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In questo articolo vi parlerò di Antonio De Curtis, meglio conosciuto come “Totò”, soprannominato “il principe della risata”.

Totò resta il più grande orgoglio prima  napoletano e poi italiano, nato il 15 Febbraio 1898 nel Rione Sanità (Napoli) fu destinato a diventare attore, paroliere, sceneggiatore, commediografo e  il maggior interprete della storia del teatro e del cinema.

Da giovane non era particolarmente propenso allo studio, per questo motivo non conclude i suoi studi ginnasiali e si arruola nell’esercito militare durante la Prima Guerra Mondiale. Ciò che però era destinato a diventare “Totò” fu qualcosa di ben lontano da tutto questo; aveva una spiccata dote per l’imitazione, un talento.

 Crebbe  in condizioni disagiate, era un ragazzo solitario, di indole malinconica, e fin da bambino dimostrò la sua vocazione artistica. Si racconta che osservasse le persone di nascosto, in particolare quelle più eccentriche che gli suscitavano curiosità e,così, le imitava; non a caso lo chiamavano “o’ spione” (lo spione) , proprio perché tutti sapevano e in qualche modo si divertivano a loro volta a osservare questo astro nascente.

Frequentava fin da giovanissimo i teatrini periferici esibendosi in macchiette e imitazioni, ed è proprio su uno di questi palchi che conobbe Eduardo De Filippo, che ebbe su di lui una notevole influenza.

Tuttavia l’ascesa di Totò nel teatro non fu affatto cosa semplice; dopo varie situazioni familiari irrisolte egli cadde in un profondo sconforto che per un periodo lo portò ad allontanarsi dal teatro.

Però Antonio senza teatro non sapeva vivere; per questo decise di esibirsi di nuovo nei piccoli locali, anche se di tanto in tanto, e fu il consenso del pubblico a dare di nuovo vita all’attore.

Ciò, però, non compensava al massimo il suo stile di vita, poiché la paga non era alta e fu allora che l’attore sentì il bisogno di fare di più; rinnovò tutto il suo teatro, inscenando mimiche facciali, piroette, doppi sensi e tra grida e applausi Totò tra il 1923 e il 1927 si afferma finalmente nel teatro facendosi conoscere e amare a livello nazionale.

Dedicava sempre a qualcuno i suoi spettacoli, di solito a una bella donna tra il  pubblico; prima di iniziare uno spettacolo sbirciava dalle quinte e sceglieva la “sua donna” alla quale avrebbe dedicato ogni battuta e ogni sguardo di quella esibizione.

Le opere del “principe” sono tante, ma quelle che gli diedero fama e futuro furono in particolare “Miseria e Nobiltà”, “Messalina” e “I tre Moschettieri”; rimase impresso nel cuore e negli occhi del pubblico “Messalina”; in quella occasione Totò per la prima volta improvvisò una scena sul palco, arrampicandosi sul sipario, facendo smorfie agli spettatori, i quali lo acclamarono e andarono in visibilio.

Da qui iniziò a improvvisare sempre, in ogni suo spettacolo, rendendo ogni sua esibizione speciale e unica.

Tuttavia l’attore  per un breve periodo passò nel dimenticatoio fino agli anni Settanta quando grazie alla diffusione della televisione scoppiò  una “rivoluzione” che interessò la sua figura artistica, ciò che gli consentì il suo postumo successo.

Totò oltre ad essere divertente ma allo stesso tempo malinconico, versatile ma allo stesso tempo fermo nel suo registro artistico, era particolarmente sensibile e consapevole che lui sarebbe stato apprezzato a pieno solo dopo la sua morte; indimenticabile a tal proposito la citazione dell’attore circa l’attitudine umana di idolatrare le persone solo dopo la morte:”Al mio funerale sarà bello assai perché ci saranno parole, paroloni, elogi, mi scopriranno un grande attore. Perché questo è un bellissimo Paese, in cui però, per venire riconosciuti in qualcosa, bisogna morire”.

Antonio de Curtis era  molto superstizioso, accettava quelli che nella sua vita erano stati eventi negativi, ironizzando sul suo essere “sfortunato” , e in merito a ciò celebre fu la scena della “patente da iettatore” ; l’attore sosteneva che date le innumerevoli sfortune avrebbe dovuto fare di lavoro lo iettatore e così almeno guadagnarsi da vivere. Si propose di collocarsi prima in un negozio, poi in un altro , dietro la porta a squadrare la gente che vi entrava; guardando quella figura nessuno sarebbe entrato in quel negozio e allora il titolare avrebbe offerto lui dei soldi per cacciarlo e farlo collocare nel negozio del suo rivale; così facendo, sarebbe diventato ricco semplicemente facendo lo “iettatore.”

Il figlio della Sanità inoltre era un uomo estremamente generoso, come ricorda Vittorio De Sica:” A parte l’artista, ricordare l’”uomo Totò” mi riempie di commozione. Era veramente un gran signore, generoso, anzi, generosissimo. Arrivava al punto di uscire di casa con un bel po’ di soldi in tasca per darli a chi ne aveva bisogno e, comunque, a chi glieli chiedeva”.

Tale generosità si esplicava soprattutto nella cura degli animali. Non è un mistero infatti che Totò adottò 220 cani finanziando un rifugio per i quattro zampe ai quali dedicava anche delle poesie.

Come egli stesso affermò: “ Che me ne faccio di 220 cani? Me ne faccio, signorina mia, che un cane vale più di un cristiano, il cane è nu signore, tutto il contrario dell’uomo. (…) Io mangio più  volentieri con un cane che con un uomo!”.

Molti sono gli artisti che nutrono e nutrivano stima e ammirazione nei confronti di Totò. A tal proposito ricordiamo le parole che Lucio Dalla dedicò all’artista( proprio oggi nel “suo” 4 marzo): «La bellezza di Totò è la bellezza di Napoli. Napoli, si fa presto a dire, sembra una città, non lo è, è una nazione, è una repubblica. L’ammirazione che io ho per il popolo napoletano nasce proprio da questo amore per Totò. Napoli è il mistero della vita, bene e male si confondono, comunque pulsano. Sono stato influenzato dall’esistenza di Totò sotto tutte le forme, per me era un mito».

Ed è così, perché Totò ha dato un enorme contributo alla nostra storia e continuerà a rappresentare un esempio da seguire… non solo per chi ama il teatro.

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