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Le analisi di vari crani, datati a più di 4.000 anni fa, rivelano la sofisticazione dell’arte chirurgica egizia e la loro abilità nel riconoscere i tumori

I casi di tumore sono stati oggetto di studio e tentativi di cura sin dai tempi degli antichi Egizi. Questo è dimostrato dall’analisi di due crani dell’antico Egitto appartenenti a diverse dinastie, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Frontiers in Medicine”.

Entrambi i resti umani sono conservati nel Laboratorio Duckworth dell’Università di Cambridge, nel Regno Unito. Uno dei due crani, risalente al periodo tardo (664–343 a.C.), mostra una neoplasia primaria e diverse fratture craniche guarite, indicando la capacità della medicina egiziana antica di gestire traumi cranici gravi. Il secondo cranio, risalente all’Antico Regno (2687–2345 a.C.), rivela una neoplasia primaria e secondaria ed è uno dei più antichi casi conosciuti di tumore maligno nell’antico Egitto.

La nuova analisi di quest’ultimo reperto ha rivelato segni di taglio associati a diverse lesioni metastatiche. Tali segni potrebbero essere correlati a un tentativo di trattamento chirurgico in prossimità del decesso o a un’esplorazione medica post-mortem, sollevando interrogativi critici sulla comprensione e gestione precoce dei disturbi oncologici nella storia della medicina.

Ciò che ha stupito i ricercatori sono stati i segni di taglio attorno alle lesioni, probabilmente realizzati con uno strumento metallico. Questo suggerisce che gli antichi Egizi possedevano conoscenze avanzate di chirurgia, sorprendenti per l’epoca, mescolando tecnologie rudimentali con pratiche mediche sofisticate.

La scoperta apre nuove prospettive sulla comprensione delle capacità mediche dell’antichità.

Loredana Zampano

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