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Il Festival di Sanremo è terminato da un po’ e, in controtendenza rispetto ai miei colleghi musicisti “classici”, ho seguito volentieri la gara perché penso che ogni genere musicale, seppur con mezzi e destinazioni diverse, possa essere definito senza dubbio Arte nel momento in cui fornisce un’emozione a chi sta ascoltando.
Diffidate da coloro che dicono di boicottare il Festival o che disprezzano tutte le canzoni in gara e si lamentano anche della durata della trasmissione, saranno i primi a scannarsi su Facebook persino per le giacche di Amadeus.

La storia che voglio raccontare oggi confluisce nel Festival, ma parte da un migliaio di chilometri più a Sud, dove, nella cittadina di Misilmeri (Palermo), un ragazzo di allora 28 anni pubblica il suo primo album con il nome di Dimartino.
Un cantautore che dimostra in ogni suo disco, al di là dello stile adottato e delle tematiche affrontate, una conoscenza viscerale della discografia italiana da Battisti a Dalla passando per De André e Tenco.
Un “fardello” che non lo rende “vittima” del passato, ma sua naturale conseguenza.
Abbinati ad una scrittura elegante, in cui bastano poche parole per descrivere immagini di enorme bellezza, un ruolo determinante è assunto da arrangiamenti ricercati nelle sonorità e nei ritmi, complice la sua enorme esperienza e conoscenza tecnico-musicale, mostrata anche nel corso delle esibizioni dal vivo.

Dopo il primo album “Cara maestra abbiamo perso” pubblicato nel 2010 e costruito da sonorità ancora legate al suo passato di frontman dei Famelika, i successivi due lavori affermano la definitiva identità del cantautore siciliano e ci introducono al senso più profondo e predominante di molte delle sue canzoni: un legame viscerale con la Sicilia e più in generale con le storie, i volti e i paesaggi che indubbiamente sono comuni a tutti i borghi e i quartieri popolari del sud Italia.

È Cesare Pavese a suggerire il titolo del terzo album di Dimartino, “Un Paese ci Vuole”, che vedrà tra gli altri la collaborazione in una traccia di Francesco Bianconi (frontman dei Baustelle) e in quella finale di Cristina Donà, dal titolo “I Calendari”.

Una pausa di qualche anno e Dimartino spiazza gli addetti ai lavori con il quarto album dal titolo “Un Mondo Raro”, una raccolta di canzoni della cantante messicana Chavela Vargas, tradotte in italiano e incise in collaborazione con Fabrizio Cammarata e registrate con la band dei due chitarristi storici dell’artista messicana a cinque anni dalla sua morte.
All’interno dell’album è contenuta anche la traccia “Verde luna”, già incisa in lingua originale ad inizio anni ’80 da Mina.
Nel 2019 “Afrodite” chiude (momentaneamente) un cerchio iniziato molti anni prima, un disco che racconta l’amore dal punto di vista di vari personaggi che si muovono prevalentemente nei quartieri popolari della città di Palermo.

La storia recente di Dimartino è costellata di grandi successi, dalla realizzazione con Brunosi Sas di “Diego ed io” (brano utilizzato come canzone ufficiale della più grande mostra europea su Frida Kahlo mai realizzata, con sede al Mudec di Milano) fino alla collaborazione come autore per vari “big” della musica italiana come Emma Marrone, Francesco Renga, Arisa e Levante.
La vittoria del premio “Lucio Dalla” e l’enorme successo di “Musica Leggerissima” in coppia con Colapesce sono ormai di dominio pubblico, ma questo breve articolo (per cui mi perdonerete perché in alcuni tratti troppo fazioso) vuole essere un modo per guidare gli ascoltatori all’interno del mondo più profondo, “anzi profondissimo” di uno dei migliori cantautori della sua generazione.

Nonostante io ritenga fondamentale ascoltare la maggior parte dei lavori di un artista per poterne apprezzare appieno la qualità e soprattutto l’evoluzione, mi permetto di consigliare, a tutti coloro che non hanno viaggiato nella mia auto negli ultimi 6 anni, una Playlist di 10 ascolti che aiuteranno certamente ad apprezzare alcune sfumature di quanto appena trattato:

Da: “Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile”

-Maledetto Autunno
-Ormai siamo troppo giovani

Da: “Un paese ci vuole”

-Come una guerra la primavera
-La vita nuova
-Una storia del mare (ft. Francesco Bianconi)

Da: “Afrodite”

-Feste comandate
-Ci diamo un bacio (ft. La rappresentante di lista)

Da: “I Mortali” (con Colapesce)

-Rosa e Olindo
-L’ultimo giorno
-Nati per vivere (adattamento italiano di Born to live di Marianne Faithfull)

Antonio Montecalvo

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