La popolazione può sognare davvero il domani?
Capita spesso nel mondo giornalistico di imbattersi nel verbo “perseverare”. L’insistenza su qualcosa, purché sia una questione degna di essere approfondita, è la chiave di questo mestiere, o meglio di una missione che il giornalista è chiamato a portare avanti.
Per chi, dunque, ritiene che l’assassino sia l’unico a tornare sempre sul luogo del “delitto”, sarà costretto a rivedere i piani visto che laddove si continua a delinquere è d’obbligo che sia presente anche chi impugna al posto della pistola una penna ed un taccuino.
Tempo fa la nostra attenzione si focalizzò sulla città di Taranto e le sue contraddizioni; da una parte il lavoro, dall’altra la salute, qui sembrano davvero essere due rette parallele che non si incontreranno mai. Eppure capita, seppur di rado, che qualche voce si alzi per reclamare una soluzione al problema inquinamento. Queste affermazioni si alzano come grida nel deserto e vengono puntualmente messe a tacere. Un riferimento esplicito è l’allontanamento mesi fa dalla carica di sindaco di Rinaldo Melucci, il quale più volte aveva messo l’accento sulla questione dell’ex Ilva. Bonificare l’area circostante e decarbonizzare l’impianto erano punti sui quali l’ex primo cittadino lavorava facendone una questione di principio per regalare un presente e soprattutto un futuro a tanti bambini che ad oggi vedono la vita come un’incognita.
Come spesso accade, però, quando qualcuno si adopera per una giusta causa ecco che viene messo in disparte; da qui le dimissioni di larga parte del consiglio comunale che hanno costretto Melucci a lasciare. Oltre il danno la beffa, si dirà, pensando che nello scorso gennaio è stato deciso dal Governo di Roma di immettere una cospicua cifra nell’attività dell’acciaieria anziché destinare, come inizialmente era previsto, quel denaro alla riconversione ecologica della città dei due mari. Chiaro è che per un tarantino tutto ciò rappresenta una presa in giro bella e buona; ci si riempie la bocca della parola “salute” e poi, come quasi sempre accade, le si riserva un posto nelle retrovie.
Procedendo secondo l’ordine cronologico dei fatti (urge una ricostruzione precisa e veritiera affinché ogni lettore possa costruirsi un pensiero proprio) arriviamo al recente rapporto dell’Oms che ha definito nuovi parametri ambientali circa la qualità dell’aria. Nella specificità di Taranto, l’Organizzazione mondiale della sanità, pur premettendo l’importanza dell’impianto siderurgico in termini lavorativi, traccia un quadro tutt’altro che positivo circa l’impatto che il “mostro” (come lo chiamano i tarantini) ha sulla salute della popolazione. Si denota un “preoccupante quadro sanitario per gli abitanti della città e delle aree limitrofe”, afferma il rapporto sopra menzionato.
In poche parole, è una conferma che la situazione attuale di Taranto non è poi diversa rispetto a qualche anno fa (come a volte qualche studio più o meno “pilotato” vuole far credere). La città è stanca di vedersi morire a poco a poco e reclama il diritto sacrosanto alla vita.
La soluzione c’è, è davanti agli occhi di tutti, anche di chi deve agire. Il Governo ha ora un grande strumento a disposizione: i fondi del Pnrr. Questi rappresentano un privilegio da sfruttare al meglio, una medicina da dosare nei modi e nei contesti appropriati. Va tanto di moda adesso la dicitura “riconversione green”; è stato creato un Ministero ad hoc per occuparsi di ambiente. I presupposti per fare di Taranto la città del domani, un modello da cui prendere spunto, ci sono. Lo scatto è riposto nella volontà di agire realmente in tale direzione. Chi ci governa ha l’obbligo morale di non restare a guardare, di non nascondersi dietro il velo dell’ipocrisia e dell’egoismo. Di chiacchiere, anche dal premier Draghi, ne abbiamo sentite abbastanza. Di fatti ne vediamo ancora pochi, diciamo pure zero.
Cosa si vede oggi negli occhi dei tarantini? Una sola cosa: la rassegnazione. Un grido di denuncia proveniente da un modesto ed acerbo giornalista non potrà essere d’aiuto nel concreto. Ma questo umile articolista impotente continua a vivere nel suo stato inguaribile fatto di speranza, la stessa che mi spinge a credere, ad illudermi forse o magari a sognare che un giorno “lavoro” e “salute” anche a Taranto troveranno il porto per attraccare insieme. Nel frattempo, non resta che navigare a vista, pronti a riprendere la penna, unica arma per comporre parole che ci aiutino a fantasticare sul tanto agognato “mondo migliore”.
Felice Marcantonio
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