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Finalmente ritorna il pubblico tra le sedie del teatro

Perchè rivedere il pubblico al Teatro Ariston ha riacceso in me la speranza

La speranza, si sa, è dura a morire. Confesso che, negli ultimi due anni, la mia e quella di molti nella mia condizione di musicisti emergenti si è andata via via affievolendo. Come potevamo noi, poveri emergenti, sperare in un ritorno alla normalità se perfino il Festival della canzone italiana non ha ospitato gli spettatori all’interno dei suoi spalti, accettando una soluzione di compromesso?

Il Festival del 2021 ci ha dato proprio questo tipo di batosta, ci ha fatti sentire impotenti e privi di qualunque mezzo per poter lavorare in condizioni dignitose, senza dover suonare la nostra musica in uno studio o ciascuno nella propria cameretta?

Come poteva il pubblico stesso, a sua volta, sperare di poter tornare nuovamente a godere della fruizione della musica dal vivo se non durante la breve parentesi estiva?

Queste e molte altre erano le domande che si affastellavano nella nostra mente, e anche per questa edizione avevamo temuto il solito squallido, nonché misero spettacolo grottesco.

Il Festival si svolge, con tutte le difficoltà e le critiche del momento, ogni anno, dal 1956, quando a vincerlo fu una giovane Nilla Pizzi con Grazie Dei Fiori, fino ad oggi, un evento di portata nazionale via via amplificatosi con il diffondersi degli apparecchi televisivi, un palco che ha ospitato il nostro Domenico Modugno e il mai dimenticato Rino Gaetano, il ragazzo della Calabria, che con il suo abito sui generis e il testo di Gianna inchiodò molti al proprio posto (ebbene si, nel 1978, edizione in cui partecipò Rino, parlare di sesso stato un gesto rivoluzionario).

Ora, possiamo dirne di cotte e di crude sul Festival, possiamo parlare per ore sulle gaffe clamorose dei conduttori o degli ospiti, sui gesti che alcuni artisti fanno sul palco o sugli abiti che, nel medesimo contesto, indossano. Va bene così, pour parler, del resto sono pochi  coloro che lo guardano per ascoltare qualcosa di nuovo, qualcosa da poter canticchiare mentre si svolgono le faccende, mentre si va a fare la spesa o semplicemente, ci si beve una birra al pub, no no, molti lo guardano per parlare di qualcosa che non sia la vita di tutti i giorni, perché, diciamolo onestamente, serve un po’ di svago nelle nostre vite. Ne abbiamo diritto e così è giusto che sia.

Fino a qualche anno fa non lo guardavo, da duro e puro del rock britannico, poi ho cominciato a guardarne ogni edizione, dal 2017.

E perchè avrei dovuto iniziare?

Per una semplice ragione: da cantautore e da fruitore della buona musica credevo che, da lì e negli anni a venire, la musica italiana sarebbe stata in grado di rimanermi impressa, che fosse in grado di sprigionare una nuova vitalità, me lo sentivo, e così è stato quando, per esempio, gli Zen Circus portarono L’Amore è Una Dittatura che, più che una sberla, è un sonoro calcio nei denti, a mio avviso, perché, parafrasandone il testo, l’amore per ciò che facciamo è un imperativo, in suo nome compiamo gesti che, spesso, molta gente, bolla come “follia pura” mentre, allo stesso tempo, tutto ciò che sentiamo e proviamo, minuto per minuto, va velocemente avanti senza un ordine ben preciso.

Perchè, alla fine, l’edizione del 2022 mi ha ridato la speranza

Sigla d’apertura, le luci si accendono sulla scenografia dell’Ariston a cui ha seguito, subito dopo, un sonoro e caloroso battito di mani. Il pubblico è tornato a Sanremo!

La mia esultanza è stata molto simile a quella di un ultras in curva, non sono riuscito a contenermi particolarmente, non si direbbe perchè sono di natura abbastanza mite. Non direi di esser stato felice, no, quanto piuttosto di essermi sentito vincitore di una guerra lunga. Perchè si, sento che io e tutti quelli che, come me, hanno sofferto le restrizioni causate dalla pandemia, ce l’abbiamo fatta e quale occasione migliore per averne la certezza se non durante l’apertura del sancta sanctorum della musica italiana? Ne siamo usciti da questa piaga, e non rimanderemo neanche più uno spettacolo, potremo andare ai concerti e lasceremo che la gente venga ai nostri, come è giusto e umano che sia.

Ora, ciascuno conserva i propri dubbi e la propria disapprovazione per la manifestazione in sé, io stesso ne ho ma non conta: in questa edizione ho ritrovato la speranza, che era l’unica cosa di cui, onestamente parlando, avevamo bisogno.

Sta bene.

Dario Del Viscio

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