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I calabresi come massima espressione dell’astensionismo

Il 12 giugno si è svolto il referendum circa i cinque quesiti sulla giustizia. In alcune zone d’Italia, si è votato anche per il rinnovo del consiglio comunale. Quasi 51 milioni di italiani erano chiamati alle urne e in quelle città in cui si votava solo per i referendum ha risposto alla chiamata quasi il 20,90 % dell’elettorato attivo. Molto probabilmente questa percentuale sarebbe stata molto più bassa se non ci fossero state le elezioni amministrative. Il voto per il rinnovo del governo locale ha coinvolto con maggiore interesse gli elettori. Questi, con la scheda elettorale in mano, si sono recati nei seggi di appartenenza per esprimere il proprio parere sulla realtà che vivono quotidianamente, sperando di poter cambiare e apportare un miglioramento alla loro macchina governativa. Infatti, i cambiamenti si fanno in cabina elettorale.

Il tasso della partecipazione alle votazioni

Per questo motivo il voto per le comunali, mediamente, in Italia ha coinvolto circa il 60,12%, il che ha aiutato ad accrescere la percentuale degli elettori anche per il referendum. In quelle città in cui non si votava per le amministrative, la percentuale dei votanti non ha raggiunto il 10%. Ecco perché si può pensare che senza lo stimolo delle elezioni amministrative, non si sarebbe raggiunto nemmeno il 20,90%. Tuttavia il risultato delle amministrative non è nemmeno così straordinario. Anche in questo caso si nota una forte mancanza di partecipazione al mondo politico che viene visto come un qualcosa di insensato e lontano dalla realtà.

L’astensionismo come fenomeno di disinteresse

In gergo tecnico tutto ciò si definisce con un unico termine: astensionismo. Infatti, molti cittadini decidono di astenersi di proposito, per ostentazione, per indifferenza, per protesta dal presenziare alle votazioni, quindi dal non adempiere a ciò che per loro è un dovere ma anche un diritto.

Questi sono i numeri a livello nazionale, ma è necessario fornire uno spaccato della realtà politica calabrese in cui l’astensionismo si avverte in maniera preoccupante. In una terra dormiente e popolata da disillusi, questo sentimento di mancato riconoscimento nelle istituzioni e nei partiti politici si avverte in maniera spropositata. A recarsi alle urne per esprimere il proprio voto circa i cinque quesiti sulla giustizia si sono recati solo il 20% degli elettori. Va un po’ meglio circa la percentuale dei votanti per le elezioni amministrative che raggiunge il 60%, allineandosi alla media nazionale

Le origini della mancata partecipazione

Per rintracciare le origini di questo spiccato ma alquanto scontato astensionismo al referendum vi è una mancata informazione da parte della carta stampata e dei tg, sia nazionali che regionali. Una rete televisiva calabrese molto seguita, alla vigilia del voto, ha ricordato soltanto la necessità di recarsi alle urne per le votazioni comunali senza citare quelle referendarie. Anche i tg nazionali hanno ignorato (volutamente?) il voto sulla giustizia. Sui profili social dei vari politici pochissimi sono i post dedicati al referendum e quei pochi risalgono al 10 giugno, il giorno prima del silenzio elettorale.

Inoltre, si può pensare anche che l’insuccesso della consultazione sia dovuta al fatto che i quesiti erano di difficile comprensione per chi di giustizia conosce poco o nulla. Quesiti troppo lunghi, molto specifici, poco accattivanti, di scarso interesse popolare. Si è svolto un referendum abrogativo di cui nessuno sapeva nulla, ma soprattutto di cui nessuno si è interessato. La maggior parte dei calabresi ha espresso il proprio voto in seguito alle elezioni amministrative. In quelle città in cui non si svolgevano le elezioni amministrative, la percentuale dei votanti è stata scarsa. Il caso più emblematico è rappresentato dalla città di Corigliano-Rossano che su 50.000 aventi diritto al voto, se ne sono presentati solo 4.000.

Votazioni in Calabria: un vero e proprio flop

In Calabria, anche se in misura minore rispetto a quanto successo a Palermo, in alcuni casi è stato difficile costituire il seggio a causa di una scarsa adesione dei presidenti. Invece di scrutatori se ne sono presentati a volontà… sì, ma sostituti. Nemmeno quelli nominati dal comune si sono presentati. Eppure l’opinione nei seggi era comune: “vado a guadagnare 200 euro, tanto non viene nessuno a votare”, oppure “poveri quelli che devono vidimare anche le schede delle amministrative”.

Sì, perché queste votazioni sono state un vero e proprio flop sotto più punti di vista: politico, sociale, informativo ed economico. Lo Stato ha sprecato molti soldi per pagare le forze dell’ordine, gli impiegati comunali, i presidenti di seggi, i segretari, gli scrutatori. Senza parlare di infinite schede da stampare. Infatti ogni votante aveva 5 schede (6 nel caso delle comunali): per una sezione con 915 votanti, sono state sprecate 4575 schede e utilizzate appena il 5%.

Gli anziani come stimolo per i giovani

Chi, però, si è recato alle urne è stata quella fetta di popolazione appartenente al triennio 1935/1938 che, con la scheda elettorale in mano e le stampelle su cui reggersi, non hanno voluto mancare all’appuntamento. Se solo i giovani d’oggi sapessero le battaglie per esprimere il proprio voto, se solo sapessero quanti diritti sono stati violati prima che questo venisse riconosciuto. Qualora servisse un simbolo per far avvicinare i giovani alla politica, allora basterebbe l’immagine di quel vecchietto che alle 7 di mattina si è presentato al seggio per esprimere il suo voto e che, allontanandosi, ha detto “spero che non sia l’ultimo”.

Isabella Cassetti

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