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Cosa significa vivere in guerra ed essere donna? Probabilmente avere il terrore nel cuore ma lottare duramente, costantemente e tenacemente per la vita stessa. Essere donna significa venire derubate di beni preziosi quali dignità, sicurezza e amore ma comunque sprigionare dagli occhi, dagli abbracci e da parole carezzevoli protezione e speranza.

Le donne ucraine tutto questo lo sanno bene, lo conoscono, lo provano sulla loro pelle da quasi un anno, da quando la Russia ha deciso di bombardare questi territori quasi dimenticati da Dio. Donne che ogni giorno vanno a dormire senza sapere se l’indomani avranno un tetto sopra la testa, del cibo, i familiari salutati la sera prima e, soprattutto, una vita. Giorni scanditi dal suono delle sirene antiaeree, dai razzi che volano sopra le loro teste e dalle bombe che esplodono.

Eppure, nonostante l’odio dilaghi, queste donne alzano gli occhi al cielo e si rimboccano le maniche; con la disoccupazione di molte persone e l’arruolamento soprattutto degli uomini nelle forze armate ucraine, le donne hanno assunto nuovi ruoli e molteplici lavori per compensare la perdita di reddito familiare. Si occupano degli figli, dei genitori anziani e anche di loro stesse, annaffiando con le loro stesse lacrime la voglia di non mollare, di pensare che questa guerra possa finire.

Donna e società

Prima della guerra, le femministe e coloro che hanno lottato per i diritti e la visibilità delle donne, hanno in gran parte svolto un lavoro di sensibilizzazione: corsi, programmi ed eventi educativi, organizzazione di azioni, marce, ecc. Ora questo lavoro si sta trasformando e gli aiuti si concentrano principalmente sulla sopravvivenza e sul sostegno umanitario: cibo, vestiti, alloggi, medicine.

Lo scenario è terrificante: donne incinte uccise, ferite, donne che partoriscono nei sotterranei, madri sopravvissute ai bombardamenti che allattano i figli tra macerie e sangue. Donne dagli occhi blu cielo, quello che ormai è grigio, nero, triste, soffocato dall’effetto dei bombardamenti. Donne orgogliose di essere ucraine, che scelgono di non lasciare la loro patria e di combattere, pur tremando la terra sotto ai loro piedi. Olga, Kateryna, Maryana, Olena, nomi senza volto o deturpato dalle brutture di guerra, sfigurate dal male, quello che l’uomo conosce bene, purtroppo.

Ma il grido della resistenza urla in quelle vie rase al suolo, accompagna il rumore assordante della sirene, anzi, tenta di sorpassarlo, di vincere su di esso, di metterlo a tacere. Loro sono madri di famiglia, mogli, vite che scalpitano e nulla potrà fermarle.

Alessia Pisarra

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