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Illustrazione di Ilaria Longobardi (@dallamiap.arte)

Una vita troppo breve quella di Mario Pilati, compositore napoletano di inizio ‘900, allievo della classe di composizione del Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli all’età di soli 15 anni e successivamente, all’età di 21, vincitore della cattedra di composizione del Liceo musicale di Cagliari. 
Apprezzato dai suoi colleghi contemporanei e artista di grande prospettiva all’interno del panorama musicale internazionale del ‘900 storico, dopo aver vinto la cattedra di insegnante anche nei conservatori di Palermo e della sua Napoli, una malattia che combatteva da circa due anni lo portò alla prematura scomparsa il 10 Dicembre 1938. 
La successiva scomparsa della moglie e l’immediato scoppio della Seconda Guerra Mondiale gettarono un velo di oscurità sulle sue opere così come su tutto l’intero periodo precedente il conflitto mondiale. 
 
Negli anni ‘90 una delle figlie, Laura, nonostante una nuova vita costruita fuori dall’Italia e dal mondo della musica classica, in seguito alla richiesta da parte del flautista Mario Carbotta di visionare la celebre sonata per flauto e pianoforte scritta da Pilati nel 1926 e citata nel DEUMM, scoprì che la stessa era presente in copia fotografica all’interno degli archivi del Conservatorio di Napoli, ma era stata prelevata da un musicista e mai più restituita. 
La donna riuscì a rintracciare il distratto musicista ormai in pensione e riottenere la copia dell’opera del padre. 
Da quell’episodio Laura Pilati avvia una faticosa operazione di riscoperta del repertorio del padre agli occhi degli editori e degli esecutori contemporanei riuscendo a tracciare una strada percorribile non solo per ristabilire l’importanza culturale del padre, ma più in generale nella possibilità di facilità della ricerca con i mezzi odierni in nostro possesso. 
 
Di tutti i lavori della breve carriera di Pilati spicca indubbiamente la sonata per flauto e pianoforte, composta inizialmente in forma di sonatina in due movimenti nel periodo degli studi e successivamente rimaneggiata nella forma attuale. 
Proprio questo brano gli valse il prestigioso Premio Coolidge nel 1927, concorso svolto annualmente e che vide tra i suoi vincitori artisti del calibro di Stravinsky, Ravel, De Falla, Bartok, Bloch e Hindemith. 
Ancora oggi l’originale è presente nella Biblioteca della Fondazione Coolidge a Washington. 
Molto eseguito anche il concerto in Do maggiore per orchestra erroneamente definito in alcuni documenti “concerto per pianoforte e orchestra” dato l’utilizzo innovativo del pianoforte non con ruolo riempitivo o coloristico, ma come strumento alla pari degli altri nel quadro generale. 
 
Nonostante l’utilizzo di un linguaggio musicale di taglio internazionale, Mario Pilati non rinnega le sue radici partenopee omaggiando la lingua napoletana con “Tre canti napoletani” (basati su antiche poesie napoletane), “Due epigrammi” ed “Echi di Napoli”, mescolando le sonorità europee e l’intimità della musica da camera al sentimento e alla storia della tradizione napoletana. 
 
Seppur datato, è presente su internet un sito creato dalla stessa Laura Esposito Pilati e da Laureto Rodani nel quale è possibile reperire tutte le informazioni raccolte negli anni e scoprire maggiori aneddoti sulla vita di un compositore e anche di un padre scomparso troppo presto e del gesto d’amore e di grande valore culturale operato da una figlia. 

Antonio Montecalvo

Sonata per flauto e pianoforte, Premio Coolidge 1927
Tammuriata, estratto da “Echi di Napoli”



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