Il reddito di cittadinanza è una misura che è entrata in vigore con il Decreto Legge n. 4 del 28 gennaio 2019. Il sussidio diventa realtà grazie al governo Conte I, ossia il governo giallo-verde. Oggi diremmo che tutto ciò sembra un po’ paraddossale visto che la Lega ha fatto si che gli italiani potessero usufruire di questo indispensabile sussidio, ma oggi lo stesso partito aderisce al governo Meloni (interamente di destra) che ha appena affermato di voler abolire la misura a partire dal 2024. Questo è stato deciso con la prima manovra di bilancio firmata da Meloni, di cui lei si ritiene assolutamente soddisfatta.
Abrogare un sussidio del genere comporta un periodo di transizione che consiste nel diminuire la frequenza della mensilità da 12 a 8, al termine dei quali il percettore che è considerato abile al lavoro dovrà seguire un corso di formazione. Il tutto è finalizzato a sostenere il cittadini finché abbiano la possibilità di formarsi e di trovare, finalmente, un lavoro che gli permetta di vivere. Lavoro che deve essere accettato già alla prima proposta. Infatti, se il percettore non è soddisfatto della proposta ricevuta è costretto ad accettare pena l’eliminazione del sostegno. Si ritroverebbe, quindi, senza il reddito e senza lavoro.
La Meloni parla di questa fase transitoria che accompagnerebbe gli italiani fino alla totale abolizione del sussidio. Infatti, dal 1 gennaio 2024, il reddito di cittadinanza inteso come ” una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale” sarà abolito. La premier assicura l’elaborazione di nuove politiche volte a contrastare la povertà. (https://www.redditodicittadinanza.gov.it/schede/dettaglio )
Quale è stata la reazione dei politici?
Il centrodestra si è da sempre opposto al reddito di cittadinanza perché concepisce la misura come un sostegno per vagabondi e nullafacenti, ma Giuseppe Conte, ovviamente, non è dello stesso avviso. L’ex premier ha, infatti, giurato di opporsi mediante tutti i mezzi della democrazia all’abrogazione del reddito perchè, secondo lui, non esistono vagabondi ma solo lavoratori che guadagno 4/5 euro l’ora. Dello stesso avviso è Enrico Letta che ha già annunciato che il 17 dicembre sarà in piazza a Roma contro la decisione dell’attuale governo. Tutto il centrosinistra, infatti, durante la propaganda elettorale aveva affermato di voler rafforzare il sussidio. Carlo Calenda, invece, concorda con il nuovo governo circa il cattivo funzionamento della reddito di cittadinanza. Con il suo partito, Calenda propone una misura verso quei giovani impossibilitati nel lavoro nonchè un aiuto verso coloro i quali devono entrare nel mondo del lavoro.
Si percepisce, dunque, un’instabilità di fondo dettata dal fatto che il reddito di cittadinanza è sempre stato visto come un strumento per fare propaganda e non come una politica attiva mirata all’inclusione. A questo punto, anche nei più fiduciosi, nasce il dubbio: per quale motivo è nato il reddito di cittadinanza? Per accogliere consensi o per aiutare gli ultimi?
Isabella Cassetti
One response
E’ bene ricordare che, misure simili, sono state adottate quasi in tutti i paesi dell’unione europea. Il RDC è stato fortemente voluto dal movimento cinque stelle. Lo stesso, nasce attraverso un blog, dove un comico senza scena, sotto la regia di una mente arguta, si trovano a gestire qualcosa più grande di loro. Un movimento che si propone di salvare l’Italia, amministrare il nostro paese con idee, proposte, a tratti condivisibili, discutibili, troppe volte utopistiche. E’ opportuno ricordare che, il movimento era formato da persone che non avevano mai varcato la soglia della politica. Ho sempre sostenuto che, il più bravo di essi, prima dell’esperienza politica, non aveva mai gestito il bilancio di famiglia. E’ giusto ricordare che, sono stati eletti democraticamente con una larga maggioranza, forse su questo bisognava riflettere. Un paese che si lascia affascinare da una serie di filosofie politiche, senza radici, solo una grande chioma verde da ammirare. Deduco che, non solo i rappresentanti del movimento erano inesperti, i veri inesperti di politica, sono gli elettori. Amministrare non significa ammirare il fine, bisogna analizzare i mezzi. Con questo voglio dire che, il RDC, era come costruire un secondo piano di un palazzo, senza aver prima provveduto alle fondamenta, senza aver progettato il primo piano. Bisognava riorganizzare i centri per l’impiego ( ex collocamenti ), rendere funzionali le agenzie di lavoro, far addentrare le associazioni che si occupano degli ” ultimi”, sono soprattutto queste che hanno contezza della ” vera ” povertà. Alla domanda rispondo che, senza volerlo, il RDC è diventato per gli inesperti di politica uno strumento di consensi, voti, voti, solo voti. Sarebbe interessante conoscere i nomi di chi usufruisce del RDC , al netto di malavitosi, approfittatori, e di tutti coloro che non vogliono conoscere il nobile valore del lavoro, rimarrebbero in pochi, forse quelli indicati dalle associazioni. Provate ad immaginare il movimento senza il loro cavallo di battaglia. Esisterebbero ancora? Secondo voi, il RDC aiuta i giovani, oppure brucia i loro stimoli, i loro orizzonti, il loro crescere con se stessi e con gli altri? Se amministrare significasse utopia, noi, figli degli anni 70, che raccoglievamo i frutti degli anni 60, la romantica anarchia, il mondo migliore, non aspettavamo gli inesperti privi di una identità politica. Un innamorato della politica romantica, troppe volte tradito dalla volontà delle masse.
Raffaele Sposito