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L’estate è giunta al termine ma anche quest’anno ha persistito il problema delle spiagge in Liguria nel rispetto delle direttive europee, regionali e comunali.

La snella e rocciosa Liguria ha ospitato turisti per più di cinque volte il numero dei suoi abitanti. La cattiva gestione dei permessi alle spiagge libere e private e i problemi ambientali non valutati correttamente hanno messo in difficoltà il settore del turismo.

Quanto sono sane le acque della riviera ligure?

A questo quesito risponde Goletta Verde che, nei primi giorni estivi, ha prelevato 17 campioni lungo le rive liguri. Il 35% delle acque risulta fortemente inquinato superando più del doppio i limiti normativi consentiti. In particolare le foci dei fiumi alimenterebbero l’inquinamento delle acque salate, a seguito delle criticità riscontrate nella fase di depurazione.
Il problema sussiste da tempo, infatti la Liguria negli anni ha già pagato somme cospicue alla Comunità Europea per l’ammontare di 142 milioni di euro. Legambiente richiama le istituzioni per rintracciare la causa della mala depurazione e richiede maggiori controlli per individuare l’origine del problema, permettendo la salvaguardia dei sistemi fluviali migliorando di conseguenza la balneazione.
Il Consorzio Nazionale Oli Usati (CONOU) è parte attiva in questo quadro. Infatti il prodotto da loro lavorato, se non trattato con i giusti criteri e immesso in natura riporterebbe (e riporta) danni importanti difficili da ripristinare. Per questo motivo, il Consorzio dal 1984 si impegna nella lavorazione di questo elemento per rigenerarlo e permettere di riutilizzarlo a beneficio dell’ambiente.

Le aree segnalate in rosso hanno riscontrato tassi di inquinamento maggiori rispetto a quelli permessi dalla normativa ambientale.

Ribattere non conoscendo le proprie norme

L’inquinamento va a braccetto con un’altra questione: il criterio di scelta e la quantità di spiagge libere. Infatti la Legge Regionale Liguria 4/7/2008 n. 22, definisce l’obbligatorietà di mantenere il 40% di spiagge libere rispettando la loro morfologia, la qualità, la dimensione e la posizione. Non possono quindi essere concesse come spiagge libere quelle di piccole dimensioni, difficili da raggiungere, non accessibili ai disabili o che non rispettino i criteri di igienicità previsti.

Le stime indicano che circa 21 comuni sui 63 totali sono trasgressori di tali norme. Tra queste, Spotorno che presenta il 3% di spiagge libere mentre Rapallo il 16%.

Si è quindi chiesto al referente di Conamal (Coordinamento Nazionale Mare Libero), Stefano Salvietti, il motivo del mancato rispetto delle norme per giustificare il sovrannumero di spiagge private concesse dalla Regione Liguria, respingendo la responsabilità della problematica verso il rinnovo automatico dei permessi. Questa metodologia è stata dichiarata dall’Unione Europea l’illegittima, dovendo procedere invece con appalto pubblico.

Un’estate 2024 migliore

A questo punto, avendo analizzato la qualità delle acque liguri e la quantità di spiagge private che hanno ricevuto il permesso di balneazione privata, bisogna chiedersi su quale piatto stia l’interesse della Regione.

Certamente l’individuazione del problema dell’inquinamento, probabilmente derivabile alla conduzione errata nella fase di depurazione, e la sua risoluzione comporta spese di responsabili non sono pronti a prendersi il carico. Ma le ripercussioni di questi comportamento ricadranno sicuramente nell’elenco delle mille problematiche ambientali che noi giovani dovremmo prenderci carico negli anni futuri quando il problema diventerà ingestibile.

E’ essenziale tirare, a modo proprio, fuori i denti per evidenziare questa problematica perché riguarda ognuno di noi.

Riguarderà la nostra quotidianità e i nostri momenti di spensieratezza nelle pause estive.

Nostra e di tutte le persone vicino in questo momento e nel nostro futuro.

Elena Zullo

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