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Profughi di Serie A e di Serie B

Stiamo vivendo uno dei periodi più orribili dai tempi dei due conflitti mondiali. Abbiamo forse finalmente superato una pandemia molto sofferta e vediamo all’orizzonte un possibile conflitto nucleare dalle conseguenze disastrose. Eppure, anziché unirci come stanno facendo in molti, c’è ancora qualcuno che è pronto a dividere, a non riconoscere la stessa dignità all’essere umano. Sorvolando sulle vicende belliche e sui bollettini dal fronte, nei giorni scorsi hanno fatto scalpore alcune dichiarazioni di esponenti del mondo politico italiano, suscitando tantissime polemiche:l’eurodeputata della Lega Susanna Ceccardi ha affermato: “In Ucraina giustamente possono fuggire dalla guerra solo donne, anziani e bambini. Gli uomini dai 16 ai 60 anni debbono rimanere a combattere per la patria. Ecco perché le centinaia di migliaia di migranti uomini giovani e muscolosi arrivati in questi anni sui barconi che venivano da soli senza donne e bambini non scappavano da nessuna guerra. Oppure erano dei disertori”, il tutto condito con post e foto sui social tese a rafforzare il concetto di una “verifica” da fare per capire se queste persone stiano veramente fuggendo da una situazione di forte difficoltà. Il riferimento è ovviamente ai tanti profughi africani che ormai da anni arrivano sulle nostre coste in fuga dalla povertà e in cerca di un futuro migliore.

Il Presidente del Friuli Venezia Giulia Fedriga, anch’egli della Lega, in una recente intervista ha posto l’esigenza di adottare “percorsi differenti” per chi chiede accoglienza in Italia: “Non possiamo certo immaginare – dice Fedriga – di mischiare il flusso di profughi ucraini, composto al novanta per cento da donne e bambini, con quello che giunge attraverso i Balcani, soprattutto da Afghanistan e Pakistan e che comprende in gran parte giovani uomini, con tanti sedicenti diciassettenni che in realtà sono maggiorenni”.

I due casi in analisi sottolineano come una certa parte della politica tenda a classificare i profughi in alcuni di Serie A e altri di Serie B. Ai primi, quelli ucraini, siamo pronti a dare tutto il sostegno possibile, in tempi rapidi e organizzando qualsiasi manifestazione di solidarietà possibile. Sono in guerra e hanno visto in poco tempo tutta la loro vita distrutta. Ma non sono i soli a vivere una realtà del genere: quella iniziata alla fine di Febbraiodalla Russia non è l’unica guerra al momento sul nostro pianeta. Da anni, anzi decenni, sia in Africa che in Asia, Stati molto poveri sono dilaniati da conflitti, persecuzioni di ogni genere (razziale, religioso, politico), dittature che mettono sempre più a dura prova la vita di tanti popoli costretti a fuggire, verso una vita normale. Prima dell’Ucraina c’è stato l’Afghanistan ripreso dai Talebani solo per citare il più recente: le immagini della fuga dei cittadini afghani hanno fatto il giro del mondo (l’assalto al treno che sta per decollare con i tanti disperati aggrappati fino al decollo con molti purtroppo caduti in volo), ma ce ne siamo dimenticati troppo in fretta. Possiamo elencare lo Yemen con i suoi ancora attuali bombardamenti, le persecuzioni ai Cristiani nei Paesi dell’Africa Centrale, i Curdi che ancora oggi vagano nell’attesa del riconoscimento di una casa tutta propria e che nei vari Stati in cui si trovano (Turchia, Iran, Iraq, Siria) subiscono persecuzioni.

Di certo il conflitto in Ucraina è quello che oggi ci colpisce con più forza: è più recente, è più vicino a noi, più vicino al nostro stile di vita (qualcuno potrebbe dire “con lo stesso colore della nostra pelle”). Ma questo non deve distrarci dalla realtà: ci sono tante guerre, tante persone in fuga da soccorrere; provengono sì da parti del mondo diverse, ma hanno tutte bisogno dello stesso tipo di aiuto. In un momento simile creare una disparità del genere può generare solo altro odio e per come stanno andando le cose, è di sicuro l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno.

Mario Di Donato

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