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“Moharebeh”, questa è stata la colpa attribuita a Mohsen Shekari, giovane artista iraniano di 23 anni morto impiccato giovedì 8 dicembre, dopo che il tribunale della rivoluzione islamica di Teheran lo ha riconosciuto reo della “guerra contro Dio”. Si tratta della prima esecuzione di un manifestante condannato per aver preso parte alle recenti proteste antigovernative insorte dopo la morte di Mahsa Amini, a seguito di una violazione dei rigidi codici di abbigliamento imposti dal regime islamico.         

La paura dilaga nel momento in cui si inizia a prendere consapevolezza che la morte di Shekari può essere la prima di tante e questi continui avvenimenti di grave importanza e preoccupazione non esortano di certo ad allontanare questo pensiero. Da tempo le autorità iraniane stanno reprimendo con violenza il movimento di protesta e le vittime che si registrano negli ultimi tre mesi sono tantissime, circa 400. Un numero considerevole, certo, ma che non ha posto fine alla determinazione dei manifestanti, i quali si battono per far valere i loro diritti, la loro libertà, un bene che deve essere paradossalmente ancora conquistato, lottando con le unghie e con i denti, urlando in faccia all’ignoranza, una ignoranza che uccide, che sparge sangue per le strade, sui volti, sulle parole di donne e uomini che amano la propria vita, nonostante tutto.

VERITA’ CONTRO GUERRA

La storia di ogni popolo è sempre stata turbolenta, sanguinosa, violenta ma, se la si studia, è perché a renderla unica è stata sempre la forza dell’uomo, che ha oltrepassato confini, lotte, guerre fratricide, in nome di una propria autonomia e libertà. La storia è verità e la verità non si può cancellare, non si potranno tagliare le corde vocali a tutti gli uomini che sanno dove risiede la verità e che vogliono farla conoscere.

Può sembrare utopia, ma insieme, tutti insieme, probabilmente si riuscirebbe a far cambiare la storia, a far vincere l’umanità o, per lo meno, a far capire che di fronte alla guerra, alla privazione della libertà non si sta in silenzio. Se solo tutte le voci di tutti gli uomini e le donne che compongono tutte le popolazioni del mondo si potessero unire gridando all’unìsono, probabilmente una rivoluzione ci sarebbe, ma una rivoluzione giusta, legittima, responsabile, doverosa.

Tutti coloro che stanno perdendo la vita in Iran sono persone che non hanno chinato il capo e che, nonostante il loro triste destino, resteranno nelle pagine di questa triste ma incisiva e importante storia. Nessuno sa se le cose miglioreranno o peggioreranno ma ciascuno è consapevole che non può restare inerme di fronte a quello che sta accadendo: bisogna educare al rispetto, al bene, alla tolleranza. Ogni cuore deve battere seguendo le note di una stessa melodia, forse solo così non si sentirebbero gli spari.

Alessia Pisarra

One response

  1. Il nemico da combattere sono le religioni. Nel caso specifico, la cultura iraniana è fortemente influenzata dalla religione islamica che influenza tutti gli aspetti della vita quotidiana. In lingua araba, Islam significa sottomissione e il musulmano è colui che si sottomette al volere di Dio. La Repubblica Islamica dell’Iran si fonda sull’idea che, in virtù della loro capacità d’interpretare il volere divino, i “chierici” debbano esercitare il potere politico. Questa è la guerra da combattere, L’IGNORANZA, e come l’ Iran, tanti altri popoli subiscono la forte influenza delle religioni e il rapporto con il potere politico. L’ umanità ha superato credi medioevali, l’intelligenza dell’essere umano ha fatto molti progressi, la società si è evoluta. Nessun riferimento alle crociate, altro scempio voluto dalla chiesa di Roma. Nessun riferimento alle numerose guerre scatenate dalle religioni. Le guerre da combattere sono le religioni, ovvero, gli spermatozoi fertili dell’ IGNORANZA.

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