagione delle rappresentazioni tragiche.


Platea rapita

I gradini del teatro pullulano solitamente di spettatori, spesso studenti con le proprie scuole. Quando il sipario si apre, cala il silenzio e tutti (o quasi) sono rapiti dalle meraviglie prodotte. Gli agoni verbali, l’artificiosità scenica, i gesti commossi, la fortissima carica emotiva sono tutti espedienti al cui fascino è impossibile sottrarsi. 


Le ragioni del cuore

La straordinarietà del mondo classico risiede nei principi che questo vuole inculcare. Il mezzo migliore sono le messinscene: le protagoniste sono proprio le ragioni del cuore, quei sentimenti irrazionali, passionali, fuorvianti, accecanti. Le ragioni del cuore che fatichiamo a comprendere. I motivi che implicano una condanna assoluta nel nostro mondo, in quello tragico sono il moto di tutti gli sviluppi. L’agonia irrazionale di Medea, la caparbietà di Antigone, la rabbia folgorante di Elettra, il dissidio di Oreste, l’empatia di Neottolemo, ci vogliono insegnare che, anche se invisibili, ci sono sentimenti che guidano l’anima di un uomo, infinitamente piccolo difronte al proprio destino. Ci vogliono mostrare che non esiste scampo ad un cuore che batte e rivendica le proprie ragioni. Non esiste logica efficace contro tutte le leggi di un destino incontrollabile. 

πάϑος

Gli scenari sociali in cui le storie tragiche erano ambientate, il pubblico a cui erano rivolte sono così distanti dalla realtà a cui noi, attori della vita nel 2024, facciamo fronte. Il nostro pubblico non necessita delle stesse dritte, neppure possiede la stessa gerarchia sociale però pecca di superbia e vede il mondo con la condanna e il giudizio negli occhi. È proprio percependo e simpatizzando per i protagonisti che la nostra rozza convinzione viene scalfita e impariamo a struggerci per le sofferenze dei personaggi. È solo così che, spogliandoci della nostra sciatta critica, potremo incamminarci verso la strada dell’empatia, scevri dal giudizio. Quest’anno, la gloria di Aiace e l’amore struggente di Fedra prenderanno il sopravvento sul palco di Siracusa, per insegnare, ancora una volta, che il fascino del mondo greco -seppur lontano- è capace di formarci più umani, meno prevenuti. 

Attendiamo che maggio dia inizio alla nuova stagione delle meraviglie prodotte da Siracusa.

Cristina Mongelluzzi

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