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Che cos’è l’ecoansia?

Il 2022 ed il giovane 2023 lamentano con prepotenza i danni causati al pianeta Terra con sbalzi climatici costanti.

Ma le ripercussioni non ricadono solamente sull’ambiente.

E’ stato inserito da poco tempo nella letteratura scientifica un nuovo termine che spiega come le conseguenze del cambiamento climatico ed al surriscaldamento globale abbiano inciso sui comportamenti della popolazione, soprattutto nelle nuove generazioni: stiamo parlando dell’ecoansia.

Di primo impatto può far pensare alla nuova parola del momento, coniata per l’ennesima circostanza di poco conto, ma non è così.

L’ecoansia indica la preoccupazione o l’ansia cronica di non riuscire a definire il proprio futuro di conseguenza agli attuali e futuri sconvolgimenti climatici.

A livello fisico può provocare problemi come solastalgia (angoscia emotiva o esistenziale), attacchi d’ansia, tensione, difficoltà nei rapporti sociali ed insonnia.

Pensare al futuro è possibile?

A soffrirne maggiormente sono le nuove generazioni. Per questa ragione molti giovani si stanno rimboccando le maniche per promuovere uno stile di vita più sostenibile che permetta lo stabilizzarsi delle tensioni climatiche, determinati a non alimentare peggioramenti.

I ricercatori ambientali affermano che se ad oggi arrestassimo ogni attività che causa inquinamento, solo tra decine di decenni potremo vedere rifiorire lentamente la Terra: questo fattore terrorizza tutti i giovani interessati al futuro del pianeta.

Le nuove generazioni portano le proprie voci in piazza attraverso comizi ed incontri o attraverso mezzi di comunicazione per promuovere la causa, cercando di calmare la tensione ambientale provocata da notizie forti ma alimentando allo stesso tempo il lento propagarsi di informazioni utili ad incrementare la consapevolezza delle conseguenze dell’impatto di ogni nostro gesto sull’ambiente.

Le ricerche dimostrano però che la maggior parte degli intervistati, circa il 90%, compresi nella fascia di età tra i 18 e 35 anni, soffrono (talvolta anche inconsciamente) della paura del futuro a lungo termine a causa dei costanti cambiamenti climatici.

Sul piano relazionale/sociale i risultati ottenuti dimostrano che una grande percentuale di persone sta pensando a non avere figli in quanto non accetta di far vivere la propria prole in un ambiente angusto come quello studiato e previsto dagli scienziati da qui a 30 anni ed oltre.

Il cambiamento climatico avrà ripercussioni anche su attività commerciali che non avranno più la medesima opportunità di produrre le stesse quantità di merce, ad esempio i coltivatori ortofrutticoli. Oltre ai bilanci dei commercianti e produttori in calo, il grande problema si avrà anche sulle quantità di cibo disponibili per sfamare l’intera popolazione.

Giovani meno interessati al cambiamento climatico?

Come già scritto, le statistiche hanno parlato abbastanza chiaramente, quasi il 90% degli intervistati si mostra interessato a questa tematica.

Ma cosa ne pensa la restante parte di questo fenomeno? In realtà è sbagliato affermare che non è interessato a tale tematiche, bensì vive con un focus differente la propria vita. Sono persone che talvolta presentano una situazione personale, che può includere la sfera famigliare ma soprattutto economica, che non permette di pensare ad un futuro così prossimo, focalizzando la propria concentrazione sulla risoluzione dei problemi attuali.

Una seconda fetta di persone che si dimostrano meno interessate puntano il dito contro l’inquinamento emesso dalle grandi imprese in tutto il mondo che fanno sembrare inutile il loro impegno di sostenibilità.

E’ corretto affermare che le emissioni rilasciate dalla Cina di anidride carbonica dalla sola combustione del carbone ammontano, per l’anno 2020, a più di 7 milioni di tonnellate.

E’ corretto affermare che il 2018 ha registrato la cifra più bassa, dal 1970, di petrolio rilasciato in mare: 116 mila tonnellate.

Ma è anche corretto evidenziare che il 2020, anno in cui i consumi rispetto agli anni precedenti sono stati minori a causa delle restrizioni sanitarie, ha registrato il consumo ad uso famigliare di 91 milioni di barili di petrolio al giorno.

E’ possibile parlare di futuro?

La sfida che dovranno affrontare le nuove generazioni è estremamente complessa ed è umano che una parte di essi lasci spazio a paure ed angosce.

Un problema da risolvere è dovuto al progresso e alla facilitazione nel raggiungere determinati obiettivi. Banalmente pensiamo a come veniva preparato un pasto del 1930 paragonandolo ad oggi vediamo già come il nostro stile di vita sia un continuo inquinare.

Immergiamoci superficialmente per un minuto nel 1930. Dobbiamo preparare pranzo e siamo distanti a cinque chilometri dal mercato di paese. Prendiamo la nostra bicicletta, ci dirigiamo presso il centro abitato ed acquistiamo le materie prime essenziali, escludendo però beni come l’acqua perché di difficile trasporto, ci rimettiamo sulla strada di ritorno, impiegando quindi in sella meno di un’ora in totale. Torniamo a casa e ci dobbiamo mettere ai fornelli, ricordandoci dell’assenza delle comodità moderne.

Ad oggi nel 2023 basta che accediamo ad applicazioni per consegne a domicilio e non dobbiamo neppure pensare a prelevare dal nostro portafoglio i soldi da consegnare al ragazzo delle consegne. Il lavoro dietro ad il rifornimento di cibo, la preparazione e la consegna vengono quasi non considerati dal consumatore finale.

Il passo importante da fare per avere uno stile di vita sostenibile sarà quello di tagliare le comodità o i surplus offerti dalla società moderna. Questo non deve però bloccare la giovane popolazione nel prendere decisioni importanti sul proprio futuro.

È importante far comprendere, per quanto impossibile, ad ogni singolo individuo che la via per permettere uno sviluppo prospero è data dal solo rispetto e dalla sostenibilità.

“Noi non abbiamo ereditato il mondo dai nostri padri, ma lo abbiamo avuto in prestito dai nostri figli e a loro dobbiamo restituirlo migliore di come lo abbiamo trovato”

Citazione masai

Elena Zullo

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